La salute come scelta
Negli anni ’90 partecipai a degli studi per comprendere meglio il ruolo della serotonina nell’epilessia
ritenuta essere pro-convulsiva nonostante pochi, ma significativi lavori dimostrassero il contrario.
Tali farmaci erano, e sono tutt’ora, sconsigliati per trattare episodi depressivi in pazienti epilettici. In quegli anni il prof. Albano era stato incaricato dell’ambulatorio del nostro centro per l’epilessia, egli, farmacologo clinico oltre che neurologo, aveva una notevole esperienza dei farmaci antidepressivi SSRIs, essendosi occupato per anni di depressione e la sua esperienza lo induceva a credere in una loro azione anti-convulsiva.
Il primo studio clinico confermò questa loro azione protettiva sulle crisi (1), seguirono altri studi (2) di conferma.
Fu messa anche in evidenza una alterazione del legame della serotonina alle piastrine immediatamente dopo le crisi (3), un problema, quindi, nel torrente circolatorio, non nel cervello. Fu proposto anche un meccanismo d’azione (4), ma sempre pesando ad una azione cerebrale.
Anche se, forse per la prima volta, si riferisce che le crisi possano essere dovuta ad una diminuita disponibilità di triptofano cerebrale, e la riduzione della densità dei trasportatori della serotonina sia proposta come una reazione omeostatica del cervello in risposta alle crisi.
Andando contro corrente è facile essere criticati, e così fu per il nostro primo lavoro.
Le stesse case produttrici degli SSRIs non vedevano di buon occhio l’apertura del loro farmaco nel trattamento dell’epilessia, eppure più studiavo, più mi convincevo dell’esattezza dei nostri risultati. Già negli anni ’50 era noto che la dintoina (5) e altri farmaci anticomiziali allora disponibili(6), aumentavano la serotonina cerebrale. Nel 1973 fu riportata l’azione anticonvulsiva della serotonina in un modello sperimentale (7).
Nello stesso hanno fu riportato che una diminuzione di 5-idrossi-triptofano peggiorava le crisi in modello sperimentale di epilessia (8) e nel 1975 fu riportato lo stesso effetto anche nell’uomo (9). Interessanti anche i risultati di iniezioni di triptofano in peritoneo (ip) o in vena (iv) su modelli sperimentali di epilessia. Nel 1975, Truscott riporta che iniezioni di fenilalanina in animali sottoposti a modelli sperimentali, peggiorano le crisi, mentre di triptofano le riducono. (10) Dato confermato da Alexander nel 1976(11).
Ancora nel 1981, Cavalheiro et al riportano che somministrazioni ip di triptofano riducono le correnti parossistiche indotte in animale. (12)
Sempre su animali Jobe PC et al riportano, nel 2004, che l’azione anticonvulsiva della fluoxetina è dovuta alla serotonina,(13, 14) nello stesso periodo del nostro studio clinico.
Dovevo trovare un modo alternativo per aumentare la sintesi cerebrale di serotonina. L’azione anticonvulsiva del triptofano iniettato in peritoneo è evidente, mentre somministrato oralmente perde ogni efficacia.
Anche se alla fine degli anni ’80, circa 14 milioni di persone assumono triptofano, proposto dalla Roche, con indicazioni che si riferiscono alla serotonina, non ci sono chiare evidenze in letteratura di una sua efficacia.
La perdita dell’efficacia, non sorprende, in quanto è dovuta alla sua scarsa biodisponibilità.
L’intestino non lo riconosce come nutriente, quindi non l’assorbe, se non in minima quantità e in competizione con gli altri LNAAs, come avviene alla barriera emato encefalica. Gli ammino acidi liberi nel sangue provengono dalla demolizione enzimatica di peptidi a loro volta derivanti dalla demolizione delle proteine della dieta. (15)
Ridotte a medi peptidi, questi passano liberamente la membrana intestinale, una volta nel sangue continua la loro demolizione ad ammino acidi liberi.
Assunzioni di proteine producono un maggior aumento di ammino acidi plasmatici che assunzioni di rispettivi ammino acidi liberi.
Tra le proteine, le sieroproteine producono il maggior aumento in quanto non precipitano nell’ambiente acido dello stomaco e ridotte a peptidi passano velocemente nel torrente circolatorio.
La precipitazione nello stomaco fa si che parte di esse venga demolita ad ammino acidi liberi, scarsamente assorbiti dall’intestino.
Per aumentare la captazione cerebrale di triptofano occorre aumentare il suo livello
plasmatico senza aumentare quello dei suoi competitori, i LNAAs. Per questo occorre somministrare una proteina, meglio una sieroproteina, ricca di triptofano e povera degli altri LNAAs.
In questo modo, con queste caratteristiche trovai l’alfa-lattoalbumina e me ne innamorai, dato che è la sieroproteina presente in grande quantità nel latte umano, nel colostro rappresenta il 40% delle proteine.
Non è, quindi, la proteina di una pianta, ma è quella che la Natura ha selezionato per noi. Mi aspettavo grandi cose da lei, ma come sempre la realtà ha superato le aspettative. Il primo studio clinico fu condotto nel 2004 2005, in add on su 17 pazienti farmacoresistenti, non molto omogenei per tipo e severità delle crisi epilettiche. I risultati, presentati al VII congresso europeo dell’ILAE, a Helsinki, mostravano il raggiungimento di un maggior controllo delle crisi dopo un mese, un mese e mezzo, di quotidiane somministrazioni.
Ero sempre più convinto dell’azione anticonvulsiva della serotonina cerebrale (16).
Mostrai questi risultati a Emilio Perucca, allora vice-presidente dell’ILAE, il quale, per fortuna conosceva la serietà del gruppo di ricerca a cui afferivo e aveva avuto modo di conoscermi, essendomi occupato per anni di monitoraggio plasmatico dei farmaci anticomiziali.
Non era semplice andare a dire ad uno dei più importanti farmacologi dell’epilessia che pensavo di ottenere il controllo delle crisi con una sieroproteina del latte!
Per fortuna non mi rispose che la clinica psichiatrica era in fondo a destra, ma mi promise che mi avrebbe aiutato a portare avanti questo progetto.
Mi convocò a Roma per una riunione, durante la pausa pranzo del direttivo della LICE, per farmi conoscere Giovanbattista De Sarro, allora preside della facoltà di Medicina dell’Università la Magna Grecia di Catanzaro, farmacologo sperimentale, ultimo allievo di Meldrum, “padre” della farmacologia dell’epilessia.
Egli si mostrò molto interessato e disponibile ad effettuare studi su animali.
Fu allora che capii che quando uno ha un progetto gli conviene parlarne subito con le persone che sono al top in quel settore, solitamente sono bravi ricercatori e i ricercatori, si sa, sono curiosi.
Quindi è molto facile coinvolgerli. De Sarro mi fece aspettare per anni i risultati, nonostante lo sollecitassi a pubblicare qualche dato preliminare.
Poi a capodanno del 2011 mi fece un immenso regalo, mi inviò copia del manoscritto inviato a Epilepsy Res che confermava una azione anticonvulsiva dell’alfalattoalbumina su diversi modelli sperimentali.
Questi dati mostravano la necessità di ripetute somministrazioni orali, almeno per 7 giorni, per esplicare un controllo delle crisi in diversi modelli sperimentali.
Una sola somministrazione, in tutto l’intervallo di dosi esplorate, non dava alcun risultato, mentre dopo 7 giorni l’effetto non era dose dipendente e rimaneva invariato fino a 14 giorni di somministrazioni.
Confermammo nei topi che 7 giorni di ripetute somministrazioni di alfa-lattoalbumina producevano un aumento del rapporto plasmatico Trp/LNAAs. Il risultato più sorprendente di questo studio riguarda il modello sperimentale della pilocarpina.
La pilocarpina ha la peculiare caratteristica di rendere l’animale epilettico a vita.
Oltre alle crisi immediatamente dopo la sua somministrazione (acute), come molte molecole sono in grado di fare, con la pilocarpina l’animale continua a presentare crisi mensili (croniche). Questo modello è quello prescelto per studiare la farmaco resistenza e non ci sono molecole o farmaci in grado di controllare entrambi questi tipi di crisi.
O, meglio, non c’erano, in quanto l’alfa-lattoalbumina si dimostrò capace di inibire sia le crisi croniche che acute. Per questo risultato è entrata nei programmi di screening nuovi farmaci dell’NIH (USA). L’articolo fu visibile in Epub proprio durante il congresso nazionale della LICE a Catania nell’ Aprile 2011, cosa che appresi proprio da Perucca in quanto lo comunicò al congresso.
Il giorno dopo incontrai al congresso De Sarro, che, appena mi vide, mi trascinò fuori dal congresso per comunicarmi un importante risultato che aveva ottenuto, continuando a lavorare su questo progetto:
dopo 3 settimane di trattamento cronico gli animali audiogenici (hanno crisi per stimolazione sonora), gli animali audiogenici rimanevano protetti da crisi per almeno un mese dal termine delle somministrazioni.
Questo dimostra che l’alfa-lattoalbumina non “spegne” le crisi, come fanno i farmaci, ma aumenta la soglia convulsiva.
Quindi agisce sui veri meccanismi dell’epilettogenesi. Mai visto De Sarro così entusiasta. Poi mi disse che avevo ragione, che agiva a livello intestinale. Mi promise anche di aiutarmi a dimostrarlo. Speriamo di riuscirci, anche questo libro è un piccolo passo in quella direzione, in quanto gli studi costano caro.
Chiaramente l’entusiasmo era a mille. Nel frattempo arriva a Genova, al Gaslini, Pasquale Striano un giovane epilettologo.
Suo padre Salvatore Striano, epilettologo a Napoli è amico di De Sarro, pertanto quando arriva a Genova è a conoscenza del progetto alfa-lattoalbumina e mi cerca. Così nasce una grande amicizia e una proficua collaborazione.
Pasquale è unico, un amante dello studio e della ricerca, nonché della medicina. In lui c’è la stessa curiosità, la stessa voglia di studiare, che avevo trovato in Perucca e in De Sarro.
È ben disposto a farsi un esperienza personale, quindi conduce un primo studio clinico controllato (cross over doppio cieco vs placebo) su un numero ridotto di pazienti, molti dei qualiaffetti da una rara, e fortemente farmaco resistente, forma di epilessia, la Unvericcht Lundborg.
I risultati, pubblicati sulla prestigiosa rivista Mov Disord,(17) confermano l’azione serotoninergica in quanto migliorano in modo significativo sonno e umore, mentre, in questo studio, non si raggiunge la significatività statistica nel controllo delle crisi. Attualmente sta conducendo uno studio controllato su 50-80 pazienti, finanziato dalla Regione Liguria.
(Prof. Paolo Mainardi)
dal libro: Alla Ricerca dell’Una Medicina