La Depressione è una Malattia Intestinale? 

“Patologie come Parkinson, Alzheimer, cefalee, depressione, epilessia, che riducono notevolmente la qualità della vita – racconta il neurochimico -

Difficile da credere, eppure le evidenze ci sono e sono tante.

Ansia, depressione, stanchezza, cefalea, incapacità a concentrarsi come addirittura patologie ben più gravi e importanti quali epilessia, Parkinson, Alzheimer ed in generale molte neuropatologie e malattie autoimmuni, sclerosi multipla compresa, possono avere tutte un elemento in comune: l’intestino.

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A dirlo è uno tra i più importanti ricercatori in Italia su questo tema il dr. Paolo Mainardi, pubblicata a breve nel libro sulla “Prevenzione Primaria” a cura dell’associazione ANPPN.

Neurochimico di fama, impiegato presso il Centro Epilessia dell’Università di Genova, Mainardi è il primo ricercatore al mondo ad aver identificato ed isolato una siero proteina, l’alfa-lattoalbumina, capace di ottenere significativi risultati in diverse patologie neurologiche.

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Risultati che oggi hanno permesso a questa proteina di entrare nei programmi di screening nuovi farmaci dell’NIH (USA) e di accendere un elevato interesse nel mondo scientifico.

“Patologie come Parkinson, Alzheimer, cefalee, depressione, epilessia, che riducono notevolmente la qualità della vita – racconta il neurochimico – hanno in comune una causa intestinale, così come diverse patologie autoimmuni, alimentate sovente da un’alimentazione ricca di zucchero, amidi, carboidrati insulinici, in un microbiota già disbiostico e permeabile. 

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Lo studio dell’asse intestino – cervello consente un nuovo approccio terapeutico mirato a curare il primo per migliorare la funzionalità del secondo e do altri organi ad esso collegati.”

Com’è possibile tutto questo?

Qual è il ruolo dell’intestino nella malattia neurologica come ad esempio la depressione o l’epilessia?

“È sorprendente come l’intestino fosse considerato l’organo responsabile di molte patologie neurologiche sin dai tempi della Bibbia, quando anche le crisi epilettiche venivano curate con il digiuno, da cui poi ebbe origine la dieta chetogenica, ricca di grassi e povera di carboidrati,

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ampiamente usata nell’epilessia fino agli anni ’30 e mai scomparsa: ancora nel 2008 Elen Cross riporta uno studio clinico che dimostra la superiorità della dieta chetogenica rispetto ai farmaci e la LICE ha recentemente costituito un gruppo di studio nazionale sulle diete nell’epilessia di cui faccio parte anch’io.

Del resto una dipendenza “nutrizionale” del cervello dall’intestino è facilmente dimostrabile: alcuni importanti neurotrasmettitori, vale a dire quelle molecole che sono indispensabili al cervello per il suo funzionamento, sono sintetizzati a partire da amminoacidi essenziali derivabili, come noto, esclusivamente dalla dieta..

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Da qui si capisce come la capacità dell’intestino di assorbirli da ciò che si mangia è fondamentale per il corretto funzionamento cerebrale.

Un’alterazione della flora intestinale, la cosiddetta disbiosi intestinale, li distrugge prima dell’assorbimento riducendo così la possibilità di essere captati nel cervello e quindi di essere trasformarti in neurotrasmettitori.

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Ecco dunque che un malfunzionamento intestinale può tranquillamente modulare stati ansiogeni, depressivi, di irritabilità e dolorosità. Il mantenere il cervello in condizioni di scarse capacità riparative fa si che emergano sintomi diversi a seconda delle diverse vulnerabilità individuali.

Dato che l’architettura cerebrale si trasmette geneticamente avremo una predisposizione genetica alle patologie, ad esempio genitori cefalgici avranno figli cefalgici, così i depressi o gli epilettici, ma questo solo se mettiamo in condizioni critiche il cervello.

Se manteniamo elevata la capacità autoriparativa del cervello non avremo sintomi nonostante la predisposizione genetica. ”

Dott. Poalo Paolo Mainardi

Simonetta Colli
Simonetta Colli
Fano
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