Da che è nata l’agricoltura, l’uomo ha incominciato a forzare il proprio ambiente naturale per produrre, ad esempio, grano, riso, patate, alberi da frutto invece che erbe spontanee e cespugli selvatici.
Non che questi ultimi non dessero un po’ di nutrimento, ma fare conto su ampie superfici di terreni coltivati ha consentito all’uomo maggiore natalità, ricchezza, espansione. Lo stesso fanno i batteri del nostro intestino. Che però non sanno usare trattori e sementi.
Usano ciò di cui dispongono (le proteine che assumiamo con il cibo) per produrre peptidi in grado di agire come neurotrasmettitori in grado di influenzare i nostro cervello a ricercare esattamente quegli alimenti che fanno gioco alle specie batteriche in oggetto.
I mezzi utilizzati sono di due tipi: da un lato vengono prodotti peptidi che inducono desiderio di cibi con le caratteristiche più appropriate (salati, zuccherati, amilacei, proteici), dall’altro vengono prodotti peptidi in grado di interagire con i centri del piacere, stimolando così un desiderio specifico di consumo di quell’alimento (è il caso delle cosiddette caseomorfine, derivate dalla caseina di latte e formaggi o delle glutinomorfine, derivate dal frumento, da tempo identificate).
Se io consumo frumento e i miei batteri producono glutinomorfine in grado di stimolare i miei sensi del piacere, il mio cervello continuerà a cercare frumento, ogni giorno, e non sarà in grado di apprezzare magari altre sostanze presenti nella quinoa, nel grano saraceno, nei fagioli.
Il microbiota si è infatti selezionato nel tempo sulla base anche delle abitudini alimentari di un gruppo specifico di individui (la trasmissione dei germi della madre avviene infatti – con l’esclusione dei parti cesarei – attraverso il contatto del bimbo sterile con le mucose vaginali).
Niente di più facile dunque che l’intestino dei cinesi sviluppi peptidi derivati dalle proteine del riso e della soja e quello degli eschimesi da proteine ottenute da carni di foca. Non esiste il cibo perfetto per tutti, ma quello coerente con l’equilibrio microbico intestinale in essere.
Il meccanismo non è così strano o sconosciuto: basti pensare al virus della rabbia, che induce l’invio di peptidi segnale al cervello in grado di stimolare i cani a mordere, trasmettendo così ad altri animali il virus. Perché virus e batteri intestinali non dovrebbero essere in grado di fare lo stesso?
Recenti ricerche hanno anche evidenziato alcuni ceppi batterici in grado di indurre indirettamente ingrassamento o, al contrario, di favorire il mantenimento di un peso forma. I meccanismi possono essere diversi.
Un’abbondanza di Firmicutes (batteri specializzati in una molto efficiente demolizione degli amidi), per esempio, favorisce un’estrazione molto abbondante di zuccheri da cibi non particolarmente digeribili.
Che ciò sia stato utile in epoche remote quando il cibo disponibile era molto fibroso o indigeribile, nessuno lo mette in dubbio. Oggi un’abbondanza di queste specie (o un rapporto sfavorevole tra Firmicutes e Bacteroides) può generare un indesiderato accumulo di calorie.
Altre specie invece possono stimolare ad un iper consumo di alcuni alimenti ingrassanti, ed altri ancora generare peptidi che inducono piacere e dipendenza nei confronti di pizze, cioccolati, pastasciutte, salumi e così via.
Pare evidente dunque la necessità di tenere sotto controllo queste specie con altre (come ad esempio Bacteroides, Prevotella, Lactobacillus, Bifidobacterium) in grado sia di controllare le specie meno favorevoli sia, a loro volta, di produrre peptidi (o acidi grassi a catena corta) che ci inducano comportamenti alimentari più sani.
Liberarsi dai cravings alimentari e dalla fame nervosa risulterà difficile o impossibile se prima non metteremo a posto il nostro intestino.
Francesco Ciani Naturopata di Segnale
Bibliografia: Basi Cliniche di Medicina di Segnale