La dieta mediterranea?

La resistenza all'insulina è molto comune al giorno d’oggi, e molte persone, purtroppo, ignorano di esserne affette, fintanto che non sviluppano i sintomi del diabete

La salute è conoscenza di Sé

Una pubblicazione del 2018 riporta che, il consumo di alimenti con indice e carico glicemico elevati, ha aumentato l’infiammazione in un gruppo di 110 studenti universitari[234]. Nelle conclusioni, i ricercatori sottolineano in modo elegante la necessità di superare le consuete indicazioni nutrizionali.

Gli alimenti alla base della dieta mediterranea causano una forte variabilità glicemica. Non solo cereali e patate, ma anche i legumi sono sotto accusa, perché nonostante un basso IG, quando abbinati a un cereale, incrementano di molto il picco glicemico[235].

In definitiva, se la salubrità della dieta mediterranea fosse valutata sulla base di test di laboratorio e dati clinici provenienti da studi come quelli appena descritti, con molta probabilità, le linee guida nutrizionali avrebbero già più che dimezzato le quantità consigliate di glucidi.

La medicina ufficiale continua a considerare validi alcuni studi che fotografano una realtà contadina ormai perduta e imparagonabile al resto del mondo, tantomeno allo stile di vita odierno.

Uno degli studi che portò alla ribalta la dieta mediterranea fu il Seven Countries Study di Ancel Keys, iniziato nel 1956 e pubblicato per la prima volta nel 1978[236]. Inizialmente, si notò una marcata riduzione degli eventi clinici aterosclerotici nelle popolazioni con un modello alimentare mediterraneo.

Ma le analisi successive hanno invece confermato la tendenza a sviluppare sindrome metabolica, obesità, cancro, malattie neurodegenerative, diabete tipo 2[237],[238]. La resistenza all’insulina è molto comune al giorno d’oggi, e molte persone, purtroppo, ignorano di esserne affette, fintanto che non sviluppano i sintomi del diabete[239].

Fattori di rischio

Questo disturbo è particolarmente insidioso, perché tra i suoi effetti latenti, si riscontra altresì una ridotta sintesi di ossido nitrico, essenziale per una corretta vasodilatazione[240], predisponendo l’organismo all’ipertensione e all’invecchiamento precoce.

L’eccesso di carboidrati non è l’unico fattore di rischio, come si potrebbe pensare, in grado di condurre a insulino – resistenza. Altri aspetti, in assenza di un’alimentazione iper – glucidica, contribuiscono al quadro clinico, tra cui i farmaci antinfiammatori e le statine ad esempio.

Ma anche dei fattori che spesso si ritiene trascurabili, nonostante le schiaccianti prove scientifiche: le carenze nutrizionali di vitamine e minerali[241], un’eccessiva assunzione di fruttosio[242] e di grassi vegetali da semi che apportano soprattutto Omega  6 pro-infiammatori[243].

Tolleranza al glucosio

Si può diagnosticare con un anticipo che va dai 3 ai 7 anni: molto prima che si instauri la patologia[244]. Questo disturbo contribuisce alla maggior parte delle malattie croniche, ma spesso manca la diagnosi, perché ci si limita a misurare la glicemia.

Un test di tolleranza al glucosio aiuta a rilevare i livelli di insulina elevati. Si raccomanda a tutti, adulti e bambini, di fare questo test, in particolare se: nella storia familiare ci sono casi di persone diabetiche, è presente un leggero sovrappeso e grasso addominale, il colesterolo HDL è basso.

Anche questo test consente di monitorare con largo anticipo una tendenza a sviluppare resistenza insulinica e sindrome metabolica. Dopo un primo test della glicemia, si assume una bevanda zuccherata con 75 g di glucosio e si testa di nuovo dopo due ore.

Se il livello di zucchero nel sangue è inferiore a 140 mg / dL, è considerato normale.

Tra 140 mg/dL e 199 mg/dL è considerato prediabete. Oltre è considerato diabete.

Durante la curva da carico di glucosio (75 g) i valori normali dell’insulina sono: basale 5-25 micr. UI/ml (micro-unità per millilitro di sangue)

dopo 30 min. 41 – 125 micr. UI / ml dopo 60 min. 20 – 120 micr. UI / ml

dopo 90 min. 20 – 90 micr. UI / ml dopo 120 min. 18 – 56 micr. UI / ml

Il calcolo dell’indice HOMA (Homeostatic Model Assessement) consente di valutare le concentrazioni di glucosio e insulina a digiuno, in base alla seguente formula: (glicemia x insulinemia) / 22.5 Valori superiori a 5,5 indicano la presenza di insulino-resistenza, mentre valori inferiori a 2,2 sono ritenuti nella norma. Si raccomanda di effettuare anche la misurazione della curva insulinica.

Quando l’insulina può superare i valori normali

Acromegalia. Alcolismo. Cirrosi epatica. Diabete insulino-dipend. tipo 2. Distrofia miotonica. Epatiti croniche. Contraccettivi, cortisone, diuretici.

Glucagonoma Gravidanza. Insulinoma. Ipercorticosurrenalismo. Ipertiroidismo. Intolleranze a fruttosio e galattosio. Obesità Pancreatite. Sindrome di Cushing.

Correggere l’Alimentazione

Gestire l’Insulina elevata ai primi segnali

Escludendo patologie e farmaci correlati, alcuni accorgimenti possono aiutare a ridurre uno stato iniziale di iperinsulinemia.

Ogni alimento costituisce un’informazione che controlla l’espressione genica, gli ormoni e il metabolismo. E’ importante scegliere cibi a basso impatto glicemico.

Non sono assolutamente di aiuto: patate, legumi, cereali, latte, formaggi freschi, Glutammato Monosodico – il sale di sodio dell’Acido L-Glutammico (GA) – utilizzato per esaltare il gusto dei cibi. Vanno assolutamente banditi i grassi idrogenati così come quelli provenienti da olii vegetali da semi.

Controllare l’infiammazione

Una strategia scientificamente provata per gestire il picco glicemico e insulinemico è l’inversione dei macronutrienti. Aumentare gli alimenti ricchi di fibre: non solo verdure, ma anche semi di lino, psillio, chitosano, pectine, gomma di guar.

Eliminare tutti i dolcificanti. È accertato che i dolcificanti possono aumentare i livelli di insulina e contribuire alla resistenza all’insulina. Il sucralosio, ad esempio, aumenta sia i livelli di glucosio che di insulina[245]. Inizialmente, può essere utile rinunciare a qualsiasi dolcificante: resettando le papille gustative si è portati ad apprezzare la dolcezza naturale degli alimenti.

Gli zuccheri alimentari e gli oli vegetali raffinati sono i maggiori responsabili dell’infiammazione: aumentano i livelli di insulina, accendono i geni dell’infiammazione e delle malattie croniche. Assumere a ogni pasto dei semi di lino appena macinati oppure grassi Omega-3 sottoforma di integratore aiuta a ridurre l’infiammazione e  trigliceridi[246].

Dormire bene

Uno studio del The Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, condotto con individui sani, suggerisce che è sufficiente dormire male una notte per aumentare la resistenza all’insulina[247]. È altresì importante uno stile di vita regolare, in relazione ai ritmi circadiani, come si leggerà nel capitolo dedicato a questo argomento.

Sostenere la metilazione e il metabolismo cellulare

Molte sostanze nutritive svolgono un ruolo nella gestione dell’insulina, tra cui: le vitamine C, D, E, il cromo, il magnesio, le vitamine del gruppo B, la colina e altri nutrienti. Le carenze di qualsiasi nutriente modificano in peggio i processi biochimici della metilazione, disturbano l’equilibrio glicemico, aumentano la resistenza all’insulina[248].

È facile, quindi, intuire il peggioramento delle condizioni di salute di coloro a cui è già stata diagnosticata la sindrome metabolica o il diabete tipo 2:

Individui con un metabolismo assetato di micronutrienti, che spesso ricevono indicazioni per la sola somministrazione di metformina o di insulina!

Esercizio fisico

L’allenamento con esercizi che alternano fasi ad alta e bassa intensità, contribuisce a diminuire l’insulina a digiuno e a ridurre la resistenza all’insulina[249].

Claudia Piemonti
Claudia Piemonti
Pesaro (PU)
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