biofilm e disbiosi
Asse intestino cervello nell’epilessia
Dai tempi antichi fino agli anni ’30 l’epilessia è stata curata con la dieta (vedi dieta ed epilessia).
Fino al 1866 con il digiuno, poi con la dieta chetogena proposta da Radcliffe in quanto capace anch’essa di produrre corpi chetogeni, ritenuti i responsabili dell’azione anticonvulsiva del digiuno.
Nel 1998 ritorna l’interesse per la dieta chetogena in seguito ad un film (first do no harm) girato da un regista il cui figlio farmacoresistente ottiene il controllo delle crisi grazie a questa dieta.
Nel 2008 Helen Cross pubblica uno studio su 103 bambini sul confronto tra la dieta chetogena e la terapia farmacologica, con arruolamento casuale, che riporta una maggiore efficacia della dieta rispetto alla terapia.
Oggi sappiamo che non sono i corpi chetogeni, recenti lavori mettono in evidenza il ruolo dell’infiammazione nei meccanismi patogenetici delle crisi.
Recenti lavori mettono in luce il ruolo dell’infiammazione nei meccanismi patogenetici delle crisi (1,2), ma oggi sappiamo come una infiammazione periferica, ad esempio intestinale, possa produrre una infiammazione cerebrale (3), attraverso le citochine (4).
Questi dati mettono in evidenza come sia utile diminuire l’infiammazione intestinale per aumentare la soglia convulsiva e spiegano i dati riportati da Dephour che produrre una
infiammazione intestinale abbassi la soglia convulsiva (vedi evidenze).
Infiammazione, disbiosi e permeabilità intestinale sono tra loro correlate (vedi intestino).
La disbiosi può avere un ruolo importante nell’epilessia, in quanto una flora disbiotica decarbossila eccessivamente gli ammino acidi proteici (Vedi disbiosi) in questo modo riduce il livello ematico di triptofano, che viene decarbossilato in indolo e scatolo (vedi di dsbiosi trp),
riducendo la sintesi cerebrale di serotonina, neurotrasmettitore recentemente riportato coinvolto anche nell’epilessia oltre che nella depressione, ma riducendo anche la sintesi cerebrale del neuropeptide NPY, definito un anticonvulsivo endogeno (NPY epilessia).
Agire sull’intestino riducendo l’infiammazione e la disbiosi può essere fondamentale per controllare le crisi epilettiche. Sicuramente il digiuno, come la dieta chetogena o ricca di MCT, svolgono azioni prebiotiche intestinali, riducendo l’infiammazione e la disbiosi.
Nell’epilessia vengono proposte diete a privazione di glutine, che portano spesso ad un miglioramento del controllo delle crisi.
La gliadina produce infiammazioni intestinali a tutti non solo ai celiaci, e una maggiore incidenza di celiachia è riportata nella popolazione epilettica (vedi celiachia ed epilessia).
La storia della farmacologia della epilessia (vedi storia dei AEDs) ci mostra la casualità della scoperta dell’efficacia di molti farmaci, anche recenti.
Questo dimostra la scarsa conoscenza sui meccanismi di base patogenetici delle crisi, confermato dal fatto che l’incidenza della farmacoresistenza non è cambiata nonostante il numero di nuovi farmaci immessi nel mercato.
Oggi crediamo ad un ruolo cerebrale dei farmaci anticomiziali, ma questi meccanismi sono verificati su neuroni isolati o fettine di cervello.
Non sono facilmente reperibili i dati sulla distribuzione tissutale che mostrino quanto della dose assunta oralmente arrivi al cervello.
Eppure questi dati sono obbligatori nella fase di registrazione di un farmaco.
L’azione di questi farmaci a livello intestinale non deve essere trascurata, questa azione è dimostrata dalla capacità di modificare l’estrazione energetica dal cibo, azione che oggi sappiamo dovuta ai toll like receptors (TLR), recettori che controllano la flora intestinale.
Il farmaco che in assoluto è stato maggiormente scoperto casualmente è l’acido valproico (vedi storia dei AEDs), esso deriva dall’acido valerico, che è contenuto nella valeriana, utilizzata un tempo per controllare le crisi convulsivi. La valeriana è un anti-infiammatorio intestinale.