Sintomi psichici

1. Tutto ciò che viene vissuto dal paziente esternamente è proiezione della sua ombra (voci, attacchi, persecuzioni, ipnosi, intenzioni omicide ecc.).  2. Un comportamento psichico stesso è la realizzazione forzata dell'ombra non vissuta.

La guarigione è sempre legata alla comprensione

Malattia Espressione dell’AnimA

Tratteremo qui alcuni frequenti disturbi che in genere sono definiti “psichici”. Dovrebbe subito colpire il fatto che una simile definizione ha, dal nostro punto di vista, ben poco senso.

In realtà non è possibile tirare una linea precisa di demarcazione tra sintomi somatici e psichici. Ogni sintomo ha un contenuto psichico e si manifesta attraverso il corpo.

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Queste correlazioni somatiche forniscono però anche alla psichiatria ufficiale le basi per i suoi interventi farmacologici.

Le lacrime di un paziente depresso non sono “più psichiche” del pus o della diarrea. La distinzione si presenta nel migliore dei casi nella fase finale, quando si paragona la degenerazione di un organo a un cambiamento psicotico di personalità.

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Quanto più però ci allontaniamo dagli estremi per avvicinarsi al centro, tanto più difficile diventa trovare una linea di demarcazione.

Per altro neppure l’analisi degli estremi ci autorizza a distinguere tra “somatico e psichico”, perché la differenza è da ricercarsi unicamente nel modo in cui il simbolo si manifesta.

Nella sua manifestazione l’asma è tanto diversa da una gamba amputata quanto da una schizofrenia.

La classificazione in “somatico” e “psichico” porta più malintesi che ordine.

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Noi non vediamo nessuna necessità di operare questa distinzione, perché la nostra teoria è applicabile a tutti i sintomi indistintamente, senza eccezioni.

I sintomi infatti si possono servire delle più diverse forme di manifestazione formale, tutti però utilizzano il corpo attraverso il quale il contenuto cosciente che è alla base di tutto diviene visibile e sperimentabile.

La sperimentazione dei sintomi avviene però ancora una volta a livello di coscienza, sia che si tratti di malinconia che del dolore di una ferita.

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Nella prima parte di questo libro abbiamo detto che tutto ciò che è individuale è un sintomo e soltanto la valutazione soggettiva stabilisce se si tratta di qualcosa di sano o di ammalato. Lo stesso vale anche nel cosiddetto campo psichico.

A questo punto dobbiamo liberarci dall’idea che esistano comportamenti normali e non normali. La normalità è stabilita dalla frequenza statistica e non è quindi utilizzabile né come criterio di classificazione né come valore.

La normalità diminuisce la paura, ma si oppone all’individuazione.

La difesa di una normalità è una difficile ipotesi della psichiatria tradizionale. Una allucinazione non è né più irreale né più reale di ogni altra percezione.

Le manca semplicemente l’approvazione della collettività. Il “malato psichico” funziona in base alle stesse leggi psicologiche di tutti gli altri uomini.

Il folle che si sente perseguitato e minacciato da assassini proietta la propria ombra aggressiva sul mondo circostante allo stesso modo del cittadino che esige dure punizioni per i malviventi o ha paura dei terroristi.

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Ogni proiezione è follia e perciò è inutile chiedersi quando una follia è normale e quando è patologica.

La persona psichicamente malata e la persona psichicamente sana sono i punti teorici estremi di un continuo che deriva dall’alternanza di coscienza e ombra. Nel cosiddetto psicotico riscontriamo nella forma estrema il risultato di una riuscita repressione. Se tutti i possibili canali che consentono di vivere l’ombra vengono chiusi, si arriva a un certo punto alla sostituzione del motivo dominante, e l’ombra assume il controllo totale della personalità.

In questo modo essa reprime in maniera totale la parte di coscienza che fino a questo momento aveva avuto il sopravvento e ricupera con energia tutto quello che l’altra parte dell’uomo non aveva finora osato di vivere.

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Così certi cupi moralisti si trasformano in osceni esibizionisti, personalità timorose e miti in bestie selvagge e furenti, e timidi rinunciatari in mitomani.

Anche la psicosi rende onesti, perché recupera tutto quelle che fino a quel momento era stato trascurato, e lo fa con una intensità e una assolutezza che incute paura agli altri.

È il tentativo disperato di rimettere in equilibrio l’unilateralità vissuta finora – un tentativo per altro che corre il rischio di non riuscire ad uscire da un’alternanza costante degli estremi.

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Questa difficoltà di trovare il centro e l’equilibrio si mostra con particolare chiarezza nella sindrome maniacodepressiva.

Nella psicosi la persona vive la propria ombra. La follia suscita da sempre in chi vi assiste grande paura e sgomento, perché fa ricordare la propria ombra. Il folle ci apre una porta verso l’inferno della coscienza, che è in noi tutti.

Il tentativo di reprimere questi sintomi è quindi ben comprensibile, ma poco adatto a risolvere il problema. Il principio della repressione dell’ombra porta alla violenta esplosione dell’ombra – reprimerla nuovamente aggiorna il problema, ma certamente non lo risolve.

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Il primo passo necessario da fare è anche qui il riconoscimento che il sintomo ha un significato e una giustificazione. Partendo da questa base si può studiare come fruire delle preziose indicazioni fornite dal sintomo.

Queste poche osservazioni sono sufficienti per introdurre il tema dei sintomi psichici. Interpretazioni approfondite sono in questo campo poco utili, perché lo psicotico non ha aperture per un’interpretazione.

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La sua paura dell’ombra è così grande che per lo più la proietta totalmente verso l’esterno.

L’osservatore interessato non avrà difficoltà di interpretazione, se tiene a mente le due regole più volte discusse in questo libro:

1. Tutto ciò che viene vissuto dal paziente esternamente è proiezione della sua ombra (voci, attacchi, persecuzioni, ipnosi, intenzioni omicide ecc.).

2. Un comportamento psichico stesso è la realizzazione forzata dell’ombra non vissuta.
I sintomi psichici in ultima analisi non sono interpretabili, in quanto esprimono già il problema in maniera diretta e non utilizzano alcuna trasposizione ad altri livelli.

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Per questo tutto quello che si può dire sulla problematica dei sintomi psichici risulta banale, perché manca la possibilità di trasposizione.

Tuttavia in questa sede tratteremo ancora tre sintomi, a titolo di esempio, in quanto sono molto diffusi e sono in genere inquadrati in campo psichico: depressione, insonnia e tossicodipendenze.

(Thorwald Dethlefsen Rudiger Dahlke)

 Monica Brignolo
Monica Brignolo
Asti
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