Tumore allo stomaco e disbiosi intestinale
La disbiosi intestinale ha fra i suoi tanti effetti una scarsa produzione di succhi gastrici. Ciò succede perché il lievito Candida ed altri microbi patogeni producono delle tossine che causano una riduzione della la secrezione dei succhi gastrici, la cosiddetta ipocloridria.
Siccome lo stomaco ha bisogno di un ambiente molto acido per digerire le proteine questa condizione patologica ha tutta una serie di conseguenze dannose, non ultima quella di contribuire in molti soggetti all’imperfetta digestione di glutine e caseina, che può portare anche alla produzione caseomorfine e gluteomorfine.
La bassa acidità gastrica rende difficile tutto il processo di digestione perché impedisce la secrezione di due ormoni, la secretina e la colecistochinina, che servono a regolare l’attività di fegato, pancreas e cistifellea sincronizzandola correttamente.
La cattiva digestione di molte sostanze alimentari, dovuta all’ipocloridria come alla carenza di batteri benefici nell’intestino, può innescare dei fenomeni di allergia e intolleranza, anche perché la disbiosi (e la concorrente parassitosi) generalmente si accompagna ad un condizione di porosità dell’intestino, che permette a questi frammenti non completamente digeriti di essere assorbiti nel sangue.
A questo punto il sistema immunitario (che ha moltissime delle sue cellule nel sangue), già squilibrato dalle tossine dei microbi patogeni presenti nell’intestino, si deve confrontare con la presenza nel circolo sanguigno di sostanze che sono completamene estranee a quell’ambiente.
La condizione di ipocloridria, ovvero la bassa acidità dei succhi gastrici sguarnisce una delle nostre prime linee di difesa, per l’appunto l’alta acidità dello stomaco, che in condizioni normali stronca ogni invasione microbica;
la condizione di bassa acidità permette invece che nello stesso stomaco proliferino microbi patogeni come il lievito Candida e l’Helicobacter pylori (notoriamente correlato a ulcere gastriche, gastriti, tumore allo stomaco ).
L’Helicobacter pylori è stato classificato come “carcinogeno di gruppo I per l’insorgenza del cancro allo stomaco”
Che tali sgradite presenze siano sostanzialmente un effetto, un sintomo dello squilibrio della microflora, lo mostra l’articolo The role of probiotics in the treatment and prevention of Helicobacter pylori infection (“Il ruolo dei probiotici nel trattamento e nella prevenzione dell’infezione da Helicobacter Pylori”) ,
una rassegna dei precedenti studi sulla questione che mostra come certe volte i probiotici da soli possano eradicare tale infezione, e che la loro assunzione apporta sempre dei benefici aggiuntivi a qualsiasi altra terapia in uso.
Ben sapendo che i probiotici da soli poco possono fare per correggere una disbiosi (specie se piuttosto marcata) se non si agisce anche per affamare o uccidere i patogeni (per esempio con la dieta paleolitica) il fatto che in certi casi i probiotici da soli sconfiggano l’H. Pylori è un risultato di notevole importanza.
Per chi avesse ancora dei dubbi l’articolo The gastrointestinal microbiome – functional interference between stomach and intestine (“Il micro bioma gastrointestinale – interferenza funzionale tra lo stomaco e l’intestino”) esprime il concetto che la perdita dell’equilibrio del microbioma gastrico causa l’infezione da H. Pylori, la quale a sua volta ha delle ripercussioni sull’ecosistema microbico dello stomaco che si estendono poi anche al microbioma intestinale.
Da notare che in uno stomaco col giusto grado di acidità vengono digerite solo le proteine, ma quando l’acidità è insufficiente nello stomaco i carboidrati fermentano, e la conseguente produzione di gas causa rutti e rigurgiti.
Anche il famoso reflusso gastro-esofageo può essere causato dalla disbiosi con conseguente ipocloridria e proliferazione di microbi patogeni nello stomaco.
Alcuni patogeni infatti possono proliferare intorno al muscolo sfinterico che separa lo stomaco dall’esofago, emettendo tossine che paralizzano parzialmente tale muscolo.
La sensazione di sentirsi risalire del cibo acido non è certa piacevole, ma se a questo punto si interviene con degli antiacidi si finisce, almeno sul lungo termine, ad acutizzare il problema. Vedi a riprova di quanto suddetto l’articolo scientifico Bacterial biota in reflux esophagitis and Barrett’s esophagus (“Biota batterico nel reflusso esofageo e nell’esofago di Barrett”) .
L’ipocloridria può essere una causa importante anche di un disturbo noto come “proliferazione batterica del piccolo intestino (Small Intestinal Bacterial Overgrowth, ovvero in sigla SIBO);
in genere infatti, quando nello stomaco i succhi gastrici raggiungono il corretto grado di acidità, nella seguente porzione dell’intestino si crea un ambiente sfavorevole alla colonizzazione batterica, ma in caso di ipocloridria possono traslocare nel piccolo intestino (detto anche intestino tenue, e formato da duodeno, digiuno e ileo)
alcune forme batteriche che di norma non si trovano in quel sito (e che lo più provengono dal colon), causando una particolare forma di disbiosi associata tra l’altro a gonfiori addominali (altri sintomi sono eruttazioni, dolori addominali, diarrea, costipazione, reflusso gastrico, acne rosacea, artrite e persino anemia ).
È notevole segnalare che sia la dottoressa Campbell-McBride sia il dottor Gerson (all’interno del protocollo da lui ideato per la cura del cancro e di altre malattie croniche), propongono in certi casi di ipocloridria, l’integrazione di succhi gastrici sotto forma di Betaine HCl con aggiunta di pepsina.
Ma se volete un rimedio casalingo all’ipocloridria c’è il cavolo (da assumere all’inizio dei pasti): succo di cavolo, cavolo crudo, cavolo fermentato (crauti), succo dei crauti.
Anche un po’ di aceto di mele mescolato con l’acqua o del limone spremuto in un bicchiere d’acqua (se ben tollerati), possono essere utili specie se bevuti la mattina al risveglio.
Se la condizione di ipocloridria è causata dalla disbiosi intestinale una dieta paleolitica (senza amidi ne carboidrati specifici) può aiutare a ristabilire una flora intestinale equilibrata e risolvere il problema alla radice.
Se invece volete perdervi nella spirale senza fondo dei farmaci potete prendere degli antiacidi (magari a base di idrossido di alluminio, e quindi neurotossici), che fanno sì che il reflusso sia meno fastidioso, ma non risolvono il problema alla base, anzi riducono ulteriormente la bassa acidità gastrica che generalmente ne è la causa,
oppure degli inibitori di pompa protonica i quali si è scoperto ormai, con prove sostanziali, che inducono lo stesso sintomo che dovrebbero fare scomparire, come afferma l’editoriale di Gastroenterology intitolato per l’appunto Evidence That Proton-Pump Inhibitor Therapy Induces the Symptoms it Is Used to Treat .