Tiroide e sovradiagnosi

Più di 160.000 italiani ne hanno subito le conseguenze.

Pochi anni fa era un tumore raro

L’ITCO (Italian Thyroid Cancer Observatory) ha rilevato dal 2010 al 2016 un incremento del 38% dell’incidenza di cancro alla tiroide. Più di 160.000 italiani ne hanno subito le conseguenze, mentre ogni anno vi sono 3200 nuovi casi. Pochi anni fa era un tumore raro.

Oggi è il quinto in assoluto per numero di persone colpite. La mortalità però rimane sempre bassa (500 persone, tra le 3200). Come spiegare questa impennata? Tra il 2004 e il 2013 negli Stati Uniti vi è stato un incremento medio annuo del 3,6% dei casi di cancro tiroideo.

Tuttavia la mortalità – associata in particolare al più pericoloso cancro papillare della tiroide – non è cresciuta altrettanto: solo dell’1,1%.

Un fenomeno del genere si spiega con il miglioramento dei sistemi diagnostici, che porta da un lato a non farne sfuggire neppure uno, ma dall’altro a generare un gran numero di falsi positivi (1).

Nel 2016 uno studio di Vaccarella e colleghi ha documentato come in Italia, Francia e Stati Uniti il 50% delle asportazioni di tiroide per causa tumorale non avrebbe avuto necessità di trattamento perché a crescita lentissima o perché il tumore non sarebbe mai cresciuto fino ad arrecare danno (2.)

Un eccesso di zelo che ha comportato interventi chirurgici non necessari, trattamenti farmacologici, disagi, traumi. E tanto fatturato. Un classico esempio di sovradiagnosi.

1 Lim H, Devesa SS, Sosa JA, Check D, Kitahara CM. Trends in thyroid cancer incidence and mortality in the United States, 1974-2013. JAMA. 2017;317(13):1338-48. 2 Vaccarella S, Franceschi S, Bray F, Wild CP, Plummer M, Dal Maso L. Worldwide thyroid- cancer epidemic? The increasing impact of overdiagnosis. N Engl J Med. 2016;375(7):614-7.

Gilbert Welch, in un suo libro che ogni nuovo medico prima della laurea dovrebbe leggere, spiega molto bene il significato del termine (3). 

Con sovradiagnosi intendiamo una modalità perversa che tende a favorire la scoperta di nuovi casi di malattia grazie a strumenti e dispositivi più efficaci, includendo nella diagnosi di tumore numerosi individui non malati o con forme benigne o molto leggere della patologia.

Il meccanismo perverso funziona più o meno così: una persona si sente un po’ stanca (magari perché è primavera o perché lavora un po’ troppo) e il medico di medicina generale prescrive “qualche esame”, comprendendo tra questi anche gli ormoni tiroidei.

3 Welch GH, Schwartz ML, Woloshin S. Sovradiagnosi. Come gli sforzi per migliorare la salute possono renderci malati. Roma: Il Pensiero Scientifico, 2013.

Guarda caso (poiché il range di normalità dell’ormone tireostimolante, o TSH, è ristretto) viene rilevato un TSH un po’ alto (per esempio 5,8) con valori di fT3 e fT4 perfetti (ciò significa che la quantità di ormoni che la tiroide produce è nella norma). 

A quel punto il medico o invia il paziente dall’endocrinologo o prescrive un’ecografia tiroidea. L’ecografia della tiroide in un cinquantenne o giù di lì è sempre un po’ inquietante. Presenta diciture vaghe, del tipo “Ipoecogenicità diffusa, compatibile con tiroidite”. 

Il medico, così, per non saper né leggere né scrivere (medicina difensiva), prescrive una biopsia. La biopsia naturalmente è ancora vaga, ma ormai qualche cellulina sospetta non si nega a nessuno. Sicché il referto reciterà: “Alcune cellule con nucleo ingrossato, potenzialmente indicatrici di…” e a quel punto verrà chiamato il chirurgo per un’asportazione urgente.

Di una tiroide sana. Poi ci si chiede perché il numero di tiroidectomie si sia impennato negli ultimi anni. Ecco una ragionevole spiegazione.

Consideriamo poi che: gli ospedali sono felici di poter effettuare più interventi, relativamente facili, per i quali ottengono un rimborso; l’industria farmaceutica è felice di creare nuovi malati, che dovranno poi essere trattati tutta la vita con levotiroxina; gli oncologi vedranno raddoppiare il lavoro, ma poiché i sovradiagnosticati per la maggior parte non avevano un vero tumore, la mortalità resta uguale a prima in valore assoluto pur dimezzandosi in percentuale, il che dà lustro alla professione (“Abbiamo dimezzato la mortalità per cancro alla tiroide”).

L’unico scontento, dunque, è il paziente, che si trova privato di un organo importantissimo per il proprio equilibrio energetico senza la certezza di aver mai avuto effettivo bisogno di questo intervento.

Come mi ha confidato una paziente veneta qualche anno fa: “Dottore, stavo allattando e la tiroide non sapevo nemmeno cosa fosse. Mi sentivo stanca e… (risparmio la trafila) ora mi trovo con la data dell’operazione fissata!”.

Per la cronaca, quella tiroide è stata lasciata al suo posto, grazie al nostro intervento, e oggi la paziente sta benissimo e non assume neppure più levotiroxina. Il tumore della tiroide tuttavia esiste, sebbene nella maggior parte dei casi abbia evoluzione lenta.

Occorre capire ancora una volta quali possano essere le cause, che poi – guarda caso essendo tutti interferenti endocrini – spesso determinano un semplice malfunzionamento dell’organo. Il medico di segnale deve porsi come sempre alla ricerca dei possibili maggiori interferenti endocrini, rimuovendoli ove possibile, per restituire la salute al paziente.

Bibliografia: Medicina di Segnale

Patrizia Andrioli
Patrizia Andrioli
Lecce
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Francesco, che dire, sei un'Anima, meravigliosa, Ti conosco da mesi e subito ho compreso il tuo spessore umano oltre che professionale. Sei stato così gentile ad ascoltarmi, l'altro giorno, a cercare di capire la mia sofferenza... Grazie per tutto quello che fai per noi con tanto amore e tanta passione. Ogni tuo prezioso consiglio ci migliora la vita. Grazie con tutto il cuore 💚💕

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