Il dottor Spock «fino a oltre i tre anni sapeva parlare pochissimo e quel poco lo diceva con esasperante lentezza». Anche Martin Buber imparò a parlare solo a tre anni. Uno degli insegnanti di James Thurber «disse a sua madre che probabilmente il bambino era sordo».
Dislessia, ritardo cronico, distraibilità, iperattività sono sintomi della «sindrome da deficit dell’attenzione»: e sa Dio quanta pazienza ci vuole. Del resto, in quale altro modo si può contenere e snidare l’altra faccia di questo «deficit»?
Spesso i bambini così classificati, e anche gli adulti, sono quelli con intelligenza superiore alla media, inclini a perdersi in fantasticherie e con un’anima così sensibile e aperta che l’«Io» non riesce a starle dietro e il suo comportamento risulta disorganizzato. E allora, ale!, una bella cura di Ritalin, Prozac, Xanax: e funziona, naturalmente per il 50% o a livello sintomatico.
Ma il fatto che le pillole combattano il deficit non vuol dire che la causa ne sia confermata o che se ne sveli il significato.
Le stampelle funzionano, ma non spiegano la mia gamba rotta. Come mai questo disturbo è tanto diffuso oggi?
Su che cosa l’anima non vuole rivolgere l’attenzione, e che cosa starà facendo il daimon, visto che non sta leggendo, non sta parlando, non sta dando prestazioni rispondenti alle aspettative?
In questi casi bisogna ripartire a ritroso, rieducando l’ambiente, l’alimentazione, il Microbioma, per poi rieducare il linguaggio, sviluppare la sua creatività e scoprire anche il genio intrinseco nel bambino, che sta facendo i “capricci”.