Profondità del rapporto professionale
Oggi, purtroppo, il medico di famiglia, che dovrebbe essere il punto di riferimento costante per la salute del paziente, si ritrova ad avere troppi assistiti e poco tempo a disposizione, per cui i minuti da dedicare a ognuno di loro si riducono drasticamente a scapito della profondità del rapporto professionale tra le parti.
È vero, altresì, che vi sono medici che pensano di aver trovato il rimedio per ridurre la durata delle visite dispensando farmaci per ogni sintomo, anziché cercare di agire sulla causa e, soprattutto, sulla prevenzione.
Lo stesso paziente, ora, si trova spaesato quando non gli viene consegnata la lista dei farmaci da acquistare e viene invece istruito per più di un’ora sul comportamento alimentare e sulle modifiche dello stile di vita per riuscire a ridurre i sintomi insorti.

Alcuni pazienti riferiscono di aver ricevuto le informazioni circa la diagnosi della malattia oncologica in modo freddo e distaccato e di aver sofferto molto questa mancanza di sensibilità da parte del medico.
Sebbene si possa pensare che un tale comportamento sia una sorta di sistema di difesa del professionista dalle situazioni negative comunicate nel corso della giornata, occorre cercare di evitare che accada perché il momento della diagnosi rappresenta un ricordo indimenticabile per il malato.
L’ambiente deve essere confortevole e il paziente deve sentirsi rispettato nel momento del discorso. Bisogna trattare i pazienti come vorremmo essere trattati noi, cioè con rispetto, sincerità, lealtà ed empatia.

Se il momento della diagnosi risulta importante, non è certo da meno ciò che accade successivamente.
I possibili trattamenti devono essere prospettati in modo oggettivo, senza lasciare nulla al caso.
Il paziente generico vuole sapere qual è il problema, quali sono le possibili terapie e quanto esse possono influenzare positivamente l’andamento della malattia.
Egli deve comprendere di avere, tra le possibili terapie, quella di modificare lo stile di vita accettando le conseguenze della propria scelta, specie nel caso in cui non vi siano trattamenti significativamente efficaci per la patologia.

Nel prospettare le varie terapie disponibili, inoltre, il medico deve specificare anche gli effetti collaterali associati, perché ciò potrebbe far variare la decisione da parte del malato.
Cosa pensereste se vi dicessero che la terapia antitumorale per una patologia con una mortalità del 30% a 5 anni potrebbe a sua volta generare neoplasie nell’arco di 5 anni?
Tanti tumori hanno visto migliorare la sopravvivenza grazie alla chirurgia, alla chemioterapia e alla radioterapia. Bisogna però sapere che le soluzioni prospettate hanno delle conseguenze.
Una volta informato correttamente, il paziente potrà decidere il proprio percorso terapeutico con cognizione e piena autonomia, di concerto con il medico curante.

Istruzioni consapevoli alimentari
Molti pensano che la dieta corretta in ambito oncologico debba essere povera, cioè ipocalorica restrittiva, quasi tendente al digiuno, in modo da far affamare le cellule tumorali.
Il problema è che, mangiando in questo modo, affamiamo l’intero organismo che, spinto dai meccanismi ancestrali di sopravvivenza, entra in modalità “risparmio energetico”; ciò vuol dire che vengono garantite solo le attività considerate strettamente necessarie.
La fertilità viene colpita perché sarebbe rischioso procreare in carestia, è un meccanismo di sopravvivenza, così come la funzionalità della tiroide si riduce al fine di consumare meno energia sotto forma di calore.

Il sistema immunitario altera negativamente le proprie capacità. La muscolatura non viene stimolata alla crescita, così come l’osso.
Per stimolare in modo fisiologico i vari meccanismi ormonali servono una colazione ricca, un pranzo discreto e una cena ridotta (si sente spesso dire, infatti, “Colazione da re, pranzo da principi e cena da poveri”). La qualità degli alimenti è vitale quanto il timing dei pasti.
La parola caloria è ormai obsoleta, non siamo pentole a pressione e ciò che mangiamo può avere destini diversi a seconda del nostro metabolismo e del microbiota intestinale. Lo stimolo della fame è un segnale dell’organismo al fine di poter accumulare energie sotto forma di alimenti.

Quando consumiamo alimenti naturali, la leptina consente l’inibizione fisiologica facendoci sentire sazi per lungo tempo. Mangiando cereali raffinati o zuccheri i segnali fisiologici vengono offuscati dall’eccesso di glucosio nel sangue e dalla conseguente iperinsulinemia, comportando la ricerca di cibo a breve termine dal pasto.
I cereali integrali, i legumi, le patate costituiscono ottime fonti di carboidrati. Alimenti ricchi in proteine sono il pesce, la carne, le uova, i semi oleaginosi (noci, mandorle, nocciole ecc.). In generale, carboidrati e proteine devono essere presenti sempre e in associazione a una quota di vegetali almeno pari a un terzo del pasto totale.
La glicemia, così, non raggiungerà valori elevati e le cellule neoplastiche non ne trarranno beneficio.

Molte persone si sentono disorientate perché leggono tantissime teorie sulla nutrizione oncologica e non sanno a chi dare ragione.
C’è chi professa il digiuno, chi il veganesimo, chi il crudismo e così via. La realtà è che nel tempo c’è stato un profondo cambiamento nella nostra alimentazione e ciò è legato all’industrializzazione e ai cambiamenti nello stile di vita.
La fretta, cattiva consigliera, ci spinge ad acquistare i prodotti industriali già cotti, già confezionati e manca poco che, per non perdere tempo, incominciamo a comprarli premasticati. Il nostro cibo non è più naturale ma abbonda in conservanti, additivi, addensanti, coloranti, interferenti endocrini, grassi idrogenati e zucchero.

Da ciò i vari meccanismi che portano alla correlazione degli alimenti con i tumori.
Non è necessario costringersi a seguire diete ipocaloriche restrittive rischiando la cachessia neoplastica con un quadro di ipoalbuminemia che peggiora lo stato clinico.
Un effetto positivo della restrizione calorica, nelle 48 ore precedenti la terapia, è stato osservato recentemente, ma sono necessari ulteriori studi di conferma.

Bibliografia: Medicina di Segnale

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