Disbiosi, focus dentali, alimentazione, “disturbi psichiatrici” e “problemi psicologici” (parte due)
L’articolo Assessment of psychotropic-like properties of a probiotic formulation (Lactobacillus helveticus R0052 and Bifidobacterium longum R0175) in rats and human subjects, ovvero “Verifica delle proprietà simil-psicotrope di una formulazione di probiotici (Lactobacillus helveticus R0052 e Bifidobacterium longum R0175) in ratti e soggetti umani” ,
afferma che dopo la somministrazione di quei due ceppi di probiotici sono stati osservati riduzione dell’ansia ed altri positivi effetti psicologici, oltre alla diminuzione del livello di cortisolo (l’ormone dello stress) nel sangue.
Se a tutte queste informazioni aggiungiamo l’effetto negativo delle tossine dei vermi parassiti (vedi il capitolo relativo nei post pubblicati), che possono a loro volta causare molti problemi mentali e comportamentali (tra i quali rabbia, aggressività, autolesionismo) comprendiamo che,
in un modo o nell’altro, molti disturbi etichettati come “patologie psichiatriche” o “problemi psicologici” sono in realtà la manifestazione di uno squilibrio a livello dell’intestino (disbiosi e/o parassitosi), e che come tale andrebbe trattato.
Un’attenta lettura del libro di Natasha Campbell potrebbe aiutare a comprendere quando le condizioni etichettate come psichiatriche o psicologiche sono il sottoprodotto di una disfunzione intestinale;
laddove la disbiosi si rivelasse la causa profonda di problemi altrimenti classificati come “psichiatrici” e “psicologici” la dieta paleolitica potrebbe portare ad una guarigione con metodi del tutto naturali e consoni alla filosofia di Ippocrate (“fa che il cibo sia la tua medicina”).
E se anche fosse difficile mettere in atto tale dieta molto restrittiva (esclude anche ogni sorta di cereali e di cibi ricchi di carboidrati, anche i cibi amidacei come le patate) forse una dieta GFCF (ovvero senza glutine e senza caseina) potrebbe portare almeno in certi casi ad un sensibile miglioramento.
Laddove si trovassero prove di infezioni di Candida, eliminare quegli alimenti che più di tutti alimentano la proliferazione di tale lievito (come zucchero, latticini e cibi lievitati con lievito di birra) sarebbe sicuramente utile.
Una delle cose che più fa comprendere la reale eziopatogenesi della maggior parte dei casi di cosiddetta “malattia mentale” è il fatto che fin troppo spesso questi pazienti manifestano svariati sintomi fisici correlati alla disbiosi/parassitosi, che si sovrappongono ai loro “disturbi mentali”.
Dei farmaci antipsicotici, utilizzati come “rimedio” per la schizofrenia la dottoressa Campbell afferma:
essi sono sintomatici, il che significa che essi riducono solo i sintomi senza curare la malattia. In media i farmaci anti-psicotici riducono i sintomi solo del 15-25% il che significa che il 75-85% dei sintomi restano irrisolti.
Tali farmaci, così come qualsiasi altro psicofarmaco, hanno pericolosi effetti collaterali, spesso permanenti, come mostra lo psichiatra Peter Breggin nei suoi libri ed in particolare in Brain disabling treatments in Psychiatry:
Drugs, Electroshock, and the Role of the FDA (“Trattamenti psichiatrici che danneggiano il cervello: Psicofarmaci, Elettroshock e il ruolo della FDA”) . Consiglio a tal proposito anche la lettura dell’opuscolo Effetti Collaterali del Telefono Viola contro gli abusi psichiatrici di Milano (Nautilus edizioni).
Peter R. Breggin è un medico psichiatra, ma fa parte del piccolissimo gruppo di psichiatri che critica aspramente – con precise argomentazioni scientifiche – i classici sistemi di “trattamento” psichiatrici (contenzione, psicofarmaci, elettroshock).
Ha già scritto diversi libri sui danni causati da simili “terapie” ed ha anche messo a punto un’alternativa basata sul rapporto umano e l’ascolto che egli chiama “terapia empatica” (con tutti i limiti di chi non affronta di pari passo eventuali problemi intestinali o focus dentali). Nel libro succitato egli scrive che tutti i trattamenti psichiatrici a base di farmaci:
hanno in comune la maniera in cui esplicano la loro azione, ossia il danneggiamento e l’alterazione delle normali funzioni cerebrali. I farmacologi parlano di un indice terapeutico delle medicine, il rapporto fra gli effetti benefici e quelli tossici. In realtà i trattamenti biochimici sul cervello sono tali che l’effetto tossico e quello terapeutico coincidono. Lo stesso dicasi per l’elettroshock e la psicochirurgia.
(…) Da quello che sappiamo dalla neurologia appena una sostanza estranea entra in contatto col cervello, i suoi effetti tossici si manifestano subito anche come effetti psicoattivi. Senza tossicità il farmaco non avrebbe alcun effetto psicoattivo.
(…) esplicano i loro effetti “terapeutici” danneggiando le più alte funzioni umane, inclusa la reattività emozionale, la sensibilità sociale, l’auto-coscienza e la capacità di auto-comprensione, l’autonomia e l’autodeterminazione.
Effetti più drastici possono essere apatia, euforia e una sorta di indifferenza tipica delle persone lobotomizzate. Se un disordine del cervello o della mente affligge già un individuo, gli interventi biopsichiatrici attualmente disponibili peggiorano il disordine.
Nel suo libro Psychiatric Drug Withdrawal A Guide for Prescribers, Therapists, Patients and their Families (“Dismissione degli psicofarmaci, una guida per chi li prescrive, per i terapisti, pe ri pazienti e le loro famiglie”) il dottor Breggin si è focalizzato sulla difficile opera di dismissione degli psicofarmaci, dal momento che, se è pericoloso assumerli, è spesso altrettanto pericoloso smetterli. Scrive egli sul suo sito:
La maggior parte degli psicofarmaci possono causare reazioni durante la loro dismissione, che includono talvolta problemi fisici ed emozionali che possono costituire un pericolo mortale. La sospensione degli psicofarmaci andrebbe fatta attentamente sotto un’esperta supervisione clinica.
In maniera simile la dottoressa Campbell a tal proposito afferma che conviene prima ristabile l’equilibrio della microflora intestinale e poi diminuire molto gradualmente il dosaggio degli psicofarmaci.
È da tener presente che una volta gli psichiatri, quando non avevano ancora a disposizioni i moderni farmaci, annotavano tutti i malesseri fisici che si associavano alle condizioni di “follia” ed il risultato era che venivano riscontrati problemi digestivi, cardio-vascolari, diabete, infezioni polmonari ed uro-genitali, malattie autoimmuni ed altri squilibri del sistema immunitario. Segnalo anche quanto si trova scritto nel libro Textbook of Psychiatry di Henderson e Gillespie (1937):
un’approfondita indagine fisica è assolutamente essenziale in ogni caso – gli schizofrenici sono generalmente soggetti scarsamente nutriti.
Pubblicato sull’European Jornal of clinical nutrition 2006;61:355–61, autori Benton D, Williams C, Brown A.http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17151594.
Pubblicato su British Journal of Nutrition 2011;105:755–64, aumttori Messaoudi M, Lalonde R, Violle N, Javelot H, Desor D, Nejdi A, et al.;http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20974015.
1997, Springer Publishing Company.
Attualmente disponibile solo sul sito web http://psicodissea.altervista.org/…/guida_effetti_collater…/.
http://www.breggin.com/bookordrfrm.html.