1. Il paziente con nefropatia deve tenere sotto controllo la pressione arteriosa, il diabete e le infezioni.
2. Il paziente manifesta stanchezza, spossatezza.
3. Il paziente nefropatico non può utilizzare FANS (aggravano la nefropatia)
ATTIVITA’ DEL PROXER PER IL PAZIENTE NEFROPATICO
AZIONE ANTIASTENICA E IMMUNOSTIMOLANTE
Si devono al dr. R. Heinecke, vissuto dal 1950 al 1987 nelle Hawaii, gli studi che hanno riportato il succo del Noni all’attenzione del mondo scientifico. A lui cui si deve infatti la scoperta del principale alcaloide, pro-xeronina, capace di liberare nell’intestino xeronina grazie alla presenza di uno specifico enzima, pure contenuto nel succo del Noni.
Secondo Heinecke la funzione principale della xeronina è quella di regolare la struttura e la forma di specifiche proteine (enzimi) implicate in importanti funzioni cellulari e anticorpali.
La xeronina è fisiologicamente prodotta dall’organismo umano, ma questa capacità diminuisce con l’età: malattie, traumi e stress contribuiscono in particolare a ridurne la produzione.
Per questo motivo l’integrazione alimentare con estratti di Noni permette di normalizzare le strutture proteiche e le funzioni ad esse legate, grazie ad un migliore assorbimento di aminoacidi, vitamine e minerali, e ad un facilitato passaggio di tali sostanze attraverso le membrane cellulari.
Per quanto riguarda le difese immunitarie il Noni aumenta la funzionalità delle cellule Natural Killer (N.K.) in persone con sistema immunitario normale e ancor di più quando questo sia compromesso (sindrome da immunodeficienza e da stanchezza cronica).
Il dr. Hirazumi ha inoltre dimostrato un indiretto rafforzamento del sistema immunitario grazie al potenziamento dell’attività dei macrofagi e dei linfociti, che ci proteggono dalle infezioni e dalle sostanze estranee. Alcuni studi dimostrerebbero in particolare una stimolazione dell’attività dei linfociti-T.
La xeronina è inoltre capace di stimolare nel Sistema Nervoso Centrale la secrezione di endorfine, potenti analgesici fisiologici: si spiegano in tal modo le proprietà analgesiche tradizionalmente conosciute. Sempre nel S.N.C. stimola la produzione di melatonina, la cui funzione antiradicalica e immunostimolante è ben nota.
La notevole presenza di vitamina C e selenio, antiossidanti e antiradicali liberi, sinergizza le suddette azioni protettive e immunostimolanti.
ATTIVITA’ antidolorifica a antiinfiammatoria
1. Xeronina stimola endorfine endogene: innalza la soglia del dolore
2. Serotonina innalza soglia di dolore
3. Scopoletina attività antiinfiammatoria
ATTIVITÀ IPOTENSIVA
La scopoletina presente nel Noni agisce da vasodilatatore e da diuretico, normalizzando la pressione e determinando di conseguenza una minore sollecitazione cardiaca. Si è visto che in caso di ipertensione esplica un’azione regolatrice fino al raggiungimento dei normali valori pressori.
ATTIVITÀ ANTIOSSIDANTE
È ormai noto che il danno ossidativo indotto nella cellula dai radicali liberi altamente reattivi è implicato nella patogenesi di molte disturbi, tra cui le malattie cardiovascolari (aterosclerosi, ischemia cardiaca, ipertensione) e respiratorie (enfisemi, asma), nonché nel favorire l’invecchiamento precoce dell’organismo. Il Noni contiene anche due tra i migliori antiossidanti: vitamina C e selenio.
ATTIVITÀ IMMUNOSTIMOLANTE
L’estratto di Noni stimola il rilascio di varie citochine, fondamentali per una corretta ed efficiente risposta del sistema immunitario. Il succo del frutto favorisce anche la proliferazione delle cellule del timo, ghiandola importante coinvolta sia nei processi di invecchiamento dell’organismo sia nei processi di maturazione dei linfociti T. Aumentando il numero di linfociti T, riduce il rischio di contrarre malattie infettive e migliora le funzioni immunitarie. Il frutto, inoltre, contiene polisaccaridi.
ATTIVITÀ ANTIMICROBICA
Alcuni principi attivi tra cui l’acubina, l’L-asperoside e l’alizarina presenti nel frutto di Noni possiedono una spiccata attività antibatterica contro vari ceppi batterici responsabili di infezioni cutanee, respiratorie e gastrointestinali.
Su Tuberculosis of the Adrenal Gland: A Case Report and Review of the Literature of Infections of the Adrenal Gland[1] leggiamo che le infezioni delle ghiandole surrenali sono ancora un importante caso di insufficienza surrenale e che in realtà, quando il dottor Addison ha descritto per primo tale condizione patologica che adesso viene indicate anche come “morbo di Addison” la gran parte dei casi erano dovuti a una tubercolosi delle surrenali. Nel caso descritto il test della tubercolina ha generato confusione in quanto la positività era stata attrribuita alla vaccinazione BCG ricevuta 10 anni prima.
[1] Pubblicato su International Journal of Endocrinology 2014; 2014: 876037 , autori Upadhyay J, Sudhindra P, Abraham G, Trivedi N; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4138934/.
Adrenal infections[1] ci conferma che le infezioni delle surrenali sono un’entità clinica importante ma che viene raramente diagnosticata, che i patogeni che le possono infettare
possono essere diversi virus, funghi e batteri, protozoi, amebe, ma che l’agente infettivo che più spesso causa il morbo di Addison è il Mycobacterium Tuberculosis . Per lo più si tratta di infezioni in soggetti immuno-compromessi, ma ci sono anche numerosi casi di soggetti colpiti da simili infezioni e con normale funzionalità immunitaria.
[1] Pubblicato su International Journal of Infectious Diseases (2006) 10, 343—353, autori William F. Paolo Jr, Joshua D. Nosanchuk ; https://www.ijidonline.com/article/S1201-9712(05)00212-2/pdf.
La maggior parte dei casi di mobo di Addisono è attribuibile a un disturbo autoimmune, ma abbiamo già visto che l’articolo Associations between selected immune-mediated diseases and tuberculosis: record-linkage studies[1] mostra una curiosa correlazione: chi soffre di una malattia autoimmune ha un maggiore rischio di contrarre la tubercolosi, e che ciò è particolaremtente vero per il morbo di Addison. Il sospetto è forte che anche quei casi dovuti ad autoimmunità possano nascondere qualcos’altro.
[1] BioMed Central Medicine 2013; 11: 97, autori Ramagopalan SV, Goldacre R, et al.; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3616814/.
È da notare che morbo di Addison, insufficienza surrenale primaria o secondaria, sono manifestazioni patologiche che generano la produzione di bassi livelli di cortisolo;
ma gli autori del presente articolo spiegano che anche l’eccesso della produzione di cortisolo può innescare un processo dannoso, in quanto disturba l’equilibrio delle due reazioni immunitarie fondamentali, quella legata ai linfociti Thelper 1 (Th1) e quella legata ai linfociti T helper 2 (Th2) spostando l’equilibrio verso una risposta dominata dai Th2. MA è proprio l’altro tipo di risposta immunitaria (Th1) che è protettiva nei confronti del M tuberculosis.
Inoltre l’eccesso di cortisolo, che derivi da una produzione interna al nostro organismo o dall’uso di alte dose di cortisonici, aumenta il rischio di infezione da parte di:
Nocardia asteroides, Aspergillus, Cryptococcus neoformans, Pneumocystis (carinii) jirovecii, ma anche Strongyloides stercoralis, Staphylococcus aureus, Histoplasma capsulatum, oltre a micobatteri (Mycobacterium tuberculosis e Mycobacterium chelonae). Ovviamente se tali agenti infettano le surrenali causando il morbo di Addison, i sintomi della malattia sono nascosti finché c’è eccesso di cortisolo.
Il M tuberculosis può risiedere nelle ghiandole surrenali anche per 10 anni senza dare manifestazioni patologiche, ma viceversa un 6% circa dei pazienti con tubercolosi attiva mostra segni di insufficienza surrenale.
A complicare il tutto uno studio scientifico del 1998 ha mostrato che una cura con farmaci contro la tubercolosi non riesce a normalizzare la funzione delle surrenali, e alcuni antibiotici contro la tubercolosi come la rifampicina, in alcuni casi gravi, possono indurre un’insufficienza surrenale.

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