A ulteriore conferma di quanto su esposto vediamo il risultato di un’indagine sull’efficacia della chemioterapia contro il cancro, che si è scoperto funzionare … al 2%!
Si tratta dell’articolo The contribution of cytotoxic chemotherapy to 5-year survival in adult malignancies (“Il contributo della chemioterapia citotossica ad una sopravvivenza di 5 anni nei tumori maligni degli adulti”), redatto da Morgan G, Ward R, Barton M, del Dipartimento di radiazioni oncologiche, Centro per i Tumori di Sydney Nord, Royal North Shore Hospital, Sydney, Australia), e pubblicato sulla rivista scientifica Clinical Oncololgy [2004 Dec;16(8):549-60] .

La cosa sconcertante (almeno per chi non si ancora informato sull’argomento) è che la conclusione dell’articolo indica un effetto benefico della chemioterapia citotossica (ovvero di quei farmaci anticancro che dovrebbero uccidere più rapidamente le cellule tumorali delle cellule sane) attorno al 2 per cento! Chi mai assumerebbe un simile farmaco costosissimo e dai devastanti effetti collaterali sapendo che l’eventuale beneficio apportato è così esiguo?

Se poi pensiamo che l’effetto benefico non è quello di guarire dal tumore, ma al massimo di assicurare una sopravvivenza per i 5 anni successivi c’è da rabbrividire. Non c’è niente che assicuri il paziente contro il pericolo che il sesto anno sopravvenga una recidiva del tumore stesso o l’insorgenza di un tumore di altro tipo (giacchè uno dei possibili effetti collaterali di molti chemioterapici è proprio il cancro).

E se pensiamo che l’effetto placebo è spesso dello stesso ordine di quel misero 2 per cento (sono documentati i casi di guarigione dal cancro dopo assunzione di un placebo, vedi quanto riportato nel libro “La mente che guarisce” ), possiamo concludere che l’efficacia della chemioterapia nella guarigione del cancro è pressoché nulla. Nell’abstract (riassunto) dell’articolo, gli autori affermano di avere fatto:
una ricerca nella letteratura [scientifica] su esperimenti clinici randomizzati che riportino una sopravvivenza di 5 anni attribuibile unicamente alla chemioterapia citotossica negli adulti con tumori maligni.

Dopo di che hanno calcolato il numero di persone che hanno beneficiato della chemioterapia come il prodotto di (a) il numero totale di persone con quel particolare tipo di cancro; (b) la proporzione del/dei sottogruppo/i di tale forma di cancro che hanno avuto un beneficio; e (c) l’aumento percentuale nella sopravvivenza a 5 anni dovuta unicamente alla chemioterapia citotossica.

Di conseguenza i calcoli da loro effettuati hanno portato ai seguenti risultati ed alle seguenti conclusioni:
Il contributo complessivo della chemioterapia citotossica curativa e coadiuvante alla sopravvivenza di 5 anni negli adulti è stato stimato pari al 2,3% in Australia ed al 2,1% negli USA (…)
è chiaro che la chemioterapia citotossica apporta solo un contributo minore alla sopravvivenza al cancro.

A conferma di quanto appena riportato, leggiamo sul sito dell’agenzia di stampa ANSA che la chemioterapia utilizzata contro il cancro alla prostata, al seno ed alle ovaie, può avere:
un effetto inverso al desiderato, ossia aumentare i rischi di una ‘ricrescita veloce’ della neoplasia che a quel punto non risponde piu’ ai trattamenti” (…)

i ricercatori hanno osservato che la chemioterapia non solo come è noto uccide le cellule che si dividono velocemente – ossia quelle cancerose – ma crea al tempo stesso danni nelle cellule sane,inducendo la secrezione della proteina WNT16B che ‘sostiene’ la crescita delle cellule tumorali.

Lo studio originale è disponibile in lingua inglese su nature.com .
Un altro studio molto significativo viene segnalato dall’agenzia ADN Kronos in un articolo intitolato “Chemioterapia può nuocere fino a metà pazienti”, l’allarme su Lancet, da Repubblica in un articolo intitolato Lancet: in Gran Bretagna troppi morti da chemioterapia (un titolo che forse ha lo scopo di cercare di ridimensionare una tragica realtà) e da molti altri giornali nazionali ed esteri.
Lo studio originale si intitola 30-day mortality after systemic anticancer treatment for breast and lung cancer in England: a population-based, observational study

In tale studio si è indagato sul numero di malati morti entro 30 giorni dall’inizio della chemioterapia, evento che fa propendere per una morte da effetti collaterali della curta piuttosto che per effetto del cancro. Lo studio, portato avanti dalle stesse istituzioni sanitarie inglesi, ha esaminato oltre 23.238 donne con cancro al seno e 9.634 uomini con “cancro polmonare non a piccole cellule”.
A seconda dei diversi ospedali e del tipo di tumore curato, la mortalità entro 30 giorni risulta molto varia, arrivando a toccare punte del 50%. Nelle conclusioni dell’articolo si legge che bisogna porre maggiore attenzione nello scegliere i pazienti sui quali vale la pena di utilizzare un frammento così aggressivo e quelli per i quali tale terapia è troppo rischiosa.
Bibliografia:https://www.dropbox.com/s/m8j2…/Metaboloma_Intestinate.docx…
