Malattia linguaggio dell'AnimA
La gobba è prodotta dalla curvatura della colonna vertebrale e le cause di tale deformazione possono essere diverse. Malattie quali la tubercolosi o il rachitismo possono facilitare la rottura dei corpi vertebrali, oppure può essere congenita o verificarsi in seguito a incidente.
Nel suo effetto scioccante, questa protuberanza ci ricorda non solo il «cane gobbo», ma anche la strega ricurva delle favole:
in entrambi lo sguardo non è rivolto al cielo, bensì verso il basso, a terra.
Tutto ciò che è basso, come abbiamo già detto parlando del simbolo del serpente, suscita però in noi una certa diffidenza se non addirittura un senso di disgusto.
I bambini, ad esempio, avvertono una diffidenza naturale nei confronti di chi è gobbo ed evitano di avvicinarsi alle persone afflitte da questa deformità.
In tal caso si tratta chiaramente non di un rifiuto dell’individuo in quanto tale, ma di un’avversione nei confronti del suo aspetto fisico: il suo difetto è simbolo di un tema di cui il soggetto per lo più non ha chiara consapevolezza.
Coloro che sono segnati in questo modo dal destino, sono costretti fin dall’inizio a questo rapporto con il male.
Secondo una credenza popolare piuttosto diffusa, la gibbosità è una punizione per delitti antichi, per gli uomini orientali sarebbe un castigo karmico o una penitenza. Senza entrare nel merito del compito che accompagna nella vita questa problematica, si può affermare che la figura ricurva è quella del penitente.
Le persone piegate dal destino hanno chiaramente poche possibilità di affrontare il mondo con un atteggiamento offensivo e di confronto.
Hanno gli occhi rivolti a terra e danno l’impressione di persone vinte. Il portamento a cui sono costretti impedisce certe esperienze in questa vita: esse risultano impossibili, mentre se ne presentano altre.
Il compito corrisponde in linea di massima a quello del malato di sciatica, anch’egli ricurvo, però in questo caso va ancora di più a fondo e agisce in modo ancor più radicale: si tratta di imparare cosa sia l’umiltà assumendo un atteggiamento non umiliato.
In un tema così carico di emozioni, il problema del giudizio è particolarmente pericoloso. Quasimodo, il campanaro di Notre-Dame, è un esempio di tale realtà. Sulla base delle mie esperienze, posso dire che la persona più umile che abbia incontrato è una donna gobba molto anziana.
Ella si è servita del suo aspetto esteriore di strega, per svolgere il ruolo di angelo per le persone amate e svolgere così il proprio autentico compito.
Dalle umiliazioni del destino ha fatto nascere l’umiltà. Oltre alla pazienza angelica e al senso di amicizia che la contraddistinguono, mi ha colpito l’accettazione incondizionata del suo destino.
Domande
1. Per quale motivo il mio destino vuole prendermi per il naso? Permetto che mi si prenda in giro? Sono io stesso a farlo? O lo faccio insieme agli altri?
2. Cosa ho ignorato di ciò che avevo accanto a me, ai miei piedi? Come reagisco di fronte alla gibbosità?
3. In quali contesti tendo a incurvarmi, in quali lascio che lo facciano gli altri?
4. Di fronte a cosa piego la testa? Gli altri devono inchinarsi davanti a me?
5. Quali sono le situazioni che mi umiliano? In quali sono io stesso ad umiliarmi?
6. Quale è il rapporto tra il mio comportamento e l’umiltà?
7. Come mi pongo di fronte alla vita?