L’articolo No Holes Barred: Invasion of the Intestinal Mucosa by Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis
(Non c’è nessun buco sbarrato: l’invasione della mucosa intestinale da parte del Mycobacterium avium paratuberculosis)[1] ci informa che a causa dell’infezione di intestinale di tale batterio nella mucosa dell’intestino, si allenta l’integrità della giunzione occlusale (tight junction) ovvero dell’elemento base che costituisce il filtro, la barriera intestinale.
Detto in altre parola tale micobatterio causa porosità intestinale, la quale a sua volta è concausa di una serie notevole di problematiche dalle allergie alle intolleranze alle patologie autoimmuni salute; vedi per esempio l’articolo Alterations in intestinal permeability[2], o in italiano l’articolo Intestino poroso e intolleranze alimentari[3].
Molto interessante è scoprire che il MAP (l’agente infettivo della paratubercolosi) contribuisca a modificare il microbiota (almeno nei conigli), come leggiamo su Mycobacterium avium Subspecies paratuberculosis Infection Modifies Gut Microbiota under Different Dietary Conditions in a Rabbit Model[4].
L’articolo Mycobacterium avium subspecies paratuberculosis: A possible causative agent in human morbidity and risk to public health safety[5] riporta dati allarmanti sul livello di contaminazione da Mycobacterium avium sottospecie paratuberculosis (in sigla MAP) degli animali, dei terreni e delle acque contaminati dalle loro feci, al punto che il DNA di tale batterio è stato rilevato in più dell’80% dei prelievi di acqua proveniente dai rubinetti di casa in uno stato degli USA (Ohio).
Per altro il MAP è altamente resistente ai metodi standard di disinfezione delle acque, anche perché a volte forma delle strutture di biofilm particolarmente resistenti.
La pastorizzazione non risulta un metodo del tutto sicuro per eliminare il MAP, dal momento che in un esperimento è stato riscontrato in percentuale dell’ 11,8% con il metodo della PCR e dell’1,8% col metodo più preciso della coltura. Il MAP è stato rilevato anche in alcuni campioni di latte per infanti (nonostante la presenza di una fase di congelamento).
In un esperimento addirittura lo si è riscontrato nel 40% dei campioni di latte artificiale testati. A complicare le cose si aggiunga il fatto che alcune mucche possono essere portatrici sane del batterio, ovvero diffonderlo col proprio latte anche se non mostrano sintomi clinici della malattia.
Il trattamento tipico delle infezioni batteriche con antibiotici raramente funziona con il MAP, anche perché quando esso può assumere (come parte della sua azione difensiva) la “forma L” (cellula senza parete cellulare) e la maggior parte degli antibiotici punta proprio a distruggere la parete cellulare dei batteri.
L‘articolo Causation of Crohn’s disease by Mycobacterium avium subspecies paratuberculosis[6] ci segnala una diffusione molto alta di MAP nelle mandrie e nei greggi di Europa Occidentale e Nord America (tra 21% e il 54%), i quali ovviamente passano il microbo nel latte e nel terreno (tramite gli escrementi) che quindi può anche finire poi nelle acque che beviamo, oltre che nel latte e nei latticini che mangiamo.
Anche in altri animali (la cui carne viene mangiata) possono essere infettati dal MAP, come ci mostra per esempio l’articolo Detection of Mycobacterium avium subspecies in the gut associated lymphoid tissue of slaughtered rabbits[7] dal quale traiamo l’informazione che i conigli in cattività, ma anche quelli selvaggi, possono essere infettati da micobatteri, in particolar modo M. avium avium (riscontrato nel 15% dei conigli allevati), M. avium paratuberculosis (9% dei conigli) e più raramente M. avium hominissuis.
L’articolo Hypersensitivity pneumonitis with Mycobacterium avium complex among spa workers[8] mostra che i lavoratori addetti alle pulizie dei filtri delle piscine sono a rischio di contaminazione.
L’articolo Identification and Characterization of a Spore-Like Morphotype in Chronically Starved Mycobacterium avium Subsp. Paratuberculosis Cultures[9] , ci informa che i micobatteri sono capaci di entrare in uno stato di latenza e di riattivarsi una volta che si trovano in un ambiente sul quale possono proliferare; anche all’interno di un ospite animale che è stato infettato può avvenire questo passaggio allo stato dormiente, che tipicamente avviene quando manca il nutrimento o manca l’ossigeno.
Inoltre gli autori hanno scoperto che alcune specie di micobatteri possono formare delle strutture che sembrano delle vere e proprie spore (fino a poco tempo fa si pensava che i micobatteri non formassero spore).
Gli autori hanno indagato su brodi di coltura di MAP vecchi di un anno rilevando, assieme alle usuali cellule anche altre forme somiglianti a spore (di cui hanno controllato le caratteristiche genetiche per essere certi che fossero forme particolari di MAP), e che in effetti sopravvivevano al calore, al lisozima e alla proteinase K, caratteristiche tipiche delle spore, e che erano capaci di resistere anche nel più ostico degli ambienti.
Il già citato articolo Growth, cell division and sporulation in mycobacteria[10] mostra che anche Mycobacterium marinum (e probabilmente anche Mycobacterium bovis) formano spore, rinvenute ancora una volta nelle vecchie colture.
Anche l’articolo Sporulation in mycobacteria[11] mostra che vecchie colture di Mycobacterium marinum contengono spore che, dopo esposizione a un mezzo di coltura fresco, germinano e formano cellule vegetative e riappaiono nella loro fase stazionaria.
Tali forme mostrano molte delle normali caratteristiche delle “endospore” e inoltre sono stati trovati, nel genoma dei micobatteri, dei geni omologhi a quelli che sono collegati alla sporulazione nel Bacillus subtilis e nello Streptomyces coelicolor, e alcuni di questi geni vengono trascritti proprio durante certi cambiamenti del ciclo vitale dei batteri.
Il fatto che i micobatteri in certe condizioni potrebbero formare anche delle spore (per il momento non c’è certezza assoluta, dal momento che, oltre ad articoli che mostrano il ritrovamento di tali spore ce ne sono altri che proverebbero il contrario), e che possono trasformarsi perdendo la propria parete cellulare, rende il loro eradicamento ancora più complicato, come lo è per altri batteri che formano spore, come i clostridi, o che possono assumere una forma priva di parete cellulare, come il batterio responsabile del morbo di Lyme.
Un altro problema delle moderne filiere del latte è descritto nell’articolo The Prevalence and Control of Bacillus and Related Spore-Forming Bacteria in the Dairy Industry[12] nel quale leggiamo che il latte è un ottimo substrato di crescita per batteri aerobici che formano spore (Sporosarcina, Paenisporosarcina, Brevibacillus, Paenibacillus, Geobacillus, Bacillus) e che possono contaminarlo;
essendo essi resistenti alla pastorizzazione possono formare biofilm (strutture molto tenaci benchè sottili) mono-specie o multi-specie all’interno delle condutture di acciaio inossidabile, specialmente laddove c’è una stasi del liquido (valvole giunture, etc) a partire dalle qualio può partire una contaminazione del latte processato in uno stabiliminto.
L’articolo Farm level survey of spore‐forming bacteria on four dairy farms in the Waikato region of New Zealand[13] Spiega come come un controllo su 4 fattorie in Nuova Zelanda abbia rilevato che esse rilasciavano nel circondario (tramite le acque reflue) batteri che formano spore come quelli dei generi Clostridium, Bacillus e Paenibacillus, alcuni dei quali sono potenzialmente tossici per l’uomo.
Anche altri micobatteri possono essere all’origine di gravi forme di malattia, come il Mycobacterium marinum, che può essere trasmesso da pesci tropicali (anche eseguendo la manutenzione di un semplice acquario) dal Mycobacterium szulgai, e molti altri. Ovviamente ogni specie ha le sue specifiche caratteristiche, ma anche le similitudini spesso sono molte.
Per esempio nell’articolo Disseminated Mycobacterium szulgai Infection: Case Report and Review of Literature[14] leggiamo che tale micobatterio non tubercolare causa raramente infezioni, per lo più in soggetti immunocompromessi, e che sebbene per lo più causi malattie al polmone, l’infezione da M szulgai può coinvolgere organi come articolazioni, giunture, ossa, pelle, tessuti molli e cornea.
Nell’articolo si discute il caso di un uomo anziano sottoposto a chemioterapia contro il cancro con infezioni multiple alle giunture, che è stato curato con un regime di antibiotici unito all’incisione chirurgica e al drenaggio delle giunture colpite.
L’articolo Intracranial abscess due to Mycobacterium avium complex in an immunocompetent host: a case report[15] ci informa che infezioni da Mycobacterium avium complex per lo più causano polmoniti atipiche ma talora (specie nei soggetti immunodepressi) anche patologie a carica di altri organi e tessuti come fegato, milza, pelle, tessuti molli e linfonodi, mentre rarissimamente causano infezioni cerebrali.
Gli autori tuttavia riportano il caso di un soggetto non immunocompromesso con ascesso intra-craniale dovuto proprio a M. avium.
[1] Pubblicato su Infection and Immunity 2013 Nov; 81(11): 3960–3965, autori John P. Bannantine, Luiz E. Bermudezb; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3811823/.
[2] Gut 2006 Oct; 55(10): 1512–1520, autori M C Arrieta, L Bistritz, and J B Meddings; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1856434/.
[3] http://www.roberta-martinoli-nutrizionista.it/intestino-poroso-e-intolleranze-alimentari/.
[4] Pubblicato su Frontiers in Microbiology 2016; 7: 446 Arrazuria R, Elguezabal N, Juste RA, Derakhshani H, Khafipour E; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4815054/.
[5] Open Veterinary Journal 2018; 8(2): 172–181 Garvey M; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5987349/.
[6] Pubblicato su Canadian Journal of Gastroenterology 2000 Jun;14(6):521-39, autori Hermon-Taylor J1, Bull TJ, et al.; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10888733.
[7] Pubblicato su BMC Veterinary Research. 2015; 11: 130, autori Arrazuria R, Sevilla IA, et al.; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4461944/.
[8] Pubblicato su International Journal of Occupational and Environmental Health. 2013 Jan-Mar;19(1):55-61, autori Moraga-McHaley SA, Landen M, Krapfl H, Sewell CM; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23582615.
[9] Pubblicato su PLoS One. 2012; 7(1): e30648. autori Lamont EA, Bannantine JP, et al.; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3265505/.
[10] Pubblicato su Antonie Van Leeuwenhoek. 2010 Aug; 98(2): 165–177, autori Singh B, Ghosh J, et al.; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2906719/.
[11] Proceedings of the National Academy of Sciences U S A. 2009 Jun 30; 106(26): 10781–10786, autori Ghosh J, Larsson P, et al.; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2705590/.
[12] Pubblicato su Frontiers in Microbiology. 2015; 6: 1418, autori Nidhi Gopal, Colin Hill, e al.; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4685140/
[13] Pubblicato suMicrobiology open. 2017 Aug; 6(4): e00457, autori Gupta TB, Brightwell G; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5552919/.
[14] Pubblicato su Infectious Diseases in Clinical Practice: September 2007 – Volume 15 – Issue 5 – p 341-344, autori Manalac Tyrone Christopher, Bonilla, Hector; https://journals.lww.com/infectdis/FullText/2007/09000/Disseminated_Mycobacterium_szulgai_Infection__Case.11.aspx.
[15] Pubblicato su BioMed Central Infectious Diseases. 2015; 15: 281, autori Mudit Chowdhary, Umesh Narsinghani, Ritu A. Kumar; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4511996/.