Relazione tra sintomo e causa
Con il termine HPV (Human Papilloma Virus) si indica una famiglia composta da oltre centro varietà diverse di virus. La maggior parte delle infezioni da papilloma virus causa lesioni benigne come le verruche (che colpiscono la cute di mani, piedi o viso) e i condilomi o papillomi che interessano le mucose (genitali e orali).
Tali infezioni, nella maggior parte dei casi hanno un decorso benigno e regrediscono spontaneamente. Una piccola quota, invece, se non viene adeguatamente trattata può evolvere verso forme tumorali. I più pericolosi tipi di HPV possono provocare lesioni ad evolutività maligna:
- nelle vie respiratorie superiori: laringe, faringe, lingua, tonsille, palato, naso
- ai genitali maschili: glande, pene, scroto
- ai genitali femminili: vagina, utero, cervice uterina

Vulvodinia
Nelle infezioni genitali, il virus si trasmette attraverso i rapporti sessuali tramite contatto.
I soggetti con sistema immunitario particolarmente vulnerabile sono più esposti a contagio. In questi casi è utile potenziare il sistema immunitario sia nella prevenzione che nella fase post infezione in combinazione con i trattamenti medici.
Soprattutto a livello dei genitali esterni e non è correlata ad una causa specifica (allodinia) o caratterizzata da sensazioni più intense del dovuto (iperestesia).
Il dolore cronico è localizzato nell’area vulvare ed è persistente da 3 a 6 mesi.

Il dolore può essere costante o intermittente, episodico (spesso esacerbato nel periodo premestruale) e può durare mesi o persino anni.
Si tratta di un problema sottostimato ma frequente nel periodo del post-partum e nel puerperio, con un’incidenza pari al 5-33% per un periodo che arriva fino ai 12-24 mesi dopo il parto.
Il dolore vulvare si può manifestare nelle donne di ogni età ed è più frequente nelle donne che hanno avuto un parto spontaneo, e varia in rapporto ad una eventuale episiotomia e/o il verificarsi di lacerazioni.
Il dolore vulvare è spesso conseguenza di infezioni, infatti molte donne affette da dolore vulvare hanno dei precedenti di vaginiti o candida ricorrenti.

Altre possibili cause sono le lesioni delle terminazioni nervose del nervo putendo a seguito del parto, traumi o chirurgia.
Una delle principali caratteristiche anatomo – funzionali del vestibolo vaginale è rappresentata dalla presenza di una ricca ramificazione di terminazioni libere del nervo pudendo, in misura maggiore rispetto a quanto avviene nella vagina.
Queste terminazioni si trovano subito al di sotto della mucosa, formano un intreccio di reti sensitive deputate alla trasmissione dello stimolo algico e sono sempre pronte a trasmettere lo stimolo sia tattile che dolorifico in direzione del midollo spinale.
Il dolore può essere «provocato» dal contatto con un oggetto o dagli indumenti, o può essere «spontaneo», ovvero sempre presente.

Solitamente è associato alla presenza di ipertono muscolare perineale o pelvico in toto. In base alla zona interessata dal dolore si parla di:
- dolore vulvare (se interessa tutta la zona genitale esterna)
- vulvodinia (se il dolore è idiopatico)
- vestibolodinia (se interessa solo la zona dell’accesso vaginale)
- clitoralgia (se interessa principalmente il clitoride)
Nel dolore cronico pelvico perineale rientra anche la “dispareunia”. La dispareunia viene definita come il persistente e ricorrente dolore genitale che la donna avverte in due possibili situazioni: durante i tentativi di penetrazione (superficiale), oppure alla penetrazione vaginale completa (profonda).

Si definisce invece vaginismo” la persistente e ricorrente difficoltà, da parte della donna, ad accettare la penetrazione vaginale comunque effettuata.
Spesso si associa ad evitamento fobico e alla paura anticipatoria del dolore. La diagnosi differenziale deve escludere anomalie anatomiche.
La dispareunia colpisce il 12-15% delle donne in età fertile, e oltre il 45% fra quelle in post-menopausa, soprattutto se è presente secchezza vaginale da carenza estrogenica. Il vaginismo interessa lo 0,5-1% delle donne fertili.

Sindrome dell'ovaio policistico
La sindrome dell’ovaio policistico è una sindrome endocrino – metabolica che interessa il 4-12% delle donne in età riproduttiva, spesso correlata a problematiche di fertilità. La vera causa della PCOS è sconosciuta e probabilmente deriva da una combinazione di fattori:
- predisposizione genetica
- esposizione ad alti livelli di androgeni durante la vita prenatale
- fattori epigenetici (legati a dieta e stili di vita)
- fattori ambientali.
Diversi studi dimostrano che le pazienti affette da PCOS mostrano alterazioni di numerosi biomarkers (Rudnicka E et al. 2021):

- alterazioni della conta leucocitaria (WBC)
- livelli aumentati di proteina C-reattiva (CRP)
- elevati valori di alcune interleuchine (IL-6, IL-18)
- elevati valori del fattore di necrosi tumorale (TNF-α)
- proteina chemioattrattiva dei monociti-1 (MCP-1)
- proteina infiammatoria dei macrofagi-1α (MIP-1α).
È stata anche ipotizzata un’espressione genica alterata nelle pazienti PCOS, a causa della scoperta di alcune varianti genetiche nei geni TNF-α e IL-6 (Rostamtabar M et al. 2021; González F 2015).

Endometriosi
L’endometriosi è una patologia infiammatoria cronica caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale in sedi ectopiche ossia al di fuori dell’endometrio.
È una patologia che colpisce prevalentemente le donne in età riproduttiva e che può essere causa di infertilità di coppia (Macer ML & Taylor HS. 2012; ASRM 2006).
Le conoscenze attuali sulla patologia attuali indicano che fattori genetici, ambientali, immunologici e infiammatori svolgono tutti un ruolo nella sua patogenesi (Macer ML & Taylor HS. 2012).
È stato dimostrato che queste pazienti presentano livelli elevati di citochine infiammatorie, come IL-17, IL-6 e TNF-α, che si possono trovare anche nel liquido peritoneale (Dull AM et al. 2019; Lessey BA & Kim JJ. 2017).

Il fattore nucleare-kB (NF-kB ) sembra essere il responsabile dell’attivazione del processo infiammatorio che porta alla sovraespressione della p450 aromatasi nell’endometrio.
Con conseguente produzione locale di estrogeni e alterata ricettività endometriale (Dull AM et al. 2019; Lessey BA & Kim JJ. 2017).
Esercitando un impatto dannoso sulla fisiologia ovarica a causa dell’ambiente intrafollicolare locale con una maggiore generazione di specie reattive dell’ossigeno intracellulare che influenza negativamente la competenza degli ovociti (Sanchez AM et al. 2017).

Adenomiosi
L’adenomiosi, nota anche come “endometriosi interna” è una condizione ginecologica caratterizzata da tessuto endometriale ectopico all’interno del miometrio uterino, caratterizzato da un microambiente infiammatorio che condivide eventi molecolari chiave comuni con l’endometriosi, che stimola la proliferazione dell’endometrio basale nella parete uterina, formando lesioni adenomiotiche. (Leyendecker G et al. 2009).
Nell’adenomiosi, l’infiammazione cronica intramurale aumenta la produzione locale di estrogeni e l’eccesso di estrogeni induce la sovraespressione di ERβ, che insieme a ERα, stimola l’angiogenesi locale e la proliferazione endometriale.
Le citochine pro-infiammatorie (IL-6, IL-1β, IFN-α, TNF-α, IFN-γ) nonché i mediatori antinfiammatori o regolatori (IL-10, TGF-β) sono risultati elevati in nell’endometrio ectopico e/o nell’endometrio ectopico del miometrio nelle donne con adenomiosi a conferma delle alterazioni immunologiche associate all’adenomiosi (Bourdon M. et al. 2021).

Endometrite
L’endometrite è una malattia infiammatoria (nel 90% dei casi) e infettiva (nel 10% dei casi) dell’endometrio. Si distingue in: Endometrite acuta: caratterizzata da formazione di micro- ascessi e invasione di neutrofili ma non in grado di ridurre la fertilità (Haggerty CL et al. 2003).
Endometrite cronica: in molti casi silenziosa e riconosciuta come un’insolita infiltrazione di plasmociti nelle aree stromali dell’endometrio (Kitaya K et al. 2018).
Analogamente ad altre malattie infiammatorie croniche, i livelli di IL-1 β e di TNF-α sono elevati anche nella cavità uterina di CE (Tortorella C. et al. 2014) mentre i valori della conta leucocitaria del sangue periferico e la proteina C-reattiva rimangono entro i limiti normali, confermando un’infiammazione cronica locale di basso grado piuttosto che un’infiammazione sistemica (Kitaya K et al. 2018). L’endometrite cronica può essere una causa di infertilità.

Bibliografia scientifica: Libro salute della Donna Metagenics
