Come agisce la leptina sull’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide?
A livello centrale diminuisce la sintesi degli ormoni oressizzanti NPY (neuro peptide ipotalamico) e AgRP (Agouti-Related Peptide). NPY, AgRP e pro-opiomelanocortina (ormone anoressizzante, quest’ultimo) sono tutti sintetizzati dal nucleo arcuato dell’ipotalamo, cha ha afferenze dirette sui nuclei paraventricolari ipotalamici secernenti l’ormone di rilascio della tireotropina (TRH).
L’acuta diminuzione della leptina conseguente a digiuno o a diete ipocaloriche comporta quindi un aumento di NPY e AgRP, da cui l’inibizione dell’asse tiroideo. Inoltre il digiuno diminuisce la deiodazione di T4 a T3 e aumenta quella di rT3, consentendo così un rallentamento del metabolismo. In definitiva la corretta sintesi di leptina comunica all’ipotalamo “mangia meno e consuma di più”.
Insulina
L’insulina agisce in maniera identica alla leptina sia a livello centrale sia a livello periferico. Leptina e insulina sono due ormoni fortemente stimolati dall’assunzione di cibo: ciò ne sottolinea l’importanza per una corretta funzione tiroidea.
Altri interferenti ormonali e neuroendocrini Gli estrogeni aumentano la sintesi della globulina legante la tiroxina (TBG), inoltre aumentano la sensibilità ipofisaria al TRH, da cui un effetto permissivo estrogenico sulla liberazione di TSH.
A livello periferico estradiolo e progesterone inibiscono le desiodasi 1 e 2, mentre il testosterone ha un effetto opposto. La dopamina è un potente inibitore degli ormoni tiroidei e agisce direttamente sulla secrezione di TRH. Ormone della crescita, melatonina, DHEA e testosterone favoriscono la funzione dell’asse tiroideo.
Cortisolo
Cortisolo e ormoni tiroidei lavorano insieme nell’attivazione dell’espressione genica delle cellule “come due chiavi che aprono una cassaforte”. A livello centrale i glucocorticoidi agiscono direttamente su ipotalamo e ipofisi (si ricordi che il cortisolo determina rilascio di dopamina).
A livello periferico interferiscono con l’attività delle desiodasi. È evidente che la produzione di cortisolo, conseguente ai cali glicemici dopo pasti troppo ricchi in carboidrati, causa un’inibizione tiroidea che, se protratta nel tempo e reiterata da abitudini alimentari scorrette, diventa responsabile di ipotiroidismo “alimentare”.
A dosi fisiologiche il cortisolo ha azione modulante, tale per cui favorisce la conversione di T4 in T3 in caso di ridotta funzione tiroidea o, viceversa, la deprime in caso di iperattività; lievi carenze di cortisolo favoriscono infatti la conversione.
Tuttavia a concentrazioni elevate (terapie farmacologiche, stress fisico o psichico intenso e prolungato, attività sportive eccessivamente impegnative, dieta troppo ricca di carboidrati, gravidanza) deprime la funzione tiroidea attraverso il rallentato rilascio di TSH e il deficit nella conversione periferica di T4 in T3.
La depressione è spesso associata a elevati livelli di glucocorticoidi e bassi livelli di T3.
Infine a concentrazioni basse (fatica surrenalica) il cortisolo deprime la funzione tiroidea, sempre attraverso una diminuita sensibilità dei recettori periferici agli ormoni tiroidei, oltre che attraverso una diminuzione di TSH. Ipotiroidismo e fatica surrenalica si associano nell’80% dei casi e si aggravano vicendevolmente. Spesso si assiste all’alternanza di tre quadri ormonali consequenziali.
Stress, frenesia e infiammazione innescano il primo quadro endocrinologico:
- fase di allarme, si innalzano i livelli sia di cortisolo sia di ormoni steroidei sessuali (DHEA). Da questa prima fase si passa alla successiva;
- fase di resistenza, caratterizzata da livelli alti di cortisolo e bassi di DHEA. Qui il colesterolo e il pregnenolone vengono sottratti alla sintesi di ormoni steroidei per garantire quella di glucocorticoidi.
- In alcuni soggetti ciò è responsabile di andropausa precoce e diminuita fertilità femminile; infine, se la situazione di stress perdura, si passa alla successiva fase di esaurimento in cui cortisolo e DHEA sono entrambi bassi.
- Si parla infatti di esaurimento o fatica surrenalica che espone il soggetto che ne soffre a un deficit reattivo immunologico e adattativo.
Citochine infiammatorie
Le citochine infiammatorie, in particolare IL1, IL6 e TNF-α, agiscono come inibitori sia diretti sia indiretti stimolando la sintesi di cortisolo o antagonizzando il segnale leptinico (antagonisti recettoriali). Infatti i recettori per le citochine e la leptina appartengono tutti alla medesima superfamiglia.
Visfatina La visfatina ha effetti centrali e periferici (diminuzione di TRH, aumentodi attività della desiodasi 3, diminuzione di attività delle desiodasi 1 e 2).
Altri fattori
La carenza di iodio può causare:
- nel feto: aborto, mortalità perinatale, anomalie congenite, cretinismo mixedematoso (nanismo, deficienza mentale), cretinismo neurologico (deficienza mentale, sordomutismo, strabismo);
- nel neonato: gozzo neonatale, ipotiroidismo. La carenza di selenio causa invece una riduzione nella formazione di T3.
Il digiuno prolungato o la dieta ipocalorica interferiscono con la funzione tiroidea inibendola attraverso i seguenti meccanismi: diminuzione leptinica e diminuzione dell’ATP intracellulare (che serve sia per il trasporto di membrana degli ormoni, fra cui quelli tiroidei, sia a soddisfare il fabbisogno energetico).
Ne consegue un’inibizione delle desiodasi, che sono fortemente stimolate normalmente sia dalla leptina sia dall’insulina, e contemporaneamente si assiste a un aumento degli ormoni glucocorticoidi e degli acidi grassi liberi (FFA) circolanti.
Questi ultimi competono con gli ormoni tiroidei accaparrandosi le proteine di trasporto (TBG, albumina, transiterina) ma competono anche per il legame con quelli intracellulari, da cui una riduzione della quantità di T4 e T3 che penetra nella cellula.
Ciò spiega l’effetto negativo di digiuno, restrizione calorica e situazioni di obesità centrale, tutte accomunate da un aumento degli FFA circolanti.
Le funzioni degli ormoni tiroidei
Il T3 libero (fT3) influenza l’attività di particolari recettori nucleari (della stessa famiglia dei PPAR) regolando funzione e replicazione di geni coinvolti in vari processi (metabolismo basale, dei grassi, dei carboidrati) e molteplici funzioni cellulari che rendono ragione dei differenti sintomi che si accompagnano alle malattie tiroidee.
- Stimolazione del metabolismo basale: fT3 favorisce la mobilizzazione dei grassi, la captazione del glucosio (glicogenolisi e gluconeogenesi), l’anabolismo proteico (mediato da GH e melatonina).
Regola la produzione di ormoni e la risposta catecolaminica, aumenta il consumo di ossigeno e incrementa la produzione di calore (effetto calorigeno) attraverso il disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa che avviene mediante la sintesi di proteine specifiche (Uncoupling Protein, UCP).
- Controllo dello sviluppo e della crescita degli organismi:
gli ormoni tiroidei non stimolano solo il metabolismo ma in genere tutte le funzioni cellulari. Ottimizzano le funzioni dell’apparato cardiovascolare (aumento della capacità contrattile del miocardio e riduzione della pressione arteriosa diastolica), del sistema immunitario (con efficiente difesa contro le infezioni), del fegato (nonché la sensibilità periferica all’insulina, da cui una riduzione sia dei livelli di colesterolo sia della massa grassa), del sistema nervoso (attivazione della concentrazione e della memoria, ritmo sonno-veglia), dell’apparato dermopilifero (elasticità della pelle, crescita di capelli e unghie), dell’apparato digerente (regolazione del transito intestinale), dell’apparato riproduttivo (fertilità e adeguata produzione ormonale).
Non si dimentichi che gli ormoni tiroidei in dosi fisiologiche agevolano altre funzioni ormonali come quelle svolte da leptina, insulina, GH, DHEA e dagli ormoni sessuali. Inibiscono invece quelle svolte dalla melatonina e dal cortisolo, di cui aumentano il catabolismo.
Alcuni studi hanno evidenziato come una tiroide iporeattiva si associ a un aumento dei marker infiammatori, a un aumento della resistenza insulinica e a una diminuita produzione di GH.
Bibliografia: Basi Cliniche Medina di Segnale