Appendicite, Diverticolite e Morbo di Crohn
Chi conosce i già citati libri La Sindrome Psico-Intestinale (scritto dalla dottoressa Campbell-McBride), Intestino sano con la dieta dei carboidrati specifici (scritto dalla biologa Elaine Gotschall) , ed il libro The management of celiac disease (“La gestione della celiachia” scritto dai coniugi Sidney Valentine Haas e Merrill Patterson Haas), dovrebbe avere pochi dubbi sul fatto che colite e appendicite siano correlate alla disbiosi intestinale.
Ad ogni modo ecco alcune ulteriori informazioni desunte da alcune ricerche recenti, reperibili sul sito pubmed (database governativo statunitense che raccoglie moltissime ricerche scientifiche in ambito medico e biologico).
Iniziamo con Dysbiosis of the faecal microflora in patients with Crohn’s disease and their unaffected relatives (“La disbiosi della microflora fecale nei malati di morbo di Crohn e nei loro parenti sani”) , nel quale si evidenzia una differenza tra la microflora intestinale di chi soffre di tale malattia e quella dei soggetti sani.
Consideriamo quindi l’articolo Intestinal dysbiosis in inflammatory bowel disease (“Disbiosi intestinale nei disturbi infiammatori dell’intestino” – dove per tali disturbi si intendono per l’appunto morbo di Crohn e colite ulcerosa), nel cui abstract leggiamo che:
Abbondante letteratura suggerisce che uno squilibrio tra batteri nocivi e batteri benefici dell’intestino, ovvero disbiosi, è largamente responsabile per l’aumento dell’incidenza dei disturbi infiammatori dell’intestino.
In questo studio vengono presentati i dati che supportano la tesi della disbiosi come causa di disturbi infiammatori dell’intestino.
Molto interessante è anche la riflessione sul fatto che negli Stati Uniti si fa molta meno ricerca sulla disbiosi e sulla composizione del microbiota rispetto a quello che succede in Europa, fino ad ammettere che:
Il trend in aumento del consumo di antibiotici negli Stati Uniti fornisce ulteriore prova della mancanza di preoccupazione per l’effetto della disbiosi sulla salute umana.
Per comprendere se davvero la disbiosi è una causa piuttosto che un effetto del quadro sintomatologico della colite ulcerosa basta consultare l’articolo VSL#3 probiotic-mixture induces remission in patients with active ulcerative colitis
(“La miscela di probiotici VSL 3 induce remissione in pazienti con colite ulcerosa attiva”) che tratta della somministrazione per sei settimane di un particolare insieme di probiotici NutriZym, NutriFlor, NutriCol, a pazienti sofferenti di colite ulcerosa attiva (di intensità da media a moderata), come i rimedi ECN, KlamExtra
Il risultato è stata la remissione (guarigione, almeno temporanea) nel 53% dei casi, il miglioramento nel 24%, nessuna variazione nel 9%, peggioramento nel 9% e mancanza di dati nel restante 5%. Come i Probiotici Umani OX-M fermentati 3 anni su base di acidi grassi a corta catena frutta e verdura fermentata <3 .
Le biopsie hanno mostrato che alcuni ceppi di probiotici somministrati si erano impiantati nella mucosa di alcuni soggetti guariti.
Per quanto riguarda il 9% dei pazienti peggiorati bisognerebbe forse avere dati più significativi riguardanti l’effetto a lungo termine, dal momento che una reazione di Herxheimer (vedi l’articolo relativo)
potrebbe spiegare il temporaneo acutizzarsi del disturbo (se così fosse dopo qualche tempo la situazione alla lunga potrebbe addirittura essere migliorata), ma è pur vero che ci sono dei casi particolari (forse alcune forme di “proliferazione batterica nel piccolo intestino” e/o persone che soffrono di qualche focus dentale che complica la situazione) nei quali i soggetti disbiotici non riescono a tollerare i probiotici e rispondono solo ad una dieta dei carboidrati specifici (SCD).
Alcuni tollerano solo i cibi fermentati come i crauti, altri nemmeno quelli, mentre alcuni riescono a tollerare solo la somministrazione di probitici “morti”, ovvero fermenti lattici o cibi fermentati fatti cuocere; per quanto possa sembrare strano, anche così i probiotici esplicano una funzione positiva. Ad ogni modo un risultato positivo nel 90% circa dei pazienti è decisamente significativo.
È importante notare a questo punto che i farmaci spesso utilizzati per dare sollievo ai sintomi di queste patologie sono farmaci che squilibrano il microbiota intestinale e rendono l’organismo suscettibile ad infezioni opportunistiche.
Ce lo conferma l’articolo Opportunistic infections due to inflammatory bowel disease therapy (“Infezioni opportunistiche dovute alla terapia dei disturbi infiammatori dell’intestino”) .
Tra le infezioni opportunistiche (che ricordo, sono infezioni che avvengono quando qualcosa deprime il sistema immunitario) segnalate in questo articolo troviamo infezioni da herpes, papillomavirus, influenza, tuberculosi, nocardiosi, infezioni da Clostridium difficile, da pneumococco, da funghi e lieviti (per esempio Aspergillus e Candida) e vermi parassiti (come lo Strongyloides stercoralis).
Altro articolo significativo è Acute appendicitis is characterised by local invasion with Fusobacterium nucleatum/necrophorum (“L’appendicite acuta è caratterizzata dall’invasione locale di Fusobacterium nucleatum/necrophorum”) ;
in tale articolo come mostra già il titolo, si evidenzia come l’attacco di appendicite acuta sia caratterizzato (nella maggior parte dei casi) da un’invasione di questi batteri patogeni nell’appendice.
Ma come possono questi batteri superare le normali difese dell’organismo e causare un tale danno?
Nell’organismo sano i batteri patogeni presenti nell’apparato digerente vengono tenuti a bada dai batteri simbionti, i “batteri amici” che ci aiutano a digerire e assimilare il cibo, che producono vitamine a noi utili, e la cui presenza impedisce ai germi cattivi di attecchire.
Solo uno squilibrio della flora intestinale (disbiosi), che spesso si accompagna ad una proliferazione incontrollata della Candida, può indebolire le difese nel nostro intestino e far sì che i Fusobatteri infettino l’appendice.
Di quanto appena detto troviamo conferma nell’articolo Gut microbiota: next frontier in understanding human health and development of biotherapeutics (“Il microbiota dell’intestino: la prossima frontiera nella comprensione della salute umana e nello sviluppo di terapie biomediche”) ,
nel quale si fa cenno a casi di colite causate da batteri patogeni che riescono a infettare il colon quando c’è una condizione di squilibrio della microflora dell’intestino.
Dei seguenti due articoli purtroppo non sono disponibili on line gli abstract ma solo i titoli, che tuttavia sono indicativi:
Local appendiceal dysbiosis: the missing link between the appendix and ulcerative colitis? (“Disbiosi locale dell’appendice; l’anello mancante tra l’appendice e la colite ulcerosa?”) . Gut microbiota: Diet promotes dysbiosis and colitis in susceptible hosts (“Microbiota dell’intestino: la dieta promuove disbiosi e colite in pazienti suscettibili”) .
Anche l’articolo Phylogenetic analysis of dysbiosis in ulcerative colitis during remission (“Analisi filogenetica della disbiosi nella colite ulcerosa durante la remissione”) testimonia l’alterazione della microflora intestinale (ovvero la disbiosi) dei pazienti che soffrono di colite ulcerosa.
L’articolo Enteric microbiota leads to new therapeutic strategies for ulcerative colitis (“Il microbiota enterico porta a nuove strategie terapeutiche per la colite ulcerosa”) partendo dalla constatazione della presenza di una disbiosi associata alla colite, suggerisce nuove strategie di cura basate su integrazione di probiotici, assunzione di prebiotici e trapianto di microbiota fecale .
Per quanto basato su uno studio su cavie, e quindi non troppo affidabile, cito anche l’articolo The murine appendiceal microbiome is altered in spontaneous colitis and its pathological progression (“Il microbioma dell’appendice dei topi è alterato nella colite spontanea e nella sua progressione patologica”) che rivela la medesima associazione tra disbiosi e colite.
Dulcis in fundo abbiamo l’articolo Dysbiosis in inflammatory bowel disease (Disbiosi nelle malattie infiammatorie croniche intestinali – denominazione che comprende morbo di Crohn, colite ulcerosa ed altre malattie simili) .
Una ricerca del 2016 ha fatto ulteriore luce su una delle possibili cause del morbo di Crohn. Si tratta di Bacteriome and Mycobiome Interactions Underscore Microbial Dysbiosis in Familial Crohn’s Disease .
In tale ricerca i malati di morbo di Crohn non solo risultano soffrire di disbiosi, con carenza di batteri simbionti (i “batteri amici”) ma che presentano una proliferazione notevole di tre patogeni, un fungo (Candida tropicalis) e due batteri (Serratia marcescens ed Escherichia coli) presenti soprattutto in una particolare aggregazione simbiotica detta “biofilm” nella quale i tre organismi si aggregano e si aiutano l’un l’altro (a danno però dell’organismo umano).
Ma non è ancora finita, giacchè molti pazienti col morbo di Crohn risultano infetti da Mycobacterium avium paratuberculosis (MAP) , un batterio molto particolare, difficile da individuare con test di laboratorio (la sua coltura non è per niente facile) che si può trasmettere per mezzo della carne e soprattutto del latte dei bovini infetti, anche perchè non viene distrutto dal processo della pastorizzazione.
In realtà ci sono molte altre malattie descritte in questo libro che potrebbero essere concausate da tale Micobatterio, e vi consiglio di leggere i pregevoli articoli che Giancarlo Luzzi ha scritto sulla questione. In particolare gli autori dell’articolo Causation of Crohn’s disease by Mycobacterium avium subspecies paratuberculosis riferiscono che farmaci particolarmente attivi contro il micobatterio come rifabutina e claritromcina possono portare un profondo miglioramento e, in pochi casi, ad un-apparente eradicazione della malattia.
Riguardo all’appendice c’è da segnalare che di recente alcuni scienziati del Duke University Medical Centre (Carolina del Nord), hanno ipotizzato che essa sia una sorta di contenitore di microfolora intestinale di riserva, utile a ripopolare l’intestino in caso di diarrea o altre malattie come il colera, che depauperano l’intestino dei suoi batteri simbionti;
se questo fosse vero, avremmo un motivo in più per cercare di riequilibrare la microflora intestinale in caso di occorrenza di un’infiammazione all’appendice ed evitarne (finché possibile) la rimozione chirurgica.
Per lungo tempo la scienza medica ha considerato l’appendice un organo inutile, e 30/40 anni fa la rimozione di tonsille ed appendice veniva eseguita di routine al minimo segno di infezione/infiammazione dei due organi; secondo la medicina olistica invece anche l’appendice fa parte del sistema immunitario, e la rimozione delle tonsille sovraccarica il sistema immunitario rischiando di causare anche un’infiammazione all’appendice.
Dal sito dell’ABC riporto queste informazioni tratte dall’articolo Scientists discover true function of appendix organ (“Scienziati scoprono la vera funzione dell’appendice”) .
Essa fungerebbe da riparo per i batteri benefici, che possono essere utilizzati in maniera efficace per ripristinare la flora microbica intestinale in seguito ad un episodio di dissenteria o di colera (…)
Ma il professor Bill Parker afferma che questo non vuol dire che dobbiamo tenerci stretta le nostra appendice ad ogni costo.
Nicholas Vardaxis, professore associato del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università RMIT afferma che la teoria degli scienziati della Duke University è sensata e precisa che secondo lui gli esseri più evoluti nel regno animale sono onnivori, e che questa dieta porta ad una minore necessità dell’appendice
Per quanto riguarda la diverticolite innanzitutto ricordiamo che il libro Intestino sano con la dieta dei carboidrati specifici di E. Gotschall (Macro Edizioni) include la diverticolite tra le patologie che possono essere risolte da questo tipo di dieta paleolitica; siccome tale dieta mira ad affamare patogeni e parassiti, risulta evidente il ruolo della disbiosi intestinale, e possibilmente anche della parassitosi.
Bibliografia:
http://scienzamarcia.altervista.org/pilastri.doc
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Grazie mille a Te! Sono veramente grato del tuo commento! Grazie Francesco.