Cause scatenanti
L’artrite reumatoide (AR), la più classica delle malattie infiammatorie, è presente in Europa dal XVI secolo. Solo dal XVI secolo? E prima?
Non si hanno reperti fossili o scheletrici antecedenti tale periodo, o anche descrizioni, che presentino le caratteristiche di AR. Evidenze storiche indicano che l’AR è giunta in Europa tramite i conquistadores ai quali fu passata dai nativi americani.
Questo passaggio, molto probabilmente, fu possibile tramite il microbioma intestinale modificato nei conquistadores dal contatto con le popolazioni native. Cambiamenti nel microbiota commensale si manifestano non solo nell’intestino ma in tutto l’apparato digerente, soprattutto nel cavo orale.
Il batterio maggiormente presente negli studi, correlato con l’AR, è la Prevotella, a livello sia parodontale sia intestinale. La malattia parodontale ha un’alta frequenza nei malati di AR. Il microbioma, o meglio la modificazione del microbioma, è lo start della malattia.
Come sappiamo la composizione del microbioma è influenzata dalla dieta, dall’esposizione microbica, dalla genetica e dallo stato immunitario. Quando il sistema funziona, e il nostro stile di vita lo condiziona, l’immensa varietà di microbi viene sequestrata dal muco, dalle IgA e dai peptidi antimicrobici nei pressi della barriera mucosa.
Quando l’equilibrio si rompe, gli antigeni in eccesso vengono catturati dalle cellule dendritiche, dalle placche di Peyer e dai macrofagi e consegnate alle cellule APC (Antigen-Presenting Cell);
Queste determinano, con la liberazione di citochine (soprattutto IL6), una diminuita attività delle cellule T regolatorie (T-reg) e l’attivazione dei T-helper 17 (Th17), con attivazione di plasmacellule e produzione di anticorpi come il fattore reumatoide (FR).
I cambiamenti nutrizionali, per esempio per terapie antimicrobiche, sembrano esercitare un impatto sia sul microbiota intestinale sia sulle risposte immunitarie locali e sistemiche che contribuiscono alla colite autoimmune o all’artrite.
La dieta ha un forte effetto sul mantenimento del microbiota gastrointestinale e sulla disponibilità di metaboliti necessari per la funzione delle cellule immunitarie. La colite è stata ridotta in modelli murini mediante la somministrazione di una dieta ricca in grassi.
Studi recenti affrontano la relazione tra dieta e disturbi auto infiammatori esaminando topi geneticamente modificati1: questi animali sviluppano spontaneamente un’osteomielite simile all’osteomielite cronica multifocale ricorrente negli esseri umani; sembra, ancora una volta, che la malattia sia innescata da diete non corrette con alterazione del microbioma.
Topi sottoposti a diete ricche in grassi e colesterolo sono risultati protetti contro l’erosione e l’infiammazione ossea, con bassi livelli intestinali di Prevotella. Una dieta normale ha invece indotto artrite, con alti livelli di Prevotella.
Il meccanismo d’azione sembra essere legato all’interleuchina IL1. Una riduzione dell’espressione pro-IL1 è stata inoltre osservata in seguito a trattamento antimicrobico e nei topi wild-type mantenuti in condizioni prive di germi.
Questo induce a pensare che la combinazione tra geni e stile di vita possa essere determinante nello sviluppo delle malattie autoimmuni. Alla fine l’epigenetica – con tutto quello che concerne cambiamenti ambientali, stile di vita, dieta, terapie antimicrobiche – entra in gioco con l’alterazione del microbiota nell’indurre la malattia.
Tornando all’AR, il sesso femminile è maggiormente colpito rispetto al sesso maschile (rapporto 4:1). Ne è interessato lo 0,6% della popolazione, con incidenza massima tra la quarta e la quinta decade di vita. Come già detto, la malattia si innesca su un terreno genetico favorevole.
Su questo terreno si attiva un’alterata risposta del sistema T-helper e oggi sappiamo soprattutto che i Th17 sotto eccesso di stimolo antigenico, per probabile alterazione del microbiota intestinale, determinano la produzione di anticorpi come il FR o gli anticorpi antipeptidi citrullinati ciclici (ACCP) che dopo un intervallo di tempo variabile vanno a colpire le articolazioni, e non solo.
Che cosa è la citrullinazione?
Questo dato evidenzia che esiste un lasso di tempo, anche di qualche anno, in cui si ha positività del FR o degli anticorpi anticitrullina senza avere ancora sviluppato la malattia.
La citrullinazione è un processo di deamminazione indotto da enzimi della famiglia PAD (peptidilarginina-deamminasi) che determinano la conversione idrolitica da peptidilarginina a peptidilcitrullina.
Il processo di citrullinazione si enfatizza in situazioni di stimolo immunitario o batterico; vi sono batteri che presentano una spiccata attività PAD, con liberazione in circolo di epitopi citrullinati che determinano la produzione di anticorpi.
La stretta relazione tra parodontopatie gravi e AR è comprovata da vari studi: i batteri correlati alla patologia faciliterebbero una citrullinazione eccessiva con aumento di epitopi antigenici che scatenerebbero una risposta immunitaria in eccesso tale, alla fine, da provocare l’insorgenza della malattia.
Ricordiamo che il 75% delle donne in gravidanza registra miglioramenti della malattia, dovuti forse all’aumento dei livelli di estrogeni e cortisolo.
Una volta che le articolazioni sono colpite, il processo flogistico induce proliferazione della sinovia con sviluppo del panno sinoviale che va a determinare, con la produzione di citochine ed enzimi proteolitici, distruzione prima della cartilagine e poi dell’osso subcondrale con le caratteristiche erosioni.
Con il tempo la malattia può non limitarsi alle sole articolazioni ma colpire altri organi tra cui polmone, cuore, vasi sanguigni, cute, occhi. L’AR è un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari e infatti la causa di morte più frequente è l’infarto del miocardio.
Nell’AR si sviluppa più precocemente e rapidamente un’aterosclerosi con tutte le conseguenze a livello cerebrale, cardiaco e della circolazione periferica. Ciò dimostra ancora una volta l’importanza dell’infiammazione nello sviluppo dell’ateroma indipendentemente dai tassi di colesterolo: il colesterolo, infatti, è un attore secondario nell’ateroma e forse interviene solo nelle fasi molto avanzate.
Nell’aterosclerosi, allora, preoccupiamoci molto meno del colesterolo e molto più dei processi infiammatori in qualunque modo indotti. Nei pazienti con AR è stata dimostrata una condizione di iperinsulinemia e resistenza all’insulina, con una conseguente tolleranza ridotta ai carboidrati che correla con la gravità del processo infiammatorio.
Bibliografia: Medicina di Segnale