Prescrivere un antibiotico quando non serve
“Che tanto male non fa…” Consiglio. In assenza di segni di infezione (febbre, tachicardia, ipotensione, iperventilazione, leucocitosi – leucopenia, aumento della PCR) non andrebbe iniziata una terapia antibiotica.
Sarebbe più opportuno osservare il paziente per 24-48 ore e, eventualmente, eseguire esami colturali (emocolture, urinocoltura) in caso di iperpiressia.
Usare un basso dosaggio di antibiotico
“Che così non fa troppo male…” Questo tipo di errore, associato al prolungamento eccessivo dell’antibioticoterapia, è il principale fattore di rischio per lo sviluppo di batteri multiresistenti.

Infatti una dose bassa di antibiotico è in grado di sterminare i batteri saprofiti intestinali e di selezionare, tra i patogeni, quelli che hanno una sensibilità ridotta all’antibiotico in questione, cioè con una Concentrazione Minima Inibente (MIC) più elevata, e che quindi prenderanno il sopravvento.
Consiglio. L’antibiotico va prescritto al dosaggio corretto prevedendo sempre una dose di carico per i betalattamici. Occorre calcolare la dose giornaliera complessiva in base al peso del soggetto e alla funzionalità renale e/o epatica.
Tale quantità di farmaco andrà poi somministrata:
◗ in unica dose (per gli antibiotici con azione “concentrazionedipendente”); ◗ in dosi frazionate nel tempo (per gli antibiotici con azione “tempodipendente”).

Prolungare la somministrazione dell’antibioticoprofilassi oltre le 24 ore dopo un intervento chirurgico
Sono da considerare i seguenti punti (fonte: Gruppo operativo per il Controllo delle Infezioni correlate all’Assistenza – Profilassi perioperatoria, Azienda Ospedaliera “San Giovanni Addolorata”, Roma, luglio 2016):
◗ la profilassi antibiotica in chirurgia, per come è stata studiata, ha mostrato un’evidenza/efficacia se somministrata in unica dose o al massimo per 24 ore;
◗ la profilassi in chirurgia ha lo scopo di prevenire le infezioni superficiali e profonde del sito chirurgico;

◗ la profilassi in chirurgia non è in grado di prevenire le infezioni postoperatorie e le infezioni “lontane” dal sito chirurgico (per esempio una polmonite o un’infezione delle vie urinarie che insorgono in un paziente operato di colecistectomia);
◗ la profilassi in chirurgia, se prolungata oltre le 24 ore, aumenta il rischio di infezioni da microrganismi multiresistenti. Consiglio. Eseguire la profilassi antibiotica preoperatoria solo se necessaria (non è indicata negli interventi “puliti”) e non proseguire mai la profilassi oltre le 24 ore dall’intervento.
Evitare di dimettere un paziente con una profilassi antibiotica (se un paziente necessita di una terapia, deve avere un’infezione in atto e va specificato nella lettera di dimissione!).

Scegliere un antibiotico a spettro d’azione troppo ridotto oppure, viceversa, a spettro d’azione troppo ampio
Consiglio. Eseguire una stratificazione del rischio di infezione da microrganismi multiresistenti. Vale a dire: se il paziente non presenta fattori di rischio per infezione da microrganismi multiresistenti, allora prescrivere un’antibioticoterapia a spettro d’azione limitato (per esempio penicillina, ampicillina, ampicillina/sulbactam, ceftriaxone).
In caso contrario prescrivere un’antibioticoterapia ad ampio spettro d’azione (per esempio piperacillina, piperacillina/tazobactam, ceftazidime).
Per valutare la presenza di fattori di rischio per infezione da microrganismi multiresistenti occorre chiedere al paziente se:

◗ è stato ricoverato nei precedenti 3-6 mesi; ◗ ha assunto un’antibioticoterapia per più di 5 giorni nei precedenti 3-6 mesi; ◗ risiede in una struttura/casa di cura;
◗ esegue il trattamento dialitico; ◗ ha eseguito medicazioni di ferite al domicilio negli ultimi 3-6 mesi; ◗ è seguito da un’assistenza domiciliare per patologie oncologiche.
Il rischio di presentare infezioni multiresistenti aumenta all’aumentare del numero di fattori di rischio, ma i primi tre sono quelli maggiormente implicati
Antibioticoterapia non efficace nei confronti del microrganismo responsabile

Consiglio. Se non si dispone del risultato degli esami colturali, occorre identificare quale sia la sede/sorgente di infezione più probabile.Identificare la sede/sorgente di infezione permetterà di risalire, con buona probabilità, al batterio (Gram-negativo o Gram-positivo) riducendo così, con la prescrizione dell’antibiotico indicato, la probabilità di errore.
Un esempio: se il paziente con febbre settica che stiamo valutando è in emodialisi trisettimanale, quale sarà la sede di infezione più probabile?
La risposta è: il circolo venoso e la cute in contatto con la fistola venosa attraverso cui il paziente dializza. I microrganismi più probabilmente responsabili saranno pertanto gli Stafilococchi presenti sulla cute.

In tal caso l’antibiotico di scelta dovrà essere altamente attivo verso gli Stafilococchi e in particolare verso quelli meticillino – resistenti, dato che il paziente esegue emodialisi in ospedale tre volte la settimana.
L’antibioticoterapia empirica corretta sarà un glicopeptide (per esempio vancomicina) o la daptomicina.
Se lo stesso paziente, invece, non eseguisse l’emodialisi bensì la dialisi peritoneale al domicilio, il suo rischio maggiore sarebbe quello di infezione da Gram-negativi e in tal caso andrebbe iniziata una terapia con un antibiotico altamente attivo verso gli Enterobatteri e P. aeruginosa come ceftazidime o piperacillina – tazobactam.
In linea molto generale e con le varie eccezioni del caso, per prevedere quale microrganismo sia responsabile di infezione valgono le seguenti regole:

◗ le infezioni sovradiaframmatiche sono causate più frequentemente da Gram-positivi e le sottodiaframmatiche da Gram-negativi;◗ la causa più frequente di polmonite comunitaria è S. pneumoniae;
◗ la causa più frequente di infezione urinaria è E. coli;◗ nella polmonite ab ingestis occorre aggiungere un antibiotico attivo verso gli anaerobi (clindamicina, metronidazolo, piperacillina);
◗ nelle infezioni dell’anziano, soprattutto se presenti molteplici comorbilità, i germi più frequenti sono i Gram-negativi;
◗ le infezioni postchirurgiche sovradiaframmatiche o degli arti sono più frequentemente causate da Stafilococchi; ◗ le infezioni postchirurgiche addominali possono essere causate da Gram-negativi, Stafilococchi, Enterococchi e, talvolta, da Candida spp.

Prescrivere un antibiotico per un microrganismo che molto probabilmente sarà resistente a quella molecola antimicrobica
Consiglio. Occorre tenersi aggiornati sui dati di resistenza dei principali germi che possono determinare infezioni nel proprio territorio di lavoro. È molto importante conoscere le resistenze antimicrobiche a livello mondiale, europeo e nazionale.
Per esempio, in Italia S. pneumoniae è resistente in più del 20% dei casi ai macrolidi (come la claritromicina), pertanto è scorretto prescrivere un macrolide in monoterapia per una polmonite comunitaria.
Prescrivere un antibiotico giusto ma che non arriverà, o non arriverà a dosi corrette, nella sede di infezione

È piuttosto raro e può capitare soprattutto con antibiotici nuovi con i quali non si ha ancora una buona esperienza o con infezioni rare (meningiti, endocarditi, osteomieliti…).
È il caso, per esempio, di un’infezione da S. aureus meticillino-resistente che ha determinato una polmonite bilaterale: se si scegliesse come antibiotico la daptomicina si commetterebbe un errore perché, pur essendo attiva verso S. aureus, la daptomicina non è attiva nel polmone.
Oppure, un secondo esempio, nel caso di un’urosepsi da K. pneumoniae ESBL-positiva l’uso di tigeciclina non sarebbe corretto in quanto non è escreta a livello renale in dosi sufficienti (pur essendo attiva su quel tipo di microrganismo). Consiglio.
Sarebbe sempre opportuno chiedere il parere di un esperto nell’impiego di molecole antibiotiche nuove o, comunque, poco conosciute dal clinico prescrittore. In generale, invece, nelle seguenti sedi di infezione il dosaggio degli antibiotici dovrebbe essere particolarmente elevato per raggiungere concentrazioni battericide e ridurre il rischio di resistenza: osso, sistema nervoso centrale, endocardio.

Bibliografia: Medicina di Segnale
