Ipertiroidismo

In caso di nodi freddi:  1. Ho dei nodi (= problemi irrisolti) al collo, che mi potrebbero uccidere a causa della fredda ostilità che provano nei confronti della vita?  2. Che cosa potrebbe accadermi di male continuando ad ignorare?  3. Dove si trova quell'importante parte della mia vita, in cui ho riposto tutte le energie che cerco di mantenere fredde?

Relazione tra sintomo e causa

Malattia Linguaggio del’AnimA

L’ipertiroidismo è una malattia che spesso, ma non necessariamente, determina lo sviluppo del gozzo.

Questo può assumere la forma di un nodo, laddove i nodi freddi, che non accumulano iodio o ne accumulano solo una piccola quantità, devono essere distinti da quelli caldi che ne immagazzinano invece grosse dosi.

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Nei nodi freddi, il tessuto è degenerato e non è più in grado di produrre ormoni. Tale disfunzione non è però dovuta sempre a ipertiroidismo. I nodi caldi, dietro i quali si nascondono i cosiddetti adenomi (67), si trasformano rapidamente in pesanti problemi: non si tollera più niente di stretto intorno al collo. Le dimensioni del collo aumentano rapidamente e tuttavia la sensazione di ristrettezza permane.

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Dal punto di vista psicologico, a ciò corrispondono tendenze claustrofobiche e situazioni di oppressione che la paura ci spinge ad evitare. Il collo si gonfia ed evidenzia l’impulso alla crescita che però viene fatto affondare nel corpo.

Il cuore comincia a battere più rapidamente, la pressione del sangue e la temperatura del corpo salgono, mentre il sudore e il nervosismo fanno la loro comparsa.

L’inquietudine del motore traspare nello stato d’ansia e nella tendenza a tremare.

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L’insonnia sottrae al fisico la quiete di cui avrebbe disperatamente bisogno. Gli occhi tremano di eccitazione, possono essere addirittura sbarrati e sporgenti (68).

Uno spavento muto è scritto sui volti dei pazienti, simile a quello di una persona morta per strangolamento, i cui occhi sbarrati dal terrore minacciano di uscire dalle orbite. Franz Alexander parla di (69).

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Questi occhi non sono dilatati soltanto per lo spavento, sono enormemente vigili. Dopo un allarme improvviso, i nostri pazienti si trovano sbalzati in una battaglia per la vita o per la morte, alla quale evidentemente preparano anche il resto del corpo.

La reale presenza di panico è testimoniata non solo dall’espressione del volto: essa è confermata anche da un esperimento compiuto sugli animali.

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Conigli, ai quali era stata chiusa l’unica via di uscita e messi a confronto con martore, svilupparono tutti i caratteri dell’ipertiroidismo compreso l’exoftalmo, cioè la condizione in cui il bulbo oculare è rivolto all’esterno.

Nella storia delle malattie umana si riscontra sempre più spesso che l’attesa di tempi spaventosi determina, a lungo termine, maggiori disturbi psicologici di un fatto acuto. Si tratta soprattutto di incontri prematuri con la morte o dell’esperienza della perdita di una persona cara.

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Nel nostro caso però abbiamo a che fare col rifiuto della morte, e la paura, prima respinta e rimossa, riappare poi dipinta sul volto. Spesso il diniego da parte dei pazienti è talmente radicato che paradossalmente vanno alla ricerca di quelle situazioni che temono più di ogni altra cosa.

Oltre che sul volto, manifestano la paura anche attraverso la diarrea che li tormenta.

Invece di marciare in senso metaforico, vivono questa «marcia» nell’intestino. Anche una sudorazione eccessiva può accompagnare stanchezza e tensione.

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I pazienti non sfuggono certamente né alla sofferenza né alla fatica.

Nel gonfiore del collo e nello strabuzzamento degli occhi si evidenzia l’immagine di un sovraffaticamento totale, paragonabile a quello di un sollevatore di pesi che prende tutto il carico su di sé. La tendenza a farsi carico di tutto ritorna nella maggior parte delle storie di vita dei soggetti.

Cercano di diventare adulti prima del tempo e ad assumersi responsabilità che non competerebbero loro, ad esempio quella dei fratelli minori.

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L’eccessiva quantità di ormoni della crescita nel loro sangue indica che le esigenze corrispondenti sono affondate nel corpo.

Spesso separati, delusi o respinti dalle rispettive madri, tentano di combattere le paure e le insicurezze derivanti da questa sgradevole situazione, identificandosi essi stessi col ruolo materno.

(«Se non posso averla, diventerò come lei: in tal modo riuscirò a farne a meno»).

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Tale atteggiamento conduce spesso le donne a una relazione quasi incestuosa col padre e gli uomini a una fissazione sul ruolo femminile che può portarli all’omosessualità.

Anche se calarsi nel ruolo materno richiede un prezzo troppo alto, i pazienti restano fedeli al ruolo scelto. Il fallimento di questo tentativo di compensazione può liberarli dai sintomi.

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I loro occhi spalancati possono però riflettere uno spirito bellicoso o addirittura avido. Ci imbattiamo in questa contraddizione sempre più spesso. Minacciati ed eccitati, i pazienti sembrano continuamente pronti ad affrontare con tutte le loro energie grandi avvenimenti.

I vessilli di guerra sventolano da una torre come se la battaglia per la sopravvivenza fosse imminente. I pazienti non sono affatto coscienti di questa situazione, osservano i loro sintomi a distanza e con analogo distacco ne parlano al medico.

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Non vogliono essere chiamati malati e si oppongono a tale definizione finché è loro possibile. Il coraggio di combattere è affondato nell’ombra e in loro è del tutto inconscio.

di caldi e il collo gonfio mostrano in tutta sincerità nel corpo quanto sia ardente il loro desiderio di crescita e quanto sforzo debbano fare per controllarlo. Vogliono non solo andare avanti, ma primeggiare su tutti: il loro insaziabile appetito è sinonimo della loro fame di vita.

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Non ne hanno mai abbastanza e si consumano nella loro ardente ambizione.

Questa forma di avidità è alla base di tutto. Talvolta il gozzo manifesta la loro inquietudine con veri e propri sibili e pulsazioni. Tale situazione è di per sé corrosiva ed è talmente radicata nei soggetti da farli deperire, rivelando agli altri la loro misera realtà.

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Si consumano per l’ambizione e la volontà di fare.

Cupidigia, orgoglio, paura e capacità di difesa evidenziano un altro tema. Il collo è per il corpo una sorta di passaggio che consente l’accesso alla testa, l’istanza più alta.

Qui il gozzo non appare soltanto come uno scudo protettivo ingrandito, eretto davanti a una delle zone più sensibili dell’organismo, ma come un chiavistello spinto troppo avanti, che chiude tutte le vie di rifornimento di importanza vitale.

Attorno a questo blocco viene combattuta una violenta battaglia, che potrebbe portare alla conquista della via d’accesso alla postazione più alta. Spesso dietro a tutto questo si cela un violento conflitto di autorità, di vitale importanza per gli interessati.

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Il corpo mostra quanto la battaglia sia violenta e fino a che punto la via d’accesso verso l’alto si restringa sempre più. Nel tremore traspaiono paura e inquietudine. Il panico costante rivela la presenza di un ulteriore restringimento che, pur se ancora invisibile sul piano del corpo, si sta diffondendo nel collo.

Non di rado alla presenza di una persona autorevole non sono neanche in grado, a causa del tremore, di portare una tazzina di caffè alla bocca. Un grosso nodo si è inserito nel collo ostruendo il passaggio fisico, mentre sul piano simbolico si sta verificando esattamente l’opposto. La brama di vita, che unita alla paura (della morte) porta a trascurare il presente, svolge un ruolo ben preciso in questo contesto.

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Se in questa situazione una parola riesce ad affiorare alle labbra, è solo grazie alla grande capacità che i soggetti hanno di riuscire a calmarsi e ad essere concreti.

Anche le emozioni, specie quelle ostili, e i sentimenti di tutti i tipi si mantengono al di sotto della barriera del gozzo.

I soggetti aiutano volentieri i loro avversari in base a riflessioni razionali; sono disposti, ad esempio, ad occuparsi dei loro fratelli, dei quali si sentono rivali: soprattutto, tendono a rivestirsi del ruolo materno.

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Soltanto quando l’argine che si è formato all’interno del loro collo verrà rotto, le dighe si apriranno e rivoli di lacrime apparentemente immotivate saranno libere di scorrere.

Talvolta questa situazione che coinvolge tutto il loro essere è evidenziata dalla voce rauca, gracchiante e chiaramente soffocata: essa parla della pressione alla quale questi individui sono sottoposti e del loro stato d’animo depresso.

Rauca per necessità, la voce fa risuonare le sue richieste. In questa situazione c’è anche chi vorrebbe riuscire ad esprimersi meglio e con un timbro più alto, ma ogni suo sforzo è vano.

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Il ruolo che l’ormone della tiroide ha nello sviluppo fisico rafforza questa interpretazione:

la quantità eccessiva di questa sostanza nell’organismo rivela che l’esigenza di crescere è stata proiettata nel corpo; fino all’adolescenza la crescita si realizza anche a livello fisico, in seguito solo a livello psico-spirituale.

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Non bisogna allora stupirsi se durante l’infanzia non si verificano casi di ipertiroidismo, e se il loro numero aumenta dopo la pubertà.

Negli adulti, una presenza dell’ormone superiore alla norma indica una regressione, un ritirarsi a livelli che non sono più adatti all’età che si sta vivendo. I pazienti rifiutano la propria sofferenza nella crescita e nella lotta. La loro richiesta di maturare, di svilupparsi rapidamente e di vivere il più possibile viene respinta nel corpo, in cui si produce una quantità eccessiva di ormoni tiroidei.

L’aumentata secrezione di queste sostanze del metabolismo e della crescita rende i soggetti esageratamente suscettibili, mutevoli, agitati, troppo vivaci e fa nascere in loro la paura della morte. Sono talmente svegli che non riescono più a chiudere occhio.

Di giorno le loro palpebre tremano mentre di notte evitano il sonno, fratello minore della morte, che rappresenta il loro spauracchio. Le vicende di alcuni di loro ci inducono a credere che la malattia nasca dalla paura di terminare la propria vita prima ancora di averla vissuta.

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Colpisce particolarmente che la percentuale delle donne affette sia circa cinque volte superiore a quella degli uomini.

Questo potrebbe essere ricondotto al fatto che le possibilità di crescita e di successo all’interno della società sono per loro chiaramente inferiori e che le probabilità di esserne respinte sono al contrario altissime.

Colpisce anche il desiderio di molti pazienti di soddisfare il loro bisogno di crescita e gravidanza attraverso adozioni e affidamenti pur vivendo in un ambiente relativamente ostile ai bambini.Ragazza, Ritratto, Sentimenti Modello, Passione

Alexander parla di «tentativo di concepimento nonostante la paura del parto».

Questa contraddizione rispecchia il tentativo dei soggetti di respingere la paura della morte donando la vita su un altro piano.

Il rapporto tra la gravidanza e la tiroide è dimostrabile sulla base di diversi dati. Durante la gravidanza, ad esempio, questa ghiandola si ingrossa leggermente e lavora più duramente. In caso di rallentamento nell’attività ghiandolare, si arriva spesso alla sterilità o all’aborto.

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Anche negli uomini l’ormone della tiroide agisce positivamente sulla sterilità, elevando la produzione delle cellule spermatiche e la loro rapidità di movimento.

Alcune ricerche portano a credere che la formazione della tiroide sia collegata allo sviluppo dell’utero. «Andare avanti attraverso i bambini» è una variante frequente dell’ambizione di andare avanti a qualsiasi prezzo tipica dell’ipertiroidismo.

Lo sforzo richiesto per portare a termine, a qualsiasi costo, il lavoro assegnato porta all’esaurimento delle energie, perde di baldanza e risulta troppo dispendioso per se stessi e per il prossimo.

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Le donne, collocate entro limiti socialmente più ristretti, incorporano dolorosamente questa impossibilità. Se il desiderio di avere figli e di generare è messo in discussione, ecco apparire i primi sintomi.

Un ulteriore motivo che porta le donne a contrarre questa malattia più di frequente rispetto agli uomini, può essere il fatto che la tematica del fare, del combattere, dell’avere successo appartiene più al polo archetipicamente maschile: nel parto, che è parte integrante dell’archetipo femminile, la supremazia femminile è incastrata.

In conclusione, il tema dell’autorità tra madre e figlia è di gran lunga più difficile da risolvere che per il figlio.

Secondo Alexander, i soggetti si ammalano per la difficoltà che incontrano al momento di cambiare il loro ruolo da curati a curanti.

Il compito consiste allora nell’ammettere il terrore e il panico che pervadono la propria esistenza e nel riconoscere le grandi esigenze di sviluppo, di lavoro, di crescita e di vita che vi si oppongono. I grandi sforzi e le enormi sofferenze per ottenere riconoscimento dall’autorità prescelta devono essere posti in relazione alla propria storia.

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Per liberare il modello è necessario riconoscere il proprio ruolo in una situazione contraddittoria:

la paura e il terrore che si leggono sul volto, devono essere ripercorsi fino ad arrivare alle prime delusioni (dell’infanzia), causate dal mancato appagamento del proprio desiderio di continuare a dipendere.

I tentativi successivi di sostituire la condizione di sicurezza minacciata, affidandola ad altri, rappresentano un prezzo molto alto da pagare.

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Perché come è possibile dare qualcosa che non si ha, ma di cui si avrebbe urgente bisogno?

La forte esigenza e l’enorme capacità di lavoro e sofferenza rendono temporaneamente possibile ciò che di fatto è contraddittorio.

I sintomi patologici che fanno crollare l’edificio di paura, sforzo e rinuncia a se stessi, spingono gli impulsi corrispondenti all’interno del corpo, che accetta le più alte richieste e si impegna in una battaglia che non potrà mai vincere.

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I meccanismi di innesco della malattia, che dalla crisi del rapporto vanno fino alla perdita della persona attraverso la morte, alimentati da un timore di base, sono stati anticipati nel pensiero e rafforzati dalla paura di una profezia che si realizzerà da sola.

Quando si cerca di conoscere a fondo la propria anima, spesso è necessario ricorrere alla psicoterapia, ma è anche indispensabile vivere consapevolmente gli impulsi sprofondati nel corpo.

Nel cuore che batte fino in gola, si avvertono lo sforzo e l’ambizione avvalorati dal desiderio di combattere.

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Solo ammettendo quanto calde siano la vita e tutte le sue esperienze, la scalata al successo e il riconoscimento altrui, solo confessando quanto si vorrebbe che «la donna calda (tipo caldo)», che finora è rimasta nascosta dentro di noi, si materializzasse, i sogni ambiziosi avranno un’effettiva opportunità di manifestarsi nella realtà.

Se si riconosce la presenza di un blocco all’interno della gola, che separa il capo dal corpo, e di conseguenza la voce dalla sua cassa di risonanza, solo allora si diventerà consapevoli della grande paura che si nasconde nella strettoia del collo e leggibile negli occhi sbarrati.

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I soggetti non hanno niente di concreto, eccetto un nodo in gola, che è un nodo psicologico, e il loro problema è costituito dalla barriera che separa il piano inferiore da quello superiore.

Se affrontano questa paura che sinora hanno trattenuto (nel gozzo), hanno una possibilità di vittoria nella lotta contro il mondo esterno, poiché ogni volta che le forze della crescita si incamminano in un’altra direzione, ogni sforzo diventa inutile.

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Il principio della vita è affondato nell’ombra e vuole far ritorno a livello di coscienza. L’ipertiroidismo simboleggia una incredibile forza di vita e di crescita, eccessiva per il corpo. È allora necessario dirigere questa abbondanza di vita nei canali dell’anima e dello spirito, dove tutte le strade sono aperte.

Domande
In caso di nodi freddi:
1. Ho dei nodi (= problemi irrisolti) al collo, che mi potrebbero uccidere a causa della fredda ostilità che provano nei confronti della vita?
2. Che cosa potrebbe accadermi di male continuando ad ignorare?
3. Dove si trova quell’importante parte della mia vita, in cui ho riposto tutte le energie che cerco di mantenere fredde?
In caso di ipertiroidismo e nodi caldi:
1. Quale ferro caldo non voglio affrontare?
2. Da quale focosa ambizione e da quali alte pretese sono spinto? A cosa mira la mia insaziabile fame?
3. Cosa mi mette su di giri? Cosa mi porta sugli allori?
4. Quale blocco, quale paura si nasconde da tanto tempo nel mio collo?
5. Chi mi potrebbe tenere sott’occhio? Chi potrei tenere sott’occhio? Per quale autorità si svolge la mia battaglia?
6. In che misura oscillo tra la paura della morte e la brama di vita?
7. Perché inghiotto impulsi ostili?
8. Come posso riuscire a mettere la materialità al di sopra delle emozioni? Perché spingo i conflitti cocenti all’interno del mio corpo?
9. Cosa si nasconde dietro la mia esagerata disponibilità ad aiutare gli altri? Cosa c’è dietro il mio desiderio (esagerato) di essere bambino?
10. Cosa si cela dietro la mia disponibilità ad aiutare gli altri quando il pericolo non riguarda né me né i miei interessi?
11. Cosa indica il mio alto tasso di metabolismo? Quale sostanza della mia vita è necessario cambiare? Quale cambiamento sta tardando oltre il previsto?
12. In quale parte di me voglio relegare il mio eccesso di vita?
(67)Si tratta di tumori benigni della tiroide, che spesso si manifestano senza gozzo. La parola «autonomo» allude al fatto che il nodo produce l’ormone spontaneamente, senza essere sollecitato.
(68)La iperidrosi con manifestazione del bulbo oculare (exoftalmismo) viene anche chiamata morbo di Basedow.
(69)Franz Alexander, Psychosomatische Medizin, Berlin 1971, pag. 136

(Dott. Rudiger Dahlke)

Paolo Musso
Paolo Musso
Serravalle D'Asti
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Ho avuto la fortuna e l onore di conoscere Francesco, un persona straordinaria, di quelle che oggigiorno non le trovi più! Il primo impatto un po' sconvolge, perché davvero non si e più abituati a trovare così tanta preparazione e cultura e al tempo stesso così tanta umiltà e gentilezza. mi ha dedicato una marea di tempo tra telefonate e chat, ed è sempre pronto e presente a darti un consiglio, e grazie a lui , oltre a trovare una cura che mi sta dando finalmente evidenti risultati, sto ritrovando quell' equilibrio interiore che da troppi anni avevo perduto. Che dire , ci voglio bene come a un amico, in poche parole GRAZIE 🔥🌏💕

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