È davvero possibile poter capire che cosa il nostro corpo e la nostra mente producono dopo un trauma emotivo?
È possibile quindi riuscire a capire cosa succede all’interno del cervello ogni volta che un’emozione o un conflitto colpiscono la mente di una persona?
La risposta è assolutamente affermativa.
Anni di ricerche e molteplici scritti sono riusciti nel tempo a sommare evidenze scientifiche e osservazione clinica per riuscire a unire finalmente tutte le terapie neurologiche, emozionali e psicologiche che fino ad ora erano una nebulosa confusa.
La neurologia psicosomatica
non si pone l’obiettivo di contrastare tutte le terapie impiegate fino ad oggi, ma di dare una chiave di lettura a sintomi e comorbidità affinché si riesca davvero a scovare in cassetti nascosti dell’inconscio piccoli o grandi conflittualità, che hanno causato loop emotivi e convinzioni limitanti le quali nel tempo sono riuscite a creare una sintomatologia senza diagnosi esatta.
È possibile individuare all’interno del vissuto di una persona dei trigger, rimossi dalla memoria, ma rimasti impressi nei tessuti biologici; infatti, dopo molte ricerche si è riuscito a riconoscere che cellule neuronali sono presenti non solo nel cervello, ma anche in qualsiasi parte del corpo.
Infatti, il nervo vago e il sistema trigeminale
sono fondamentali per riuscire ad effettuare un cambiamento ed un reset neurologico efficace che sia d’aiuto ad una persona.
La nostra mente è la più grande arma di difesa, è ciò che di più potente ci sia stato donato infatti, trova sempre un modo per celare i traumi emotivi e trasformarli in sintomi somatici, viscerali e neurologici che diventano ben più socialmente giustificabili e conseguentemente sopportabili.
La nostra prima riflessione è la seguente:
se è plausibile l’esistenza di queste placche spinali, che registrano segnali a carattere traumatico, questo porta a pensare che esistano mappe neurali della nostra memoria autobiografica oltre i limiti dei confini cranici.
In altre parole possiamo immaginare
che perlomeno anche le strutture nervose spino-midollari possano in qualche misura codificare la registrazione di eventi a connotazione traumatica. Non dimentichiamo inoltre che le strutture spinomidollari (il midollo spinale, per intenderci) rappresentano, sul piano filogenetico, le architetture neurali più arcaiche in senso assoluto, compatibili in questo senso con una forma di “Memoria” meno sofisticata, ma più stabile, perché stratificata in milioni di anni di evoluzione biologica.
Il linguaggio
con cui si esprime questa particolare forma di memoria, è ovviamente un linguaggio “non-verbale”, esplicitato attraverso i meccanismi dei riflessi e della sensibilità. Possiamo quindi definire le strutture spinomidollari come la sede elettiva della “memoria archicorticale”, in contrapposizione con la “memoria paleocorticale” del sistema limbico e con quella “neocorticale” della corteccia cerebrale.
Secondo Stettbacher
l’appagamento dei bisogni del bambino da parte dei genitori è la chiave di volta della salute psichica: ogni qualvolta questo appagamento viene negato o ritardato, il piccolo subisce un trauma e mette in atto delle reazioni di difesa al dolore. Sono proprio questi traumi, di cui abbiamo generalmente cancellato il ricordo, le radici del disagio psichico, delle nevrosi e delle sofferenze che accompagnano la nostra vita da adulti.
Tecnica usate non invasive nel rilascio somato emozionale: Doc. Davide Mascanzoni, Doc. Jhon E. Upledger, Scienziato Neurologo Giuseppe Calligaris, Met. J. Konrad Stettbacher