Quanto trovate scritto qui sotto non costituisce in nessun caso una indicazione terapeutica.
La lettura delle seguenti informazioni non può sostituire un processo di diagnosi e di valutazione accurata dello stato di salute da parte di uno o più medici di base o medici specialisti. Chi scrive è convinto che non esiste la malattia bensì il malato, ovvero che non esistono rimedi sempre uguali per la stessa malattia, ma percorsi di cura differenziati in base alle caratteristiche peculiari del singolo malato.

Qui di seguito trovate semplicemente informazioni, in base alle quali potete rivolgervi presso un professionista qualificato (medico, odontoiatra, naturopata, nutrizionista, osteopata) avendo voi stessi, si spera, una maggior conoscenza di causa. Un paziente informato, secondo chi scrive, ha delle possibilità molto maggiori di guarigione, anche perché (è ben noto) due professionisti con la stessa specializzazione a volte danno della stessa sintomatologia (e delle stesse analisi di laboratorio) un’interpretazione differente, oppure a parità di interpretazione consigliano due percorsi terapeutici molto differenti.

L’estensore di questa sorta di protocollo non si prende alcuna responsabilità per eventuali effetti avversi di una qualsiasi terapia adottata senza un consulto ed una prescrizione medica, senza un professionista che segue il percorso terapeutico del paziente.
Lo scopo di questo documento è quindi informativo e le informazioni in esso contenuto non vanno intese come consiglio medico o terapeutico. Qualsiasi terapia, anche la più apparentemente semplice e banale può comportare dei rischi; anche una semplice aspirina, è noto, può avere in taluni casi dei gravi effetti collaterali.

Le terapie naturali cui qui si accenna possono avere degli “effetti collaterali” dovuti alla disintossicazione; guarire significa anche uccidere dei patogeni e/o dei parassiti e causare il rilascio di tutte le tossine in essi contenuti, con un temporaneo aggravamento di molti sintomi già presenti e la comparsa (temporanea) di sintomi nuovi. Nessuno può dire a priori quale sarà la risposta di una singola persona a questo processo e quanto ciò possa essere debilitante, per temporaneo che sia.
Consultatevi quindi con medici di base, specialisti, biologi nutrizionisti prima di fare qualsiasi cambiamento dietetico particolarmente rilevante, di assumere integratori o di intraprendere un qualsiasi percorso curativo.

Per quanto sforzo abbia fatto l’autore nel cercare di appurare la verità, egli non può garantire in maniera assoluta della correttezza e della completezza di quanto qui scritto, e (lo ripeto) si tratta di un testo informativo; se volete provare a mettere ad utilizzare praticamente alcune delle informazioni in esso contenuto vi prendete la piena responsabilità delle vostre azioni.
Se un uso improprio delle informazioni qui contenute, senza previo consulto con medico o altro professionista qualificato dovesse arrecarvi dei danni, l’autore non si assume di conseguenza alcuna responsabilità e non offre nessuna garanzia. Lo stesso dicasi per tutti i libri ed i siti internet citati.

Per fare alcuni esempi concreti di come qualcosa che faccia bene “quasi a tutti” possa anche causare danno a qualcuno: il magnesio, panacea universale, è controindicato in caso di disfunzione renale; la vitamina C se assunta assieme a integratori di calcio può causare calcoli renali, più in generale i pazienti con insufficienza renale devono stare attenti a integrarla;
Se partiamo da questo presupposto possiamo, come facciamo da anni, cercare perlomeno di individualizzare le tipologie in Gs, Status secretore, Genotipo.

Gli studi e le analisi effettuate tenendo conto almeno questi parametri, dicono che, in effetti, alcuni batteri hanno fino a 50.000 volte in più di probabilità di trasformarsi in persone con un tipo di sangue e di status precisi, rispetto ad altre che non hanno le stesse caratteristiche.
le rare persone che mancano dell’enzima “Glucosio-6-fosfato deidrogenasi” non possono utilizzare in maniera sicura la vitamina C, e nemmeno le persone che soffrono di ematocromatosi (eccesso di ferro nel sangue) perché tale vitamina aumenta la capacità di assorbire il ferro dal cibo ingerito;

per un simile motivo i pazienti talassemici non possono assumere dosi rilevanti di vitamina C; il lugol non va assunto assieme alla trementina (lo si legge in un vecchio manuale della Merck, Merck’s 1899 Manual of the Materia Medica)[1] e va assunto con attenzione soprattutto in caso di ipertiroidismo.
Qui si discute dell’importanza per la genesi di molte malattie dei micobatteri, sia quelli tubercolari (che causano la formazione di noduli detti tubercoli, come i micobatteri della tubercolosi e della lebbra) che quelli “non tubercolari” (come per esempio i micobatteri della specie avium paratuberculosis), nonché dei clostridi (altri batteri) e dei vermi parassiti.

Ci si concentra tuttavia sui micobatteri, e si propone un protocollo che si è rivelato utile in diversi casi di epilessia, reflusso, cardiopatie da clostridi, autismo, depressione e tante altre problematiche di salute.
Il protocollo viene fuori da studi e sperimentazioni di singoli individui e genitori che, delusi dall’approccio della medicina ufficiale, si sono messi a leggere, studiare e sperimentare, un po’ come il famoso Tommaso Odone (ideatore del cosiddetto Olio di Lorenzo, che ha salvato la vita al figlio, e che si è meritato una laurea honoris causa in medicina).

Sono stati osservati casi di persone che hanno “solo” eliminato il latte e hanno ottenuto risultati incredibili, mentre altri che hanno seguito per intero il protocollo indicato hanno risolto anche problemi più gravi, come l’epilessia.
Nel protocollo ha un ruolo centrale il lisozima, che non può essere somministrato a chi è allergico/intollerante alle proteine dell’uovo, ma vengono indicati anche altri prodotti naturali che potrebbero eventualmente sostituirlo; inoltre è possibile lavorare prima sulla permeabilità intestinale e provare a eliminare certe allergie/intolleranze (verificando l’eventuale risoluzione del problema con gli appositi test).

L’idea di fondo è che due cause importanti (anche se non necessariamente le uniche) di molte patologie sono:
Da una parte le zoonosi, ovvero le malattie infettive trasmesse attraverso il contatto con gli animali, o l’assunzione di prodotti alimentari animali (latte e derivati, carne – specie se poco cotta, talora il miele) in particolare infezioni di micobatteri (come il micobatterio della tubercolosi Mycobacterium tuberculosis, Mycobacterium bovis o il Mycobacterium avium paratuberculosis), clostridi, o altri germi sensibili all’azione di una molecola naturalmente prodotta nel corpo umano, detta lisozima.

Per lo più si tratta di agenti batterici che possono essere trasmessi da latte o prodotti a base di latte (che come vedremo è molto spesso contaminato, specialmente a causa delle condizioni igieniche in cui vivono gli animali negli allevamenti intensivi) ma talora anche dal miele.
Insomma si tratta spesso si “zoonosi”. In molti casi però la trasmissione dei micobatteri avviene attraverso la placenta (in utero, dalla mamma al nascituro) o ancor prima, dal seme paterno all’uovo fecondato, dove può restare in uno stato latente per poi manifestare l’infezione alcuni mesi dopo la nascita.

Le prove scientifiche acclarate di quanto succintamente espresso, le potete trovare nei libri del dottor Broxmeyer (per adesso disponibili solo in lingua inglese), che sono corredati ovviamente di tutti i riferimenti scientifici del caso.
Molte di queste informazioni le troverete sintetizzate/tradotte qui di seguito (e di tanto in tanto cercate di scaricare la nuova versione aggiornata e ampliata di questo dossier che è un lavoro in continuo divenire)[1].

Se ciò vi sembra incredibile, dovete sapere che i micobatteri della tubercolosi (e anche quello della paratubercolosi) si possono annidare in diversi organi e tessuti nei quali possano approvvigionarsi di ossigeno, e quindi negli organi cavi (compreso ovviamente l’intestino, i reni, il fegato, le ghiandole, i linfonodi, il cervello), ma anche nelle ossa e nelle articolazioni e che si possono spostare trasportati dal flusso sanguigno.
Basterebbe fare una ricerca sul web, su un dizionario medico o su un buon testo di medicina rispetto alla “tubercolosi miliare” (disseminata, sistemica), oppure cercare informazioni in ambito veterinario sulla “paratubercolosi bovina” (trasmissibile all’uomo) per rendersi rapidamente conto della realtà di quanto su esposto.

Del resto le stime delle autorità sanitarie ufficiali sono di oltre due miliardi di persone infettate dai soli micobatteri della tubercolosi (sebbene si parli di infezioni latenti che si manifestano poi nel 10% circa dei soggetti colpiti). Ad ogni la consultazione di due articoli scientifici dovrebbero bastare a togliervi ogni dubbio.
Il primo è Tuberculosis: A Global Health Problem (Tubercolosi, un problema di salute globale)[1] nel quale leggiamo per la tubercolosi “colpisce generalmente i polmoni ma può interessare anche altre parti del corpo, come il cervello, l’intestino, i reni o la spina dorsale” e che i sintomi “dipendono dal sito in cui stanno proliferando i batteri della tubercolosi”. L’articolo ci informa anche che tale patologia è ancora una delle principali cause di morte nelle nazioni in via di sviluppo (circa il 7% dei decessi) per un totale di quasi 2 milioni di morti all’anno nel mondo intero.

Il secondo è The bacterial and host factors associated with extrapulmonary dissemination of Mycobacterium tuberculosis[2] che, nel descrivere la disseminazione dell’infezione dal sito primario, ci informa che siti frequenti di infezione extrapolmonare comprendono pleura, linfonodi, ossa e articolazioni, Sistema Nervoso Centrale (meningi), laringe, scheletro (particolarmente la colonna vertebrale), tratto genito-urinario, occhi, tratto gastro-intestinale, ghiandole surrenali, e pelle.
Per darvi subito un riferimento scientifico sulla possibile diffusione dell’infezione tramite il latte, possiamo citare l’articolo The Core and Seasonal Microbiota of Raw Bovine Milk in Tanker Trucks and the Impact of Transfer to a Milk Processing Facility[1] nel quale si dimostra la presenza, nelle cisterne dove si raccoglie il latte (crudo), di Clostridi e Micobatteri; è vero che poi il latte viene pastorizzato, ma i micobatteri della paratubercolosi non vengono uccisi dalla pastorizzazione, i clostridi formano spore (che resistono alla pastorizzazione), di recente alcuni studi hanno mostrato

che alcuni micobatteri produrrebbero spore anch’essi, compresa un ceppo del micobatterio della tubercolosi bovina, come leggiamo nell’articolo Growth, cell division and sporulation in mycobacteria[1].
Infine ci sarebbe da affrontare la lunga questione dell’esistenza di forme di micobatteri privi di parete cellulare (dette anche “forme L”) e quindi simili ai micoplasmi. Si tratta di forme che hanno ricevuto poca attenzione da parte delle istituzioni sanitarie, nonostante sia passato un secolo ormai dalla loro scoperta.

Come leggiamo nell’articolo scientifico Unique biological properties of Mycobacterium tuberculosis L-form variants: impact for survival under stress[1], scritto nel 2012 “I batteri possono, sotto certe condizioni, entrare in uno stato non cellulare noto conversione in forma L. Questo fenomeno è universale, ma è anche riconosciuto con difficoltà dai microbiologi”.
L’articolo prosegue spiegando come I bacilli della tubercolosi utilizzino questo cambiamento di forma per sopravvivere a condizioni per loro sfavorevoli, e che mancando di una forma definita dalla parete cellulare assumono le forme più disparate, grandi, piccole, granulari, ovoidali e si riproducono in maniera in una maniera particolare e in tempo più breve delle forme “tipiche” dei micobatteri, generano colonie “a uovo fritto”.

Si tratta quindi di un campo di ricerca vecchio di 100 anni, ma che dopo un secolo rimane oscuro alla maggior parte dei biologi, e del quale le istituzioni non si interessano.
Di conseguenza è difficile immaginare con quale accuratezza certi test di laboratorio possano dare responso negativo sulla presenza di micobatteri dopo un procedimento che dovrebbe teoricamente ucciderli tutti: se i batteri si sono convertiti in forma L e se le informazioni su questo tipo forma non sono diffuse a livello istituzionale, vuol dire ch e i test di laboratori, nella migliore delle ipotesi, quando sono relativamente validi NON testano la presenza di micobatteri in forma L.

Un falso negativo in un esame diagnostico quindi ha una sua validità del tutto relativa. In realtà è noto che molti test di laboratorio normalmente utilizzati non sono molto affidabili, come vedremo meglio in un paragrafo successivo.
2) Dall’altra la disbiosi intestinale (carenza di batteri buoni, che ha lasciato spazio ai batteri e ai funghi dannosi); la funzionalità del sistema immunitario è fortemente dipendente dai batteri benefici dell’intestino e la disbiosi comporta un abbassamento delle difese immunitario, il che facilita a sua volta le infezioni di cui al punto 1.

Anche per questo la disbiosi spesso predispone alla parassitosi (da vermi e non solo), che spesso complica quanto esposto ai punti precedenti. Sulla disbiosi, la parassitosi e il loro rapporto con molte patologie vedi il libro Alimentazione, disbiosi intestinale, parassitosi (per non parlare di candidosi e infezioni varie)[1].
Ovviamente contribuiscono allo scatenarsi di moltissime problematiche di salute anche l’inquinamento da alluminio, mercurio, piombo, bario, prodotti chimici in genere, pesticidi, anche perché la presenza di queste sostanze danneggia i “batteri buoni” dell’intestino, sguarnisce le nostre difese e facilita il proliferare di quei funghi e quei batteri che arrecano danno alle nostre cellule e ai nostri tessuti.

Similmente le radiazioni elettromagnetiche (wi-fi, cellulari etc.) danneggiano le barriere tissutali, ovvero i filtri che sono importantissimi nel nostro organismo (a livello dell’intestino, del cervello etc.). E sicuramente anche le problematiche di tipo psicologico hanno la loro importanza, anche perché il sistema immunitario funziona male quando siamo tristi, depressi, angosciati[1].
Bisogna capire però che, quando alla base di una patologia fisica o mentale abbiamo un’infezione da micobatteri, clostridi, parassiti, un sostegno psicologico può aiutare sicuramente ma non può essere risolutivo.
Se invece abbiamo il corpo intossicato da metalli pesanti e altre sostanze tossiche, intraprendere delle azioni per eliminare queste tossicità è a volte importantissimo se non indispensabile, ma non è detto che basti per eliminare un’infezione che si è radicata da tempo nei nostri tessuti.
Bibliografia:
[3] http://www.gutenberg.org/files/41697/41697-h/41697-h.htm.
[4] Pubblicato su Journal of Health Population and Nutrition. 2010 Apr; 28(2): 111–113. , autore K. Zamani; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2980871/.
[5] Pubblicato su Frontiers in Biology (Beijing). 2015 Jun; 10(3): 252–261, autori Dong Yang, Ying Kong; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4636013/ [1] Pubblicato su mBio 2016 Jul-Aug; 7(4): e00836-16, autori Mary E. Kable, Yanin Srisengfa, et al.; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4999540/.
[6] Pubblicato su Antonie Van Leeuwenhoek 2010 Aug; 98(2): 165–177, autori Singh B, Ghosh J, et al.; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2906719/.
[7] Pubblicato su International Microbiology 2012 Jun;15(2):61-8, autori Markova N1, Slavchev G, Michailova L;https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22847267. [8] Scaricabile da questo link assieme a molto altro materiale: https://drive.google.com/drive/u/0/folders/0B2m4v8xn8rpsd2Z6Ny1zZ3pKNVU.