Gli psicobiotici sono il futuro

Alterazioni nel microbiota umano possano essere responsabili anche di casi di depressione, ansia, sindrome da fatica cronica, ed altre patologie

Relazione tra sintomo e causa

Nel gennaio del 2013, Thomas Insel, faceva il punto della situazione in un post sul blog del suo istituto: appurare in che modo le differenze nel nostro mondo microbico influiscano sullo sviluppo del nostro cervello e del nostro comportamento sarà una delle grandi frontiere della neuroscienza clinica nel prossimo decennio.

All’orizzonte degli studi sulle relazioni tra microbiota intestinale e biochimica cerebrale si profila un nuovo campo di ricerca e applicazione medica: la futura messa a punto dei cosiddetti «psicobiotici».

Il termine «psicobiotico» è stato coniato dal dottor Ted Dinan e dai suoi colleghi e definito, senza possibile ambiguità, sulle pagine della rivista della Society of Biological Psychiatry: «Un organismo vivente che, se ingerito in quantità adeguate, produce un beneficio sulla salute di pazienti affetti da malattie psichiatriche».

Da tempo la scienza ha stabilito che dietro vari disturbi psichiatrici possono nascondersi determinate infezioni causate da microrganismi. La sifilide, per esempio, è causata da Treponema pallidum, un batterio che, come è noto, può provocare demenza.

Attualmente, però, una compagine sempre crescente di scienziati è persuasa che alcune alterazioni nel microbiota umano possano essere responsabili anche di casi di depressione, ansia, sindrome da fatica cronica, ed altre patologie.

In linea con questo programma di ricerca, la squadra di ricercatori diretta da Dinan ha pian piano dimostrato indubbie relazioni fra microbiota intestinale e problemi psico – emotivi, per lo meno in ratti e topi.

Per esempio, ha constatato che se questi animali, da giovani, non possiedono microbi intestinali, il loro sistema serotoninergico non si sviluppa correttamente, il che può avere conseguenze gravi.

Dal momento che in tale sistema i neuroni utilizzano serotonina, un neurotrasmettitore legato a fattori emotivi associati, per esempio, alla depressione.

Hanno inoltre osservato che somministrando alle cavie il batterio Bifidobacterium infanti, il loro sistema serotoninergico si sviluppava in assoluta normalità, e che introducendo nella loro dieta Lactobacillus rhamnosus, l’ansia si riduceva in maniera estremamente significativa.

Nel tentativo di spiegare il perché di queste modificazioni positive, i ricercatori hanno constatato che entrambi i probiotici secernono grandi quantità di acido gamma-amminobutirrico, un amminoacido che agisce sul cervello come uno dei principali neurotrasmettitori inibitori.

Oggi sono convinti che la possibilità di sviluppare psicobiotici dipenda solo da una corretta identificazione dei composti chimici rilasciati da batteri come Candida, Escherischia o gli streptococchi, che producono serotonina.

In conclusione, è importante sottolineare che la relazione tra microbiota intestinale e situazione emotiva è una strada a doppio senso. Attualmente si è appurato, per esempio, che stress cronico e altre emozioni negative come l’ansia, la tristezza e la collera, possono scatenare sintomi e alterazioni nell’ecosistema intestinale.

Detto con le parole degli scienziati dell’Università di Harvard: La psicologia, combinandosi con i fattori corporei, causa dolori e altri sintomi intestinali. I fattori psicosociali influiscono sia sulla fisiologia dell’intestino, sia sui sintomi.

In altre parole, lo stress (ma anche la depressione o altri fattori psicologici) può influire su moti e contrazioni delle vie del tratto gastrointestinale, provocando infiammazione o aumentando l’esposizione alle infezioni.

In sintesi, la scienza medica sta prendendo sempre più coscienza che le perturbazioni nelle linee di trasmissione fra cervello e sistema immunitario dell’ecosistema intestinale possono essere dei fattori scatenanti di problemi

Quali schizofrenia, disturbo ossessivo – compulsivo, autismo, un’ampia gamma di disturbi emotivi, disturbo da deficit di attenzione, anoressia nervosa, narcolessia o sindrome da fatica cronica.

Ristabilire una corretta comunicazione fra intestino e cervello è un traguardo che può essere a portata di mano a medio termine.

Una volta raggiunto, disporremo di un intero arsenale di terapie, rimedi e farmaci in grado di risolvere un gran numero di disturbi e sofferenze che, al giorno d’oggi, vengono curati con trattamenti invasivi e insufficienti.

Bibliografia: Intestino secondo cervello Le rivoluzionarie scoperte scientifiche sulla microflora intestinale

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