Respirazione e sfera emotiva
Se respirazione e sfera emotiva sono interconnesse, molte ricerche dimostrano che i pazienti asmatici manifestano una modalità di risposta disfunzionale nei confronti dello stress emozionale.
Infatti il corpo risponde a un aumento delle richieste da parte dell’ambiente (rincorrere un tram, per esempio) con una serie di reazioni mediate dall’adrenalina che hanno tra le conseguenze una dilatazione dei bronchi.
L’asmatico invece è caratterizzato da una risposta esattamente contraria:
una drammatica contrazione spastica della muscolatura che circonda i bronchioli polmonari, in grado di scatenare il vissuto tipico dell’asmatico: la “mancanza d’aria”.

Le modalità di reazione allo stress sono il terreno di elezione per evidenziare i legami esistenti tra mente e corpo e ovviamente sono state formulate molteplici ipotesi “psicologiche” sulle cause di tale risposta paradossale.
La personalità asmatica tende a inibire l’aggressività, invece di esprimerla apertamente.
Una risposta emozionale incontrollata (questo vale per l’asma come per qualunque altra risposta allergica che crei disagio) può peggiorare notevolmente gli effetti dell’attacco.
Se pensiamo che la crisi d’asma consiste in uno spasmo che impedisce al soggetto di liberare l’aria dai polmoni, è chiaro che essa veicola un vissuto spaventoso per chi lo subisce.

Molte volte essa induce un senso di panico nelle persone. Dal punto di vista psicologico è quindi fondamentale sottolineare che reazioni emotive molto intense non fanno che peggiorare la situazione, perché la paura e l’ansia aumentano lo spasmo bronchiale, rinforzando i sintomi in un circolo vizioso.
Da Luigi Oreste Speciani a Rita Levi Montalcini la documentazione di questa correlazione si è fatta sempre più stretta.
Nel 1992 è stato poi scoperto che i globuli bianchi, quando escono dai vasi e vanno a svolgere la loro funzione in mezzo ai tessuti, in realtà si “attaccano” anche alle fibre nervose. E “chiacchierano” con il cervello come il cervello chiacchiera con loro.
L’asma quindi può anche essere espressione di un disagio psichico, da affrontare con cambiamenti nello stile di vita.

Microbiota campo di battaglia per le emozioni
Le classiche malattie infiammatorie intestinali o IBD (Inflammatory Bowel Diseases)
– morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa
– sono un altro classico campo di battaglia per le nostre emozioni più profonde.
Si tratta di due patologie autoimmuni che affliggono aree diverse dell’intestino, provocando ulcerazioni più o meno profonde che rendono pessima la qualità della vita.
Il paziente con IBD accusa infatti frequentissimi crampi, appena attenuati da violente scariche diarroiche con presenza di sangue, che – oltre al fastidio del dolore – rendono pressoché impossibile, nei casi più gravi, una normale vita sociale e lavorativa.

La sequenza dei farmaci utilizzati nei centri ospedalieri specializzati incomincia con la mesalazina (un principio attivo aspirino – simile che dovrebbe disinfiammare l’intestino) che può essere somministrata sia per via orale sia per via rettale.
Dopo qualche tempo, in seguito all’inevitabile peggioramento dei sintomi dopo un primo sollievo (poiché in realtà non si è fatto nulla per curare la patologia, ma solo per attenuarne i sintomi), si passa al cortisone.
Al crescere dei dosaggi di cortisone aumentano naturalmente anche i relativi effetti collaterali: abbattimento immunitario, deperimento muscolare.
L’unico che non si verifica è l’ingrassamento: la continua perdita di sangue e di sostanze nutritive impedisce l’accumulo e il paziente si presenta comunque pallido, deperito, debole.

Quando il cortisone non è più efficace si prescrivono i più potenti inibitori del sistema immunitario (azatioprina, ciclosporina) con effetti collaterali sempre più drammatici e con l’unico obiettivo di azzerare le risposte immunitarie dell’organismo.
Quando poi gli effetti collaterali non sono più tollerabili si gioca l’ultima carta con i nuovi e costosi farmaci biologici (tipo infliximab) che dovrebbero rappresentare il cosiddetto “proiettile intelligente”.
Talmente intelligente che, nei casi che abbiamo potuto seguire, gli effetti indesiderati (nausea, vomito) erano così forti da obbligare a un’immediata interruzione della somministrazione.
A quel punto gli specialisti propongono l’asportazione chirurgica del colon. Una trafila che potrebbe essere quantomeno rallentata tenendo conto dei fattori di peggioramento connessi con l’alimentazione.

Bibliografia: Medicina di Segnale
Nardone G, Speciani L. Mangia muoviti ama. Milano: Ponte alle Grazie, 2015. Seligman MEP. Imparare l’ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero. Firenze: Giunti, 2013; ed. orig.: Learned Optimism. How to change your mind and your life. New York: Knopf, 1991.

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