La sindrome dei tubuli collettori
Occorre ribadire e verificare ancora una volta la gravità conseguente alla possibile concomitanza del conflitto del profugo nelle fasi di riparazione degli ultimi due foglietti embrionali: il mesoderma e l’ectoderma.
Negli ultimi corsi ai quali ho potuto partecipare, Hamer non faceva che rimarcare l’importanza, da parte del terapeuta, di aiutare la persona a uscire dall’eventuale stato di profugo. Tutti i sintomi delle riparazioni si attenuano e soprattutto si riducono eventuali dolori.
Ad un medico che chiese ad Hamer come fare in caso di dolori molto forti, lui rispose: “Non si hanno dolori molto forti se non in presenza del conflitto del profugo e allora chiedetevi perché il paziente si trova in quello stato e provvedete di conseguenza”.

Con finalità biologiche diverse, ma con la stessa tipologia di riparazione che prevede una fase di ricrescita e di ricostruzione del tessuto, tutte le fasi vagotoniche relative a questi ultimi due tessuti possono rendere molto più difficile un intervento di sostegno, se la persona attiva i tubuli collettori perché si ritrova nello stato di smarrimento del profugo.
Questo conflitto determina immediatamente un aumento di funzione e cioè un assorbimento repentino dei liquidi, con il risultato di un gonfiore accentuato sulla parte in riparazione oltre che in generale in tutto il corpo.
Queste considerazioni sull’importanza del fenomeno della ritenzione idrica possono essere verificate dagli stessi medici, e soprattutto quelli che lavorano quotidianamente negli ospedali, che ora possono comprendere tutte quelle situazioni in cui si ritrovano pazienti che, una volta ospedalizzati, iniziano a gonfiarsi di liquidi.

Vediamo un esempio di come la sindrome dei tubuli collettori abbia determinato in Medicina un’impropria nuova malattia: la gotta.
Non disponendo di altri rilievi, se non quelli clinici, la Medicina ha sempre considerato la gotta come una malattia causata dall’innalzamento dell‘acido urico nel sangue, in concomitanza con fenomeni di artropatie (artriti, artrosi, decalcificazioni in genere) e di nefropatie (insufficienza renale).
Messe insieme le due cose è nata la gotta. Lo stesso arrampicamento sugli specchi l’abbiamo visto per l’artrite psoriasica. Nulla si sa e si dice sul perché a volte si verifichi solo un aumento di acido urico o solo le artropatie, e a volte tutti e due insieme.

Dalle statistiche risulta che nel mondo occidentale il 10% delle persone soffrono di iperuricemia, ma meno dello 0,5 per cento sviluppa la gotta.
La diagnosi, così riduzionistica, porta a una altrettanta terapia limitata ai sintomi: si trova più acido urico che è il prodotto finale del metabolismo delle purine, bisogna alimentarsi con cibi poveri di purine?
Un tempo questa associazione “effetto cicogna” aveva portato alla credenza che fosse la malattia dei ricchi, perché mangiavano più carne. Infine, non trovando cause specifiche per giustificare la concomitanza dei due sintomi, si conclude ricorrendo ai soliti fattori predisponenti: la causa genetica (questa c’è sempre), l’obesità (ma non si capisce perché la gotta capita anche ai magri), stress psicofisico (zuppa).

Torniamo alle Leggi Biologiche e vediamo di portare un po’ di chiarezza. Due sintomi per due conflitti diversi. Entrambi indipendenti uno dall’altro e a volte concomitanti. Nessuna malattia configurabile come gotta, ma semplicemente insieme:
a) una fase vagotonica di un programma del mesoderma b) la riparazione di un’articolazione; c) una fase simpaticotonica dell’endoderma = conflitto attivo del profugo. La concomitanza del profugo è causa inevitabile di maggior dolore della fase di riparazione di un osso o di un’articolazione.
Anche l’aumento di acido urico ha un suo senso biologico preciso e funzionale e sempre presente in caso di ritenzione idrica causata dal conflitto del profugo.

L’aumento proteico è solo funzionale alla necessità di trattenere sostanze energetiche, quali riserve, insieme all’acqua, per nutrire l’organismo di un individuo che si trova improvvisamente incapace di ritrovare il suo equilibrio di vita.
Nel frattempo il programma di risoluzione delle articolazioni fa il suo decorso e di solito, nel giro di poco tempo, massimo qualche settimana, va a termine.
Così si comprendono anche le perplessità enunciate nei testi di Medicina che si stanno ancora chiedendo come sia possibile che “caratteristicamente, dopo giorni o settimane, l’artrite recede anche in assenza di trattamento”.

Sarebbe solo sufficiente capire una volta per tutte che è una fase di soluzione sensata della Natura.
Alla stessa maniera troviamo la risposta al perché il 20 per cento dei pazienti affetti da gotta cronica muore per insufficienza renale: sono coloro che non riescono a risolvere il conflitto del profugo.
La Natura non ha alternative alla morte, come soluzione biologica, quando un individuo per troppo tempo non riesce a uscire dalla situazione di smarrimento e di completa perdita di ogni punto di riferimento.

Bibliografia: Grazie dottor Hamer (Claudio Trupiano)
