I reni

L'uomo perfetto è androgino, ovvero ha fuso nella sua anima gli aspetti maschili e quelli femminili (matrimonio chimico o alchemico).

Nel corpo umano i reni rappresentano la socialità

Quando ci sono problemi coi reni, bisognerebbe porsi queste domande:

1. Quali problemi ho nei rapporti col prossimo?
2. Tendo a fissarmi nella proiezione e a ritenere che i difetti del mio partner siano problemi soltanto suoi?
3. Trascuro di scoprire me stesso in tutti i comportamenti del mio partner?
4. Resto legato a vecchi problemi e impedisco in questo modo il flusso dell’evoluzione?
5. A quali salti vuole in realtà indurmi il mio calcolo renale?

Nel corpo umano i reni rappresentano la socialità. Dolore ai reni e malattie renali si presentano sempre quando ci sono dei conflitti da questi punti di vista. Con socialità intendiamo qui non sessualità, ma in linea generale il modo in cui si affrontano i rapporti col prossimo. Il modo specifico in cui una persona ne incontra un’altra si rivela nella maniera più chiara nella vita di coppia, però è trasferibile a ogni altro tipo di rapporto. Per capire meglio il rapporto tra i reni e la sodala può essere utile considerare più da vicino i retroscena psicologici del contatto interpersonale.

La polarità della nostra coscienza fa si che noi non siamo consapevoli della nostra completezza, ma ci identifichiamo sempre con un aspetto di ciò che è. La via dell’uomo è quella che porta a una maggior consapevolezza. L’uomo è costantemente costretto a rendere consapevoli lati di ombra finora inconsci e a integrarli nella propria identificazione. Questo processo di apprendimento non può finire finché noi non possederemo una coscienza perfetta – finché non saremo ” sani “. Questa unità abbraccia tutta la polarità nella sua completezza e unità, quindi anche l’aspetto maschile e quello femminile.

L’uomo perfetto è androgino, ovvero ha fuso nella sua anima gli aspetti maschili e quelli femminili (matrimonio chimico o alchemico). La situazione androgina non deve essere confusa con l’ermafroditismo: è ovvio che l’androginità si riferisce al piano psichico, il corpo conserva il suo sesso

La coscienza però non si identifica più con esso (come un bambino piccolo, che ha un sesso corporeo, però non si identifica con esso). Lo scopo dell’androginità trova la sua espressione esteriore anche nel celibato e nel vestiario dei preti e dei monaci.

Essere uomo significa identificarsi col polo maschile dell’anima, mentre la parte femminile scivola automaticamente nell’ombra; essere donna significa identificarsi col polo femminile dell’anima, mentre il polo maschile scivola nell’ombra. 

È nostro compito prendere coscienza della nostra ombra. Questo possiamo farlo soltanto attraverso la proiezione. Dobbiamo cercare e trovare quello che ci manca attraverso il trucco della proiezione esterna, mentre in realtà tutto è sempre dentro di noi.

alchimia

Questo in un primo momento sembra paradossale e forse perciò viene capito di rado. Del resto la conoscenza richiede la separazione di soggetto e oggetto. L’occhio per esempio può vedere, ma non può vedere se stesso – per farlo ha bisogno della proiezione su una superficie a specchio.

Solo in questo modo si può conoscere se stessi. Nella stessa situazione siamo noi esseri umani. L’uomo può prendere coscienza della parte femminile della propria anima (C.G. Jung la chiama Anima) soltanto attraverso la proiezione su una donna concreta – e la stessa cosa, rovesciata, vale per la donna. 

Noi possiamo immaginarci un’ombra soltanto a diversi strati o livelli. Esistono livelli molto profondi dei quali abbiamo molta paura – ed esistono livelli vicini alla superficie che aspettano di essere elaborati e resi consapevoli.

Consulenza

Se ora incontro una persona che vive a un livello che in me si trova nella zona superiore dell’ombra, io me ne innamoro. Mi innamoro dell’altra persona o anche della mia zona d’ombra – in fondo si tratta della stessa cosa.

Quello che noi amiamo o odiamo nell’altro, in fondo é sempre dentro di noi. Parliamo di amore quando un altro flette una zona d’ombra che noi ameremmo rendere consapevoli dentro di noi, e parliamo invece di odio quando qualcuno riflette un livello molto profondo della nostra ombra, un livello che non vorremmo incontrare in noi.

Troviamo attraente l’altro sesso perché ci manca. Spesso ne abbiamo paura perché per noi rappresenta l’inconscio. L’incontro con un partner è l’incontro con l’aspetto inconscio della nostra anima. 

Se questo meccanismo del riflesso delle proprie zone d’ombra nell’altro è chiaro, tutti i problemi del partner vengono visti in nuova luce. Tutte le difficoltà che abbiamo col nostro partner sono difficoltà che abbiamo con noi stessi.

libertà

Il nostro rapporto col nostro inconscio è sempre ambivalente – l’inconscio ci stimola, e noi ne abbiamo paura.

Altrettanto ambivalente è in genere il nostro rapporto col nostro partner – noi lo amiamo e lo odiamo, lo vogliamo possedere completamente però vorremmo anche liberarcene, lo troviamo meraviglioso e spaventoso.

In tutte le attività e in tutti i contrasti che costituiscono un rapporto a due, noi abbiamo sempre a che fare con la nostra ombra. Per questo sono sempre persone relativamente diverse quelle che si mettono insieme.

Gli opposti si attirano – questo lo sanno tutti, e tuttavia ci si continua a meravigliare del fatto che ” proprio quei due lì, che non sono per niente adatti l’uno all’altro, si siano messi insieme “.

In realtà più grandi sono i contrasti, più le persone si attirano, perché ognuno ama l’ombra dell’altro, o – per esprimerlo in altri termini – ognuno fa si che la propria ombra viva del partner.

Il rapporto tra due persone molto simili non è pericoloso e risulta anche più comodo, però non contribuisce molto all’evoluzione dei due: nell’altro si rispecchia soltanto il proprio lato conscio – e questo è semplice e noioso.

Ci si trova reciprocamente meravigliosi e si Proietta l’ombra comune sul resto del mondo, che poi di comune accordo si evita. Utili in un rapporto sono soltanto i contrasti, perché soltanto lavorando con la propria ombra rappresentata dall’altro ci si avvicina di più a se stessi. In questo modo dovrebbe risultare chiaro il fatto che il fine ultimo di questo nostro lavoro consiste nel raggiungimento della propria completezza.

Nel caso ideale, alla fine di un rapporto dovrebbero trovarsi due persone che sono diventate intere in se stesse o meno più integre, avendo illuminato i propri lati d’ombra inconsci integrandoli alla propria coscienza. Alla fine quindi non troviamo più la coppia innamorata di colombi, nessuno dei quali può vivere senza l’altro.

La pretesa di non poter vivere senza l’altro mostra semplicemente che uno per comodità (o viltà) utilizza l’altro per far vivere la propria ombra, senza neppure tentare di elaborare e recuperare la proiezione. In questi casi (e si tratta della maggioranza!), uno dei due partner non consente all’altro di evolversi, perché, se così fosse, i ruoli assegnati sarebbero messi in discussione. Se uno fa una psicoterapia, non di rado il partner si lamenta che l’altro sia tanto cambiato… (“Volevamo soltanto far sparire il sintomo! “).

Un rapporto a due ha raggiunto il suo scopo quando non si ha più bisogno del partner. Solo in un caso del genere la promessa dell'” eterno amore ” può essere considerata seria. L’amore è un atto consapevole e significa aprire la propria coscienza a ciò che si ama, per unirsi ad esso.

Questo avviene se si accoglie nella propria anima tutto ciò che il partner rappresentava, o, se vogliamo esprimerlo in altro modo, quando si sono recuperate tutte le proiezioni e ci si è uniti con esse. In questo modo la persona vista come piano proiettivo si è svuotata (da attrazione e repulsione) e l’amore è diventato eterno, cioè indipendente dal tempo in quanto si è realizzato nella propria anima.

Queste considerazioni suscitano sempre paura nelle persone che con le loro proiezioni sono molto legate a tutto ciò che è materiale. 

Esse legano l’amore alle forme di manifestazione invece che ai contenuti della coscienza. Con un simile atteggiamento la caducità di tutto ciò che è terreno diviene una minaccia e allora si spera di ritrovare nell’aldilà ” i propri cari “, dimenticando che ” l’aldilà ” è sempre qui l’aldilà è ciò che esiste al di là delle forme materiali. 

amore
ballerina, sessualità,

Basta trasmutare nella coscienza tutto ciò che è visibile, e si è già al di là delle forme. Ciò che è visibile è soltanto un simbolo – perché nell’uomo le cose dovrebbero essere diverse?

Il mondo visibile deve esser reso superfluo dalla nostra vita – e questo vale anche per il nostro partner. I problemi cl sono soltanto quando due persone ” utilizzano ” in modo diverso il loro rapporto, quando cioè uno elabora e recupera le proprie proiezioni, mentre l’altro resta legato alle proiezioni. Verrà allora il momento in cui uno diventa indipendente dall’altro, mentre all’altro si spezzerà il cuore.

Se però entrambi restano legati alle proiezioni, il loro amore durerà fino alla tomba e ci sarà quindi un grande dolore perché l’altro manca. Fortunato colui che capisce che quello che si è realizzato in se stessi non può esser portato via. L’amore vuole essere uno, oppure niente.

Finché è rivolto a oggetti esteriori, non ha raggiunto il suo scopo.
È importante conoscere esattamente la struttura interiore di un rapporto a due, per poter trasferire sui reni i rapporti analogici.

Nel corpo troviamo sia organi singoli (per esempio lo stomaco, il fegato, il pancreas, la milza), che organi doppi (polmoni, testicoli, ovaie, reni). Se consideriamo gli organi doppi, si nota che tutti hanno sempre un rapporto col tema ” contatto ” e ” socialità “. I polmoni rappresentano un campo di comunicazione e contatto non impegnativo, mentre testicoli e ovaie sono organi sessuali e rappresentano la sessualità. I reni invece corrispondono alla socialità nel senso di uno stretto incontro interpersonale. Questi tre campi corrispondono del resto anche ai tre concetti che gli antichi greci avevano ideato per l’amore: philia (amicizia), eros (amore sessuale) e agape (progressivo avvicinamento all’altro fino a diventare una cosa sola).

Tutte le sostanze che il corpo assume finiscono nel sangue. I reni hanno il compito di fungere da stazione filtrante centrale. Essi devono poter riconoscere quali sostanze sono sopportabili e utilizzabili per l’organismo e quali prodotti di scarto e veleni debbano essere eliminati. Per svolgere questo difficile compito i reni hanno a disposizione diversi meccanismi, che in questa sede per semplicità ridurremo a due funzioni fondamentali: il primo momento del filtraggio funziona come un setaccio meccanico, che trattiene particelle più grandi dei fori della rete. Le dimensioni di questi pori è tale per cui la più piccola molecola di albumina viene ancora trattenuta.

si

coraggio per differenza

Il secondo momento è molto più complicato e si basa su una mescolanza di osmosi e del principio di controcorrente. L’osmosi si basa essenzialmente sull’equilibrio tra pressione e concentrazione di due liquidi separati da una membrana semipermeabile. Il principio di controcorrente fa in modo che i due liquidi a diversa concentrazione vengano sempre contrapposti, così che in caso di bisogno il rene può liberare urina ad alta concentrazione (per esempio l’urina del mattino). Questo equilibrio osmotico fa si che il corpo trattenga sali di importanza vitale, cosa da cui fra l’altro dipende l’equilibrio acido-basico.

A chi è profano in materia di medicina sfugge per lo più l’importanza di questo equilibrio, da cui dipendono tutte le reazioni biochimiche (energia fisica, sintesi dell’albumina). Il sangue si mantiene a metà esatta tra acido e basico, tra Yin e Yang. Analogamente ogni rapporto a due consiste nel tentativo di portare a un equilibrio armonico i due poli, quello maschile (Yang, acido) e quello femminile (Yin, basico). Come i reni si occupano di garantire l’equilibrio acido-basico, così il rapporto a due tende a far si che attraverso il legame con una persona, che vive l’ombra dell’altra, si tenda alla globalità e all’unità. In questo l’altra metà (o la ” migliore ” metà) compensa col suo modo di essere ciò che manca all’altra.

Vita Bellezza Stupore Coraggio 

Il pericolo maggiore in un rapporto a due è comunque sempre il convincimento che comportamenti problematici e disturbanti siano dovuti unicamente all’altro e non abbiano niente a che vedere con me. In questo caso si resta fissati nella proiezione e non si prende atto della necessità e dell’utilità di elaborare e trasformare i lati di ombra riflessi dal partner per crescere e maturare attraverso l’acquisizione di questa consapevolezza. Se questo errore si somatizza, anche i reni lasciano che sostanze vitali (albumina, sali) passino i sistemi di filtraggio e perdano in questo modo componenti essenziali alla propria evoluzione (come per esempio nella nefrite). Perdono anche la capacità di riconoscere come proprie sostanze importanti, come la psiche che non riconosce come propri importanti problemi e li lascia quindi all’altro.

Come l’uomo deve riconoscersi nel partner, così anche i reni hanno bisogno di riconoscere l’importanza delle sostanze ” estranee “ che vengono da fuori e che sono essenziali per il proprio funzionamento e la propria evoluzione. Quanto sia forte il rapporto tra i reni e il tema della ” socialità ” e della ” capacità di contatto ” si può capire anche da certe abitudini della vita quotidiana. In tutte le occasioni in cui si riuniscono delle persone con l’intenzione di prendere contatto tra di loro, il bere ha un ruolo importanza primaria. Questo non stupisce, in quanto il ber stimola il rene, che è organo di contatto, e quindi anche capacità psicologica di effettuare questo contatto. Il contatto viene ancora più stretto quando si brinda coi bicchieri e boccali pieni. Brindando si può tentare un approccio senza rischiare di infastidire.

Non smettere di cercarti per ricordare chi sei

Anche il passaggio dal ” lei ” al ” tu ” quasi sempre legato al rituale del bere. Il contatto interpersonale sarebbe quasi impensabile senza qualcosa da bere comune, sia che si tratti di un party, di una cena o di una festa popolare; in tutte queste occasioni il bere induce a farsi coraggio per avvicinarsi di più all’altro. 

Chi non beve o beve poco mostra che non vuole stimolare i suoi organi di contatto e preferisce mantenere le distanze. In tutte queste occasioni si preferiscono bevande fortemente diuretiche che stimolano i reni in misura particolare, come caffè, tè e alcool. (Subito dopo il bere, è importante per il rapporto sociale il fumo.

Il fumo stimola l’altro nostro organo di contatto, i polmoni. È noto a tutti che in società si fuma molto più di quando si è soli). Chi beve molto, mostra in questo modo il suo desiderio di contatto – c’è però il pericolo che si fermi al livello della soddisfazione sostitutiva.

Respirazione

I calcoli renali si formano per degenerazione e cristallizzazione di certe sostanze presenti in eccedenza nelle urine (acidi urici, fosfato di calcio, ossalato di calcio).

Oltre alle condizioni ambientali che hanno un ruolo importante, il pericolo dei calcoli è strettamente correlato alla quantità di liquido che uno beve: una grande quantità di liquido diminuisce la concentrazione di una sostanza e aumenta la sua solubilità. Se tuttavia si forma un calcolo, questo interrompe il passaggio e può portare a una colica.

La colica è un valido tentativo del corpo di espellere il calcolo attraverso i movimenti peristaltici del condotto urinario. Questo processo è dolorosissimo e paragonabile a un parto. Il dolore tipico della colica porta a un’estrema irrequietezza e a un forte bisogno di movimento.

Se la colica non è sufficiente a eliminare il calcolo, il medico sollecita il paziente a fare anche dei salti per smuoverlo. Inoltre varie terapie (distensione, calore e abbondante assunzione di liquidi) cercano di accelerare la fuoruscita del calcolo.

Le corrispondenze sul piano psichico sono facili da vedere, calcolo consiste di sostanze che in realtà avrebbero dovuto essere eliminate in quanto non possono più contribuire allo viluppo e al benessere del corpo. 

Questo corrisponde all’accularsi di temi dei quali già da molto tempo ci si sarebbe voluti liberare in quanto non possono più essere utili allo scopo. Se però si permane presso tematiche non importanti già vissute, si blocca l’evoluzione e si produce una sorta di diga. 

Il sintomo della colica spinge allora a quel movimento e Propriamente si voleva impedire, e il medico suggerisce al Paziente proprio la cosa giusta: i salti. Solo un salto che faccia uscire da ciò che è vecchio e superato può rimettere in moto l’evoluzione e liberare dai blocchi (calcoli).

La statistica ci dice che gli uomini si ammalano più spesso delle donne di calcoli renali. I temi “armonia” e “socialità” sono più difficilmente solubili per l’uomo che per la donna, la quale per natura è più vicina a questi principi. 

Per la donna invece il confronto aggressivo rappresenta un problema maggiore che per l’uomo, perché l’uomo è più vicino a questo principio. Statisticamente questo si manifesta nella frequenza dei calcoli alla cistifellea presso le donne, cosa di cui abbiamo già fatto cenno. 

Le misure terapeutiche messe in atto per le coliche renali descrivono già molto bene i principi che sono utili per risolvere problemi di armonia e socialità: il calore come espressione di affetto e amore, distensione come segno dell’aprirsi e rendersi disponibili, e infine l’apporto di molti liquidi, fatto che rimette tutto in movimento.

Nefrosclerosi Rene artificiale

Il punto finale di questo sviluppo è raggiunto quando tutte le funzioni renali cessano e si deve ricorrere a una macchina, il rene artificiale, che assolva a quel compito fondamentale che è il lavaggio del sangue (dialisi). Adesso questa macchina perfetta diventa il partner. E nella vita non si era stati disponibili a risolvere in maniera attiva i propri problemi con partner in carne ed ossa. Se nessun partner era sufficientemente perfetto o fidato, oppure il desiderio di libertà e indipendenza era troppo forte, si trova nel rene artificiale un partner ideale e perfetto, che senza pretese personali e necessità individuali fa fedelmente tutto quello che gli viene richiesto.

In compenso però si dipende da lui: almeno tre volte la settimana bisogna incontrarlo in clinica, oppure, nel caso che ci si possa permettere una macchina propria, si dorme notte dopo notte fedelmente al suo fianco. Non ci si può allontanare mai troppo da lui e si impara in questo modo che non esiste un partner perfetto – almeno fintanto che non si è perfetti noi stessi. 

(Thorwald Dethlefsen Rudiger Dahlke)

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