Il digiuno anche breve rallenta la tiroide

la relazione tra rallentamento tiroideo e digiuno

Digiuno e rallentamento tiroideo

Un importante lavoro che documenta la relazione tra rallentamento tiroideo e digiuno è quello di Douyon e Schteingart del 20028: 

Gli autori documentano con chiarezza come forti riduzioni caloriche o digiuni riducano in modo consistente la secrezione di fT3 (l’ormone tiroideo) e incrementino invece quella di rT3 (reverse T3, l’antiormone tiroideo) in modo correlato con il calo dei livelli di leptina.

Se si pensa ai deliri odierni sulle virtù terapeutiche del digiuno, viene da chiedersi che libri abbiano studiato coloro che ne propugnano i soli vantaggi. Forse, alla lezione che correlava carestia e funzione tiroidea, erano distratti.

Non trattare chi non ne ha bisogno

Le linee guida endocrinologiche americane ed europee affermano sostanzialmente lo stesso concetto: non si tratta con levotiroxina finché il TSH non supera il valore di 10 mUI/L. Esaminiamole singolarmente.

Le linee guida americane (9) spiegano che in assenza di condizioni specifiche (età del paziente, comorbilità, gravidanza, entità dei sintomi ecc.) è idealmente possibile attendere fino a un TSH di 10 mUI/L prima di suggerire in modo inequivocabile l’utilizzo della terapia sostitutiva ormonale.

Le linee guida europee (10) consigliano di non somministrare levotiroxina per valori di TSH < 10 mUI/L; per valori di TSH > 10 mUI/L nel paziente anziano, la somministrazione di T4 è riservata ai sintomatici o ai soggetti a elevato rischio cardiovascolare.

Entrambe le linee guida riportano inoltre che l’eventuale somministrazione di levotiroxina a pazienti con TSH < 10 mUI/L e fT4 nel range può provocare ipertiroidismo iatrogeno, che è un effetto collaterale molto più grave rispetto, per esempio, a un lieve ipotiroidismo clinico non curato.

Trattare un ipotiroidismo subclinico (cioè asintomatico) deve dunque essere considerato del tutto scorretto. 

Eppure un gran numero di medici di medicina generale e di endocrinologi prescrive immediatamente levotiroxina a pazienti normo-T3 con TSH a 6 o 7 mUI/L. Sbagliano ed espongono i pazienti a un inutile rischio.

Qualche tempo fa una signora mi ha scritto un’email chiedendo consiglio. Aveva ricevuto la prescrizione di 50 μg di levotiroxina dal suo curante per un TSH di 6,86 mUI/L. Le risposi che per discutere l’opportunità di una prescrizione avrei dovuto vederla di persona e visitarla.

Tuttavia le consigliai anche di scrivere al curante (allegando le due fonti bibliografiche citate) chiedendo per quale motivo avesse ritenuto opportuno prescriverle un farmaco in spregio alle linee guida endocrinologiche oggi in uso.

Ricordiamoci che un medico, di fronte all’individualità di un caso clinico, ha sempre il diritto di agire in relativa indipendenza dalle linee guida (sentenza della Corte di Cassazione). Diritto del paziente, però, è di chiedere spiegazioni e riceverle. Ritorneremo più avanti su questo punto.

Un farmaco potenzialmente pericoloso

Che cosa sarà mai un po’ di levotiroxina? In fondo è un ormone bioidentico. Uguale a quello prodotto dall’organismo. Quasi unavitamina”, una “caramella”… 

Queste e altre sciocchezze, riportate dai loro curanti, mi sono sentito più volte riferire da miei pazienti.

E mi sono un po’ vergognato per loro. Un importante lavoro del 2014 documenta la pericolosità della somministrazione di levotiroxina in pazienti che non ne abbiano reale bisogno (i subclinici, cioè il 93% del totale)11. 

Che qualcuno abbia frettolosamente dimenticato l’ippocratico “Primo, non nuocere”?

Sopra i settanta ..nulla

Se si pensa che la maggioranza degli individui trattati con levotiroxina è costituita da anziani, c’è da riflettere. Tutti gli addetti ai lavori sanno, o dovrebbero sapere, che l’anzianità stessa è di per sé un fattore di blando rallentamento tiroideo.

Nel 2017 un gruppo di ricerca ha voluto testare gli effetti di un trattamento sostitutivo con levotiroxina su 737 soggetti di età superiore a 65 anni, confrontati con un gruppo che assumeva un placebo (12). 

Non senza sorpresa i ricercatori hanno verificato che dopo un anno non vi era alcuna differenza né sintomatica né a livello di valori analitici tra coloro che avevano ricevuto 50 μg di levotiroxina e coloro che invece avevano ricevuto il placebo.

La conoscenza di questi importanti lavori scientifici dimostra con chiarezza che noi medici di segnale, quando riusciamo a fare ciò che nessun altro medico fa (ovvero la deprescrizione della levotiroxina o la negativizzazione degli autoanticorpi), non compiamo miracoli.

Semplicemente facciamo uso di scienza e coscienza senza trascurare nessuna possibile via di cura della persona nel suo insieme (dalla fisioterapia alla psicoterapia, dall’alimentazione al movimento fisico) e basandoci su solidi supporti scientifici.

Questo significa che deprescrivere l’ormone sostitutivo o negativizzare gli autoanticorpi è teoricamente alla portata di ogni medico. Studiare come applicare questa possibilità – magari attraverso il percorso di formazione alla Medicina di Segnale – potrebbe presto diventare necessario per tutti.

Bibliografia: Medicina di Segnale

9 Garber JR, Cobin RH, Gharib H, Hennessey JV, Klein I, Mechanick JI, et al; American Association of Clinical Endocrinologists and American Thyroid Association Taskforce on Hypothyroidism in Adults. Clinical practice guidelines for hypothyroidism in adults: Cosponsored by the American Association of Clinical Endocrinologists and the American Thyroid Association. Cit.

10 http://www.eurothyroid.com/guidelines/eta_guidelines.html

11 Taylor PN, Iqbal A, Minassian C, Sayers A, Draman MS, Greenwood R, et al. Falling threshold for treatment of borderline elevated thyrotropin levels-balancing benefits and risks: Evidence from a large community-based study. Cit.

Monica Brignolo
Monica Brignolo
Asti
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