Vuoi perdere peso?
Una classica scena è quella che vede la signora settantenne che si reca alla visita perché vuol perdere peso e ha già provato mille frustranti diete ipocaloriche che hanno inevitabilmente innescato l’effetto yo-yo e, spesso, una condizione di insulinoresistenza. In situazioni del genere si rivela utile conoscere la teoria della forza dimagrante (24), che incontra ampia applicazione nella pratica clinica soprattutto per i soggetti anziani che spesso gradiscono un pasto serale povero.
Talvolta, inoltre, capita di applicare tutti i canoni di una dieta di segnale (colazione ricca, rinuncia allo zucchero e alle farine raffinate, abitudine a un regolare movimento fisico anche moderato, adeguato apporto proteico quotidiano) e di non ottenere i risultati sperati. La persona si sente soggettivamente meglio, ma resta frustrata e demotivata dal fatto che il calo ponderale sia insoddisfacente a causa della lentezza del processo. Ciò avviene spesso dopo plurime diete ipocaloriche con deplezione muscolare.

Il paziente ha ottenuto risultati riguardo al benessere fisico ma non ancora nel calo di massa grassa perché il suo organismo mostra una risposta “pigra” allo stimolo. In questo caso risulta molto vantaggioso (anche se può sembrare paradossale) aumentare ulteriormente l’apporto calorico giornaliero e far convergere la maggior parte delle calorie sulla colazione e sul pranzo (25).
È indispensabile, altresì, che apporto calorico e attività fisica siano strettamente correlati. Questo significa far mangiare di più le persone che praticano sport, non di meno come insegna la dietologia classica, se vogliamo che dimagriscano. Se mangiano di meno non dimagriranno, deperiranno. In generale, in ottica di segnale, tanto un paziente spende tanto deve assumere con il cibo.

La teoria della forza dimagrante consta di due punti fermi
Innanzitutto deve essere soddisfatta completamente la richiesta energetica derivante dal metabolismo basale e dai consumi quotidiani, sia ordinari sia associati al movimento (inteso come sport o attività fisica). Le teorie classiche sul dimagrimento sostengono che per dimagrire occorra mangiare di meno (dieta ipocalorica) oppure praticare tanto sport, così da consumare di più e generare una carenza energetica rispetto a quanto assunto con il cibo, oppure tutti e due. Dal punto di vista della Medicina di Segnale non vi è nulla di più scorretto.
Il deficit calorico si ottiene sia mangiando aria fritta sia mediante un’attività fisica eccessiva. Tuttavia, se l’ipotalamo riceve segnali di carestia rallenterà comunque il metabolismo e farà il possibile per trattenere con forza il grasso esistente. Una ricca alimentazione (soprattutto mattutina) fornisce un potente segnale di abbondanza all’ipotalamo stesso, da cui discendono azioni efficaci sulla tiroide, sui surreni, sulle gonadi e sull’apparato osteomuscolare.

Il secondo punto fermo
è relativo al livello da raggiungere perché il segnale ipotalamico eserciti il suo effetto di stimolo al consumo delle scorte di grasso. Qui la teoria afferma che per ciascuno esiste una soglia minima (break-even point, per usare un termine economico) superata la quale incomincia una massiva eliminazione del grasso superfluo.
Tale livello può essere più alto o più basso in funzione di molteplici fattori esterni o interni. Fattori che alzano la soglia (cioè rendono più difficile lo sblocco) sono per esempio l’età (più è avanzata più forza serve), il genere (per la donna i livelli sono più alti), l’assunzione di farmaci (cortisonici, antistaminici, psicofarmaci, beta-bloccanti, statine, antibiotici, immunosoppressivi), la presenza di patologie (ipotiroidismo, malattie autoimmuni, patologie infiammatorie, patologie ortopediche, resistenza insulinica/ diabete, ipercortisolismo e l’obesità stessa), alcuni comportamenti (fumo, alcol, insonnia/turni, allettamento, disabilità, sedentarietà completa, storia di amfetamine).

L’approccio per far innalzare il consumo consiste nell’aumentare contemporaneamente sia l’attività fisica sia l’apporto calorico complessivo, con riguardo alla quota proteica e alla quota energetica. Tutto questo va nella direzione opposta rispetto alla dietologia classica, che per far dimagrire le persone suggerisce o il solo incremento dell’attività fisica o la sola riduzione dell’apporto calorico (o entrambi).
Il medico di segnale, invece, sostiene con forza che entrambi i fattori debbano essere incrementati per indurre l’ipotalamo a promuovere la lipolisi. Qui risiede la differenza fondamentale, tra l’altro la più difficile da far capire al paziente, che spesso riceve dal professionista GIFT un’insolita indicazione a mangiare di più anziché a mangiare di meno.

Dal punto di vista scientifico tali conclusioni nascono dalle conoscenze sulla leptina e sull’adiponectina e dai numerosi lavori che descrivono le alterazioni ormonali derivanti dai regimi ipocalorici (26). L’attività fisica regolare e costante genera infatti secrezione di adiponectina da parte del tessuto adiposo verso l’ipotalamo, ma il segnale ipotalamico al dimagrimento e alla lipolisi va a buon fine solo se contemporaneamente si ha secrezione di leptina, a rappresentare un regime almeno normocalorico.
Nella pratica clinica questo significa, dopo aver analizzato la situazione specifica del singolo paziente, impostare un regime che preveda grande abbondanza alimentare soprattutto a colazione (e in parte al pranzo) per massimizzare lo stimolo leptinico ipotalamico, gestendo contemporaneamente l’avvio a un’attività sportiva più regolare e possibilmente quotidiana per generare lo stimolo adiponectinico. Al paziente allora non diremo che deve mangiare di meno: semmai di più, senza mai perdere colpi dal punto di vista del movimento.

Praticare sport e movimento
Non vuol dire schiantarsi di fatica, ma attuare un graduale crescendo rispetto a quanto finora fatto, impegno che dovrà progressivamente aumentare fino a che il livello del break-even point non sia stato superato. A quel punto – come l’esperienza clinica dimostra – la perdita di massa grassa diventa rapida e quantitativamente consistente, con tutti gli effetti virtuosi sulle altre patologie eventualmente in atto (ipertensione, diabete, ipotiroidismo ecc.).
La regolazione delle quantità, all’interno dei precisi vincoli previsti dalla DietaGIFT, può allora essere demandata alle sensazioni naturali di fame o di pienezza del paziente, al quale si raccomanda di mangiare fino a essere del tutto sazio (a colazione) e anche di non avere mai fame al di fuori dei tre pasti principali (tranne che per una fame che sia saziabile solo con un frutto). La sensazione di fame tra i pasti, seppur controllata, è segno di ipocaloricità della dieta (magari anche involontaria) e va immediatamente corretta, aumentando (il giorno successivo) l’apporto calorico dei pasti precedenti.

Un aspetto da spiegare bene al paziente in questo percorso è che prima di pensare di poter perdere massa grassa deve recuperare livelli metabolici accettabili ricostruendo il muscolo consumato dalle diete ipocaloriche. L’obiettivo è fargli perdere massa grassa dopo un primo periodo in cui acquista massa magra. È possibile farlo trasferendo il differenziale a colazione e a pranzo, nel rispetto della normocaloricità.
A tal fine si deve insegnare al paziente (impresa non semplice) a trasformare una colazione composta da tre – quattro gallette di riso con marmellata e tre noci in una ben più ricca comprendente frutta, estratti, verdure, tre – quattro fette di pane integrale con burro e marmellata, più un sacchetto di noci o nocciole da 50 g o due uova alla coque.

E il movimento fisico, che favorisce l’interazione dell’adiponectina con il segnale leptinico ipotalamico, come si coniuga con questo “risveglio” del metabolismo?
Grazie alla teoria della forza dimagrante che spiega, appunto, il rapporto tra attività fisica e apporto calorico complessivo, che a sua volta rappresenta il raggiungimento dei fabbisogni dal punto di vista sia proteico sia semplicemente calorico.
Massima attenzione va posta al raggiungimento del fabbisogno calorico necessario per non ricadere in una dinamica ipocalorica, che sopprimerebbe il segnale leptinico con abbassamento del metabolismo basale e decremento della massa magra o addirittura, nell’anziano, sarcopenia.

Bibliografia
24 Wadden TA, Foster GD, Letizia KA, Mullen JL. Long-term effects of dieting on resting metabolic rate in obese outpatients. JAMA. 1990;264(6):707-11.
25 Schlundt DG, Hill JO, Sbrocco T, Pope-Cordle J, Sharp T. The role of breakfast in the treatment of obesity: A randomized clinical trial. Cit.
26 Schwartz MW, Seeley RJ. Seminars in medicine of the Beth Israel Deaconess Medical Center. Neuroendocrine responses to starvation and weight loss. Cit.

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