L'abbondanza non si acquisisce, è una cosa con cui si entra in sintonia
Rendersene conto è fondamentale per far operare nella nostra vita il principio dell’abbondanza. Tieni in mente che nell’universo vi è un’infinita disponibilità di energia, e tutto, compresa la tua forma e quanto hai accumulato, è essenzialmente energia: tutto vibra.
La chiamiamo energia vibratoria, e l’universo ne contiene una riserva infinita. E quest’energia che costituisce l’essere vivi.
L’energia che ciascuno trasmette è determinata dai pensieri che ha e da come sceglie di elaborare il mondo. Se lo guardi con occhi che vedono solo la scarsità, sarà quest’ultima a crescere.

Se abbiamo bisogno di possedere cose, che ci piaccia o no, ciò significa che filtriamo il mondo attraverso una lente di scarsità.
Il nostro bisogno di possedere è un riflesso dell’idea di non avere abbastanza. Il bisogno di accumulare e di possedere ci impedisce letteralmente di sintonizzarci sull’abbondanza che sta proprio sotto il naso di chi guarda con «occhi pieni di privazione».
Tutte le cose che pensiamo di dover assolutamente avere per essere più felici sono indice del fatto che siamo controllati dall’esterno invece che dall’interno.

Quest’idea ci porta a credere di essere in qualche modo incompleti e bisognosi e di poter colmare questa carenza possedendo più cose. Una trappola cui non potremo sfuggire fino a quando saremo convinti che la proprietà di qualche cosa possa riempire il vuoto.
Come si può mai possedere qualcosa? Pensa per un momento a tutto quanto in sogno vorresti possedere: le macchine, le barche, il denaro, i giocattoli. Quando ti svegli ti accorgi immediatamente che quei beni erano illusioni, e ne avevi bisogno solo temporaneamente per il sogno.

Ora prova a adottare la stessa prospettiva per il sogno che vivi in questo momento, e che dura ottanta o novant’anni. Immagina di svegliarti e di essere in grado di guardare indietro a tutte le cose che possedevi.
Come è possibile che tu abbia mai posseduto qualcosa? Al massimo possiamo aver provvisoriamente posseduto i nostri giocattoli, poi, che ci piaccia o meno, ci svegliamo e ci accorgiamo che non ci servono.
Dal momento che la maggior parte del nostro essere appartiene alla dimensione astrale del pensiero, i beni materiali non servono a nulla nello stato di assenza di forma.

Se abbiamo un vuoto è perché abbiamo pensieri insignificanti, da nulla, ed essi incrementano sempre il senso di vuoto.
Possiamo crescere in modo più soddisfacente concentrandoci sull’idea di completezza, e rendendoci conto che non possiamo possedere niente, mai.
Tale comprensione non ci impedisce di provare grande piacere nelle cose che accumuliamo o acquistiamo a titolo temporaneo. Ma ricorda, proprio come non vi è nulla nell’universo che sia formato una volta per sempre, così è di noi.

Una vita d’abbondanza non significa una vita di accumulazione, ma lo sviluppo di un senso spirituale di religiosa reverenza per l’«illimitatezza» del tutto. Pensa per esempio al tuo corpo: è un’immagine di abbondanza illimitata, capace di cose straordinarie, e confinato solo dai pensieri che si appuntano sui suoi limiti.
Il cervello con i suoi miliardi di cellule può far sì che il corpo dorma o balli, mediti o crei, costruisca aerei e sottomarini. Tu, sì, tu e il corpo che abiti, siete un esempio di abbondanza e di perfezione meravigliose e avete possibilità davvero infinite.
L’esistenza del corpo come unità autosufficiente è un tale miracolo che la mente vacilla se solo pensiamo per un momento a come è arrivato sulla terra, a come si mantiene in vita, pensa, sogna, e così via, in una successione infinita di miracoli.

Tu sei abbondanza in azione. Ma il corpo che chiami te stesso non può possedere né prendere nulla con sé, quando lo abbandoni. Il corpo funziona attraverso forze ed energia che sfuggono all’accumulazione. I beni materiali esistono per servirti, non per farti loro schiavo.
Cerca di tenere presente questo principio mentre continui a leggere. Tutto ciò che è stato «posseduto» da qualcuno solo pochi anni fa, serve ora a un’altra persona. La terra che quello pensava di possedere soddisfa ora i bisogni di altri, i gioielli di una donna ne adornano un’altra, e così via, in tutte le sfere della vita.
Nulla è mai posseduto, e prima ce ne renderemo conto e smetteremo di cercare di possedere cose e persone, prima saremo in grado di sintonizzarci sul meraviglioso principio dell’abbondanza.

Il segreto è smettere di pensare a quel che non abbiamo, e di dedicare la nostra attenzione all’apprezzamento di tutto ciò che siamo e abbiamo. Trasformando in questo modo il nostro modo di pensare e di sentire, il servizio, intendendo con questo termine l’aiuto al prossimo, diventa una parte naturale di una vita d’abbondanza. Gandhi l’ha detto con parole bellissime:
Consciamente o inconsciamente, ognuno di noi presta qualche tipo di servizio. Se coltiviamo l’abitudine di prestarlo intenzionalmente, il desiderio di essere utili si rafforzerà sempre più dentro di noi e contribuirà non soltanto alla nostra felicità individuale, ma a quella del mondo in generale.

Leggiamo anche le parole di Albert Schweitzer:
Non so quale sarà il tuo destino, ma una cosa so: gli unici di voi veramente felici saranno quelli che avranno cercato e trovato il modo di servire gli altri.
Potremmo definire Gandhi e Schweitzer dei santi, e non possiamo aspettarci di emulare la loro totale devozione al servizio degli altri.
Ma c’è molto da imparare dallo studio della loro vita e persino solo da queste due brevi citazioni. Esse ci dicono che dobbiamo trovare il nostro vero senso di realizzazione al di là del successo e dell’accumulazione di beni materiali.
(Wayne W. Dyer.) Credere per vedere


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