Le soluzioni tissutali
La prima terapia preventiva per l’osteoporosi è il movimento regolare: meglio uno sport d’impatto tipo corsa, marcia, camminata veloce che non nuoto o bicicletta; questo perché l’impatto sul terreno favorisce i microtraumi con le conseguenti microfratture che stimolano il ricambio osseo.
Durante la settimana si può alternare uno sport d’impatto con gli altri, in ogni caso la pratica dell’esercizio fisico deve essere costante, quasi giornaliera, e durare da almeno mezz’ora a un’ora.
La seconda terapia è l’alimentazione: secondo uno studio recente4 una dieta ricca di verdura, frutta, pesce e cereali integrali potrebbe aumentare la salute delle ossa prevenendo le fratture in donne in postmenopausa. L’abolizione dei cibi con alto indice infiammatorio (zuccheri raffinati, farine bianche, grassi idrogenati, lieviti, caseina, a volte nichel) ha un impatto sulla tenuta ed elasticità dell’osso.
Sappiamo bene che riducendo l’infiammazione contrastiamo la possibilità di sviluppare osteoporosi e che le malattie reumatiche con alta flogosi presentano tutte alta incidenza di osteoporosi e fratture.
Altro problema nell’anziano è, molto spesso, una dieta assolutamente carente in proteine. Sentiamo ancora medici che limitano alla persona anziana il consumo di uova a una – due la settimana per il problema del colesterolo (sic!). Bisogna invece incrementare l’apporto di proteine sane: uova, pesce, semi oleosi, prosciutto dolce, carni bianche e due volte la settimana anche rosse.
Sono le diete iperproteiche che possono danneggiare l’osso, mentre una corretta assunzione di proteine determina ossa più forti, incremento della massa muscolare con minore facilità alle cadute e anche introduzione di vitamina D con le uova e il pesce.
Inoltre occorre sempre mantenere un’adeguata idratazione e assumere acqua anche quando non si ha sete, come sana abitudine, visto che le persone anziane tendono in genere a bere poco. L’acqua migliore è povera di sodio e con buon apporto di calcio.
Si deve poi tener conto di alcune sostanze naturali utili per le ossa come la soia (ricca di fitoestrogeni) e il magnesio (che modula l’azione del calcio e anche del sodio). Ricordiamo in proposito il danno dell’ipomagnesemia da uso continuo degli inibitori di pompa, che può favorire una maggiore incidenza di fratture soprattutto dell’anca e tale rischio sembra maggiore nelle fumatrici.
Altri minerali utili sono zinco, rame, manganese e ferro, oltre alla vitamina C, che insieme mantengono un buon trofismo osseo. Altro elemento essenziale è il silicio, che serve per l’integrità di ossa, legamenti e tendini: il vegetale più ricco in silicio è l’equiseto.
Capitolo calcio
Per anni abbiamo somministrato calcio in tutte le forme sia per prevenire sia per curare l’osteoporosi, ultimamente invece si tende a evitarne la somministrazione, tranne in rari casi. Questo per la possibile correlazione dell’eccesso di calcio sia con le patologie vascolari sia con alcuni tumori che sono stati collegati con un’introduzione di latticini troppo elevata.
Un’alimentazione GIFT consente di ridurre i livelli di infiammazione dell’organismo grazie alla rotazione degli alimenti e permette una corretta assunzione di calcio (da 800 a 1200 mg/die a seconda dei casi).
Dobbiamo aggiungere calcio in compresse alla nostra alimentazione di segnale? La risposta è semplice: no, non serve e può essere dannoso sia per quanto riguarda l’insorgenza di tumori sia per l’apparato vascolare e renale
Vitamina K
Anche la vitamina K è importante per mantenere la resistenza dell’osso favorendo l’azione dell’osteocalcina, importante fattore dell’accrescimento osseo.
Non correla con la densità ossea ma con l’elasticità. A questo punto attraverso il movimento, una dieta corretta, l’abolizione del fumo e una sana esposizione al sole avremo ripristinato un normale segnale leptinico e di conseguenza un giusto target di GH con scomparsa della resistenza insulinica che è un fattore favorente l’osteoporosi.
Un discorso a parte merita la vitamina D, che è un vero e proprio ormone implicato nel ricambio fosfocalcico, dotato di recettori propri sulle cellule del tessuto osseo e con azione anche a livello muscolare e nervoso. La vitamina D esiste in forma di vitamina D3 (colecalciferolo) presente sulla cute e vitamina D2 (ergocolecalciferolo) di origine vegetale, introdotta con gli alimenti.
Vitamina D
La massima quota di vitamina attiva nell’organismo umano deriva da quella cutanea. Gli alimenti ricchi in vitamina D sono pesci grassi (aringa, sgombro, salmone, sardine e acciughe), olio di fegato di merluzzo, latte e latticini, uova, ortaggi a foglia verde.
La vitamina D viene attivata attraverso due passaggi di idrossilazione: uno a livello epatico, che la trasforma in 25OH vitamina D, e uno renale successivo da cui deriva la forma 1,25OH vitamina D o calcitriolo. Nel sangue la forma 25OH vitamina D è la più stabile, mentre i livelli di calcitriolo variano durante la giornata: per valutare un’eventuale ipovitaminosi si deve pertanto dosare la forma 25OH.
Le persone anziane, magre e con scarso tessuto sottocutaneo, con carente esposizione solare e alimentazione scorretta vanno spesso incontro a grave ipovitaminosi con osteoporomalacia o rachitismo dell’anziano.
Nei casi di ipovitaminosi D grave (per esempio una paziente di 85 anni con valori di 2 ng/mL laddove i livelli fisiologici variano fra 30 e 100 ng/ mL) non è possibile affidarsi, in una terapia d’attacco, alla sola dieta, che produrrà il suo effetto nel lungo periodo, o all’esposizione solare.
Si dovrà invece integrare il colecalciferolo cercando di portare il più rapidamente possibile i valori a target, solitamente in 3 mesi: circa un milione di UI in 3 mesi se 25OH vitamina D < 10 ng/mL. Se la correzione dello stile di vita sarà sufficiente o se necessiterà una somministrazione giornaliera da 1000UI – 2.000UI a 10.000UI per mantenere buoni livelli di vitamina (cit. Dottoressa Zora del Buono).
Secondo ogni tipo di infiammazioni cronica, età, stile di vita, casistica, persona . La vitamina D è liposolubile, pertanto va somministrata a stomaco pieno con l’ausilio di acidi grassi a corta catena SCAFs.
Bifosfonati effetti avversi
L’industria farmaceutica ha immesso in commercio molti farmaci per il trattamento dell’osteoporosi. La calcitonina, somministrata in modo irrazionale tra gli anni Ottanta e Novanta dello scorso secolo, ha prodotto grandi vantaggi per le case farmaceutiche ma pochi per i pazienti osteoporotici, tanto che è stata completamente abbandonata.
I bifosfonati, e tra questi il più usato è l’alendronato, agiscono bloccando l’attività degli osteoclasti perché impediscono il riassorbimento osseo; con il tempo determinano però l’effetto “freezer”, per cui si avrà un osso più duro e denso ma assolutamente meno elastico.
Uno degli effetti secondari di una lunga terapia con bifosfonati, infatti, è la frattura atipica femorale. Altri effetti sono la possibile insorgenza di aritmie cardiache e la temibile osteonecrosi della mandibola.
La somministrazione di bifosfonati deve essere consigliata valutando bene il rischio di frattura, la clinica del soggetto e la durata di impiego.
Ritengo che a oggi debbano essere utilizzati con molta circospezione nell’osteoporosi e se continuiamo a ragionarci arriviamo alla conclusione che il loro impiego vada evitato!
Paratormone e teriparatide hanno un’azione favorente l’attività osteoblastica e quindi, stimolando l’apposizione di nuovo osso, sono utilizzabili massimo per 24 mesi, fino a pochi anni fa solo per 18 mesi, in quanto la somministrazione prolungata nel topo ha indotto l’insorgenza di sarcomi.
Il raloxifene è un SERM (Selective Estrogen Receptor Modulator) cioè un farmaco che modula un’azione similestrogenica sulle ossa ma non a livello mammario o uterino. Viene utilizzato in alcune forme postmenopausali e nei soggetti con tumore mammario in terapia con inibitori dell’aromatasi.
L’effetto collaterale più temibile è costituito dalle trombosi venose. Discorso controverso è quello sul ranelato di stronzio, che dopo un periodo di sospensione è stato riammesso in commercio nel febbraio 2014 pur con ulteriori restrizioni.
Sarebbe un farmaco ottimale, agendo sia sugli osteoclasti sia sugli osteoblasti, ma presenta pesanti effetti collaterali (tra cui trombosi venose e diarrea) e rischi vascolari sia cardiaci sia cerebrali. Personalmente lo ritengo un farmaco che non andrebbe usato in alcun caso, anzi mi domando come sia stato possibile rimetterlo in commercio.
Bibliografia: Medicina di Segnale