Le cellule staminali
Il ruolo dell’asse intestino cervello nell’oncologia.
Anche nell’oncologia l’efficacia terapeutica è simile a quella delle patologie autoimmuni e neurologiche.
I grandi progressi in questo settore sono principalmente chirurgici e preventivi, mentre per quanto riguarda le terapie occorre distinguere, anche in questo caso, tra i risultati degli studi clinici controllati sponsorizzati, e quelli ottenuti da valutazioni retrospettive.
I processi tumorali sono caratterizzati da una degenerazione cellulare, ovvero un aumento della velocità di duplicazione della cellula che è stata danneggiata.
L’obbiettivo della medicina convenzionale è quello di studiare questi processi, individuare fasi importanti su cui intervenire per arrestarli.
La degenerazione cellulare è considerata, quindi, la causa dei tumori, ed è riferita come dovuta a cellule impazzite, in analogia del sistema immunitario impazzito che attacca se stesso nelle patologie autoimmuni.
Mi ricordo una striscia di Charlie Brown che, alzandosi dal letto prima di una partita di baseball, stava attento a scendere prima con il piede destro, in quanto ogni giocatore ha le sue superstizioni.
Poi, ricordandosi di non avere mai vinto una partita, si chiede se non fosse stato meglio scendere con il piede sinistro.
La medicina, invece, persevera.
Iniziamo dall’inizio: la vita sulla Terra si è, molto probabilmente, formata grazie all’enorme energia messa a disposizione da reattori nucleari ancora vicini alla sua superficie.
Quello che crea distrugge, così per sopravvivere le prime forme di vita hanno dovuto imparare a riparare il proprio DNA dai danni provocati dall’elevata radiazione.
Sicuramente il numero di specie che si sono estinte è enormemente superiore a quelle sopravvissute. Nel periodo Cambriano la formazione di una atmosfera ricca di ossigeno ha peggiorato la tossicità dell’ambiente aumentando la formazione di radicali liberi, anch’essi responsabili di danneggiare il DNA.
Pertanto, per sopravvivere, si sono dovuti sviluppare e potenziare i meccanismi in grado di riparare tali danni. Questo concetto è molto importante in quanto esprime come la sopravvivenza sia legata alla capacità di combattere e di riparare i danni, non alla capacità di evitare gli agenti patogeni.
Per sopravvivere alla tossicità dell’ambiente, tutte le specie sopravvissute hanno dovuto imparare a riparare velocemente il loro DNA, infatti identici meccanismi sono comuni in specie molto diverse:
dall’uomo agli insetti, anche se gli organismi con genoma complesso presentano una maggiore capacità difensiva. L’uomo è sopravvissuto fino ad oggi grazie alla sua capacità di riparare i danni arrecati sia dall’attività metabolica, ma soprattutto dai fattori ambientali come radiazioni elettromagnetiche e ossigeno.
Oggi ci sono persone che combattano contro i mulini a vento additando come causa di tumori l’esposizione ai campi elettromagnetici prodotti dall’uomo, come dagli elettrodomestici, telefonini inclusi, o addirittura dalla semplice corrente elettrica alternata.
Queste sono briciole rispetto all’energia elettromagnetica, quindi di natura oscillatoria, che proviene dall’Universo.
Nella loro profonda ignoranza arrivano a sostenere che i campi magnetici associati alla corrente elettrica alternata sono pericolosi in quanto “inventati” dall’uomo, non esistenti in Natura. Non sanno che tutte le radiazioni che arrivano dallo spazio, molte con energie notevolmente superiori a quelle della corrente alternata prodotta dall’uomo, hanno un campo magnetico oscillante associato.
Equivale ad essere in un’isola e difendere una costa da un mare calmo, mentre sulle altre coste c’è un enorme Tsunami. Lo Tsunami al quale siamo continuamente esposti provoca 500 mila lesioni molecolari per cellula al giorno! (1)
Il processo di riparazione del DNA deve essere quindi molto intenso e continuo, se fallisce la cellula può andare in uno stato di dormienza irreversibile, quindi le viene impedito di duplicarsi,oppure seguire un programma di morte cellulare detta apoptosi.
Se anche questa strada fallisce si ha la carcinogenesi.
È noto che l’invecchiamento cellulare riduce la capacità di riparare il DNA, ma, dato che è sempre difficile capire se è nato prima l’uovo o la gallina, potrebbe essere vero l’inverso:studi su organismi semplici come lieviti o vermi, hanno mostrato che alcuni geni influenzano la durata della vita, se modificati la possono anche raddoppiare.
Le funzioni cellulari riportate per questi geni sono differenti dalla riparazione del DNA, ma è riportato che aumentano la velocità di riparazione, aumentano la produzione di antiossidanti, diminuiscono la produzione di ossidanti.
Come sempre l’uomo ha dato poca importanza alle sue potenti capacità endogene di difendersi, si illude di potersi curarsi assumendo oralmente antiossidanti senza considerare minimamente il tratto gastro-intestinale, quando la stessa longevità dipende, a monte, dalla velocità di riparare il DNA. Ancora una volta l’animale uomo ha affidato alla flora batterica il compito di produrre molecole in grado di riparare il DNA. (3,4)
Queste “sartine” sono in grado di percorre il filamento del DNA
riconoscere una alterazione e porvi rimedio in diversi modi. È inoltre riportato che una restrizione calorica aumenta la longevità.
L’intestino è in grado di rilevare i nutrienti e, in particolare in caso di carenza di carboidrati, alcuni geni inviano un segnale alle cellule di ridurre l’attività metabolica, con lo scopo di preservare i carboidrati per il nutrimento cerebrale.
La riduzione dell’attività metabolica corrisponde ad una riduzione dell’instabilità genomica.
Pertanto i processi di invecchiamento cellulare dipendono in qualche modo dalla velocità di riparazione del DNA cellulare e sono modulati dai nutrienti e da fattori ambientali.
Si comprende così il ruolo della dieta chetogenica, della curcumina e dell’alfa-lattoalbumina anche nei processi tumorali. Abbiamo visto come la riparazione del DNA non sia l’unico meccanismo protettivo cellulare, se fallisce viene stimolata la morte per apoptosi.
Questa è controllata dal triptofano (5), quindi una banale disbiosi intestinale, che diminuisce il livello di triptofano, decarbossilandolo a indolo e scatolo, mi diminuisce la capacità di indurre a morte per apoptosi le cellule con DNA danneggiato, che non sono stato in grado di riparare.
Solo quando non si è in grado di riparare il DNA e non si è in grado di indurre la morte per apoptosi, la cellula con DNA danneggiato può andare verso una proliferazione incontrollata, definita carcinogenesi.
La proliferazione cellulare e la morte cellulare per apoptosi si compensano per mantenere circa costante il numero di cellule. Ogni giorno muoiono per apoptosi 50-70 miliardi di cellule, se la morte per apoptosi è più lenta della proliferazione si ha la formazione di un tumore.
Il tumore è, quindi, un danno genetico che produce una proliferazione incontrollata, superiore alla capacità di indurre morte per apoptosi.
Non si comprende il motivo per cui la medicina convenzionale abbia solo preso inconsiderazione il tentare di limitare la proliferazione incontrollata, quando è evidente che questa rappresenti uno ultimo stadio, una fase già avanzata del processo oncogenico.
Potenziare, o meglio ripristinare, i meccanismi di riparazione del DNA e potenziare, o meglio ripristinare, la capacità di indurre la morte per apoptosi consentirebbe un intervento precoce, sicuramente da prendere in considerazione.
Dovremo porre più attenzione alle scelte effettuate dalla Natura, comprenderne la sua filosofia, per potenziare i meccanismi naturali di controllo, che nel caso dei tumori sono la riparazione del DNA e la morte per apoptosi.
Invece, spesso, ci mostriamo presuntuosi, cerchiamo di agire solo sull’anello finale, sull’ultimo sintomo, senza cercare di eliminare le cause.
Eppure la morte per apoptosi è molto importante per la salute del nostro corpo, infatti riguarda anche il controllo del sistema immunitario.
La produzione di linfociti immaturi avviene a caso, non mirata al riconoscimento di antigeni conosciuti, quindi possono essere inefficaci o dannosi a seconda se non riconoscono alcun antigene o se hanno recettori complementari a molecole endogene.
Durante la maturazione nel timo vengono eliminati per via apoptotica quelli che non sono in grado di legare antigeni estranei, che sono circa il 97% di quelli prodotti.
Risulta, quindi, evidente il ruolo dell’apoptosi anche nelle patologie autoimmuni, ma anche per queste patologie preferiamo considerare impazzito il sistema immunitario, che cerchiamo di inibire, così come per i tumori preferiamo considerare la proliferazione impazzita, che cerchiamo di contrastare.
Cerchiamo di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati.
Abbiamo molte evidenze sul ruolo del triptofano nel controllo della risposta immunitaria: nelle donne il suo livello diminuisce al momento dell’ovulazione, proprio per impedire un attacco anticorpale ad un eventuale embrione.
Quando questi ha superato certe dimensioni, il livello di triptofano, e la risposta immunitaria, può risalire, in quanto l’eventuale feto non più attaccabile.
Alla diminuzione del triptofano corrisponde una riduzione della sintesi cerebrale di serotonina, per cui si ha un aumento di irritabilità, una maggiore dolorosità, insomma tutti quei sintomi che prendono il nome di sindrome premestruale che tutti noi conosciamo, soprattutto i maschietti che hanno imparato a prendere le distanze in quella fase del mese.
La riduzione del triptofano è ottenuta mediante una alterazione della flora intestinale (disbiosi intestinale) che lo decarbossila eccessivamente in indolo e scatolo.
A differenza dell’uomo, l’intestino della donna è soggetto ciclicamente ad una alterazione della flora, se è indebolito, può snervarsi, come una molla.
A questo punto non è più in grado di ripristinare le condizioni iniziali, cade in uno stato di infiammazione cronica, che è stata definitala madre di tutte le patologie.
(Prof. Paolo Mainardi)
dal libro: Alla Ricerca dell’Una Medicina
