Gestire la fame

L'accumulo di grasso viscerale aumenta il rischio di disturbi metabolici: diabete tipo 2, ipertensione, iperlipidemia e aterosclerosi, nonché mortalità prematura

La salute è conoscenza di Sé

La relazione alimenti-intestino-ormoni determina l’equilibrio dell’organismo in base alle condizioni psicofisiche del momento.

 Far prevalere il metabolismo del glucosio introducendo pasta, pane, patate, pizza e legumi, riduce gli antiossidanti naturali che il corpo produce spontaneamente; quindi, certi alimenti andrebbero evitati se vogliamo un sistema immunitario più efficiente, così, ad esempio, da guarire in fretta una ferita o uno stato influenzale.

Lo stesso vale per recuperare energia, sentirsi meno affamati, oppure per migliorare il benessere generale nonostante una condizione patologica cronica.

Alimenti da preferire in caso di infiammazione cronica

Verdure non amidacee aglio, cipolle ed erba cipollina brodo di ossa carne, pollame, selvaggina che abbiano pascolato pesce selvaggio non affumicato
Avocado basilico, origano timo, Rosmarino olio e burro di cocco Latte di cocco olio d’oliva extravergine e olive verdure fermentate
Tè verde aceto di sidro di mele zenzero curcuma limone, lime e bacche

La piramide alimentare low-carb propone un nuovo stile alimentare in cui prevalgono grassi e verdure, mentre il consumo di cereali, patate e legumi, che si trovano alla sommità, è sporadico.

In presenza di una patologia, una dieta chetogenica deve essere progettata da medici competenti in questo campo. Se invece l’obbiettivo che si persegue è quello di migliorare il proprio benessere, allora può essere utile uno stile low-carb come quello proposto.

Alla base troviamo verdure e grassi sani come: oli MCT (1-2 cucchiai ogni pasto), burro, ghee, avocado, olio extravergine di oliva, semi oleosi, olio di cocco, burro di cocco. Al secondo strato troviamo le proteine, quindi uova, pollo, manzo, vitello, proteine del siero del latte, semi (canapa, girasole, zucca).

Gestire la fame

Un apporto proteico ottimale è stato stimato in media tra 1,2 e 1,8 g/Kg per adulti giovani[692], dai 65 anni in su per donne[693] e uomini[694]; per sportivi tra 1,4 e 2,4 g/Kg a seconda del tipo di sport e della necessità di aumentare o mantenere la massa muscolare[695],[696].

Uno studio condotto da ricercatori della Harvard Medical School, pubblicato nel Journal of Nutrition[697], ha rilevato che, quando si mangiano determinate quantità di carboidrati, i centri di ricompensa del cervello ricevono una consistente stimolazione.

I risultati ottenuti in questo studio chiariscono un aspetto importante, quello del comportamento, in relazione al picco glicemico e insulinemico, ovvero, perché i carboidrati possono indurci a mangiare troppo.

I ricercatori Laura Holsen, David Ludwig e colleghi hanno arruolato 72 volontari in sovrappeso assegnandoli a caso a una delle seguenti tre diete di mantenimento del peso (stesse calorie totali), per 20 settimane:

60% di carboidrati, 20% di grassi e 20% di proteine

40% di carboidrati, 40% di grassi e 20% di proteine

20% di carboidrati, 60% di grassi e 20% di proteine

I volontari sono stati sottoposti a scansioni di risonanza magnetica del cervello per misurare il flusso sanguigno a digiuno e quattro ore dopo la colazione.

I soggetti, la cui dieta prevedeva il 60% di carboidrati, avevano un flusso ematico più elevato del 43% nell’area del nucleus accumbens del cervello, rispetto a coloro con un introito calorico proveniente solo per il 20% da carboidrati.

Il nucleus accumbens è un’area cerebrale che registra la ricompensa. Rilascia dopamina[698], un neurotrasmettitore che consente di associare il piacere a sostanze o attività.

Anche il flusso di sangue dell’ipotalamo a digiuno era del 41% più intenso nel gruppo che assumeva più carboidrati. I ricercatori ritengono che l’ipotalamo svolga un ruolo chiave nella regolazione dell’energia e nell’assunzione di calorie.

Gli autori hanno rilevato un’associazione tra i livelli di insulina all’inizio dello studio e i successivi risultati della risonanza magnetica.

Se da un alto, le voglie soggettive e la fame non differivano tra i gruppi, coloro che invece presentavano livelli di insulina più elevati, perché seguivano una dieta ad alto contenuto di carboidrati, avevano bisogno di un volume maggiore di cibo per sentirsi sazi e soddisfatti.

Anche se non è conclusivo, lo studio suggerisce che le diete a più alto contenuto di carboidrati possono stimolare il centro del piacere del cervello (ipotalamo e alcuni centri troncoencefalici) e promuovere un maggiore consumo di calorie rispetto alle diete a basso contenuto glucidico.

È interessante notare che non c’era alcuna differenza di flusso sanguigno cerebrale tra i gruppi con apporti glucidici al 20% e al 40%. L’unica differenza significativa era tra il gruppo con il 20% di carboidrati e quello con il 60%.

Gli autori hanno rilevato un’associazione tra i livelli di insulina all’inizio dello studio e i successivi risultati della risonanza magnetica.

Se da un alto, le voglie soggettive e la fame non differivano tra i gruppi, coloro che invece presentavano livelli di insulina più elevati, perché seguivano una dieta ad alto contenuto di carboidrati, avevano bisogno di un volume maggiore di cibo per sentirsi sazi e soddisfatti.

Anche se non è conclusivo, lo studio suggerisce che le diete a più alto contenuto di carboidrati possono stimolare il centro del piacere del cervello (ipotalamo e alcuni entri troncoencefalici) e promuovere un maggiore consumo di calorie rispetto alle diete a basso contenuto glucidico.

La stimolazione della ricompensa sembra essere acuta dopo il pasto, ma anche cronica, poiché i medesimi risultati persistevano nella risonanza magnetica eseguita a digiuno.

Ormoni e fame

E’ noto che l’effetto benefico delle diete svanisce in breve tempo senza eccezioni, e tutti i vantaggi ottenuti andranno persi. Un confronto tra diete low-carb sottolinea come la perdita di peso più importante avvenga durante i primi mesi, ma non dopo un anno[699]

Non si tratta solo di mancanza di volontà, ma del funzionamento degli ormoni. Per chi ha sperimentato l’effetto yo-yo sulla bilancia, questo è il momento di scrollarsi di dosso i sensi di colpa. Vedremo come l’appetito è influenzato dalla disregolazione ormonale indotta dal tessuto adiposo bianco.

In passato, si credeva che la causa dell’obesità originasse dalla tendenza a mangiare molte calorie e dal metabolismo rallentato. In realtà, studiando l’attività delle cellule adipose, si è compreso che è proprio l’obesità a generare iperalimentazione e a regolare il dispendio energetico metabolico, non il contrario.

Chi comanda è il grasso!

Il grasso viscerale è immagazzinato sotto la cavità peritoneale ed è più attivo nella secrezione di citochine pro-infiammatorie. Pertanto, lo stoccaggio di lipidi a livello dei visceri è più dannoso dal punto di vista metabolico rispetto al grasso sottocutaneo.

Una pancia sporgente e un girovita ampio sono indicatori di accumulo di grasso viscerale. Negli individui obesi è più evidente, ma chiunque può avere grasso viscerale, anche coloro che sono considerati magri.

Nel complesso, l’accumulo di grasso viscerale aumenta il rischio di disturbi metabolici: diabete tipo 2, ipertensione, iperlipidemia e aterosclerosi, nonché mortalità prematura.

Inoltre, il grasso viscerale aumenta i livelli di cortisolo, che aiuta a ridurre l’infiammazione al pari del cortisone sintetico dei farmaci immunosoppressori.

Non a caso le cellule del tessuto adiposo viscerale hanno molti recettori per i glucocorticoidi, una classe di ormoni steroidei (derivati dal colesterolo) di cui fa parte anche il cortisolo. Iglucocorticoidi, in modo analogo a quelli sintetici, utilizzati per trattare l’infiammazione, promuovono non solo il grasso viscerale ma anche l’osteoporosi[700].

Come in un circolo vizioso, quest’ormone aumenta il grasso viscerale[701]. Possiamo quindi affermare che lo stress cronico fa crescere la pancia quanto un’alimentazione ricca di carboidrati[702]! Come se ciò non bastasse, le cellule del tessuto adiposo viscerale perturbano i segnali che il corpo utilizza per regolare l’appetito e l’equilibrio energetico, rendendo la perdita di peso molto difficile.

Differenze tra grasso sottocutaneo e viscerale

Grasso Sottocutaneo

Ridotto numero di cellule
poco vascolarizzato e innervato

Poche cellule immunitarie

Adipociti piccoli ricchi di
mitocondri

Pochi recettori androgeni e per i glucorticoidi

Sensibili alla lipolisi (che scinde i trigliceridi e libera acidi grassi)

Tende ad assorbire gli acidi grassi liberi e i trigliceridi

Grasso Viscerale

Elevato numero di cellule, ben vascolarizzato e innervato

Molte cellule immunitarie

Adipociti grandi con uno scarso numero di mitocondri

Numerosi recettori androgeni e per i glucocorticoidi (ad es. il cortisolo)

Insensibili alla lipolisi

Genera molti acidi grassi liberi e assorbe più glucosio

Tratto da: DiNicolantonio JJ, Mehta V, Onkaramurthy N, O’Keefe JH. 2018 PMID: 29225114 – PDF
https://bit.ly/3xpDdSb

Patrizia Zanoletti
Patrizia Zanoletti
Riflessologa facciale vietnamita – massaggiatrice – onicotecnica – aromaterapia – fiori di Bach
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Poter spiegare con le parole ciò che fai…rende limitato quello che sei! Ti ho conosciuto su YuoTube,e mi sei subito entrato nel cuore per la tua trasparenza è gioia di rendere le persone come dici tu:”capitàni della propria vita”… allora ti ho contattato ma tu mi hai fatto contattare la mia anima che non sentivo… ora che ho iniziato questo percorso insieme mi sento come se fossi il mio personal trainer … mi alleni per essere io vincitrice della mia vita … per non delegare più nessuno … Grazie Grande Anima Francesco Ciani Naturopata della Natura umana, così mi piace pensarti. Sei speciale ❤️🙏❤️

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